Diniego rimborso spese sanitarie sostenute da un privato presso una struttura privata per migliorare le proprie condizioni di integrità psico-fisica: decide il giudice ordinario (Cons. Stato n. 1285/2013)

Redazione 04/03/13
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FATTO e DIRITTO1. Con la sentenza appellata, il TAR del Lazio (I-bis, n. 10728/2000) ha disposto, previo annullamento della nota assessorile di diniego prot. n. 1429 in data 13 marzo 1995, l’accertamento del diritto della ricorrente ad ottenere il rimborso delle spese a suo tempo sostenute per l’applicazione, presso una struttura privata non convenzionata con il SSN, di una endoprotesi all’anca.2. Il TAR ha ritenuto che :- la controversia, concernente il diritto alla salute (rimborso di cure urgenti) al momento del ricorso (1995) rientrasse nella giurisdizione dell’AGO, ma fosse poi stata attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’articolo 7, comma 1, della legge 205/2000, e per il principio di economicità dei giudizi dovesse proseguire presso il giudice attualmente dotato di giurisdizione;- nel merito, il regime di sospensione delle prestazioni di assistenza indiretta (ex d.G.R. Lazio n. 8428/1992 e n. 2657/1993, di sospensione/eliminazione dell’applicazione della d.G.R. n. 726/1980 nella parte riguardante l’assistenza ospedaliera indiretta, sulla base della normativa di contenimento della spesa sanitaria) non poteva riguardare le cure urgenti, e coloro che versino in imminente pericolo di vita, ai quali occorre garantire l’effettiva tutela della salute ex art. 32 Cost. (nel caso in questione la sussistenza dei presupposti della necessità ed indifferibilità dell’intervento sanitario non erano stati contestati).2. Con l’appello, la Regione Lazio ribadisce la spettanza al giudice ordinario della giurisdizione.Nel merito, ripropone la tesi secondo la quale il diniego di rimborso era dovuto in base ad insopprimibili esigenze di contenimento della spesa pubblica, e legittimamente (in attuazione degli articoli 1, del d.l. 333/1992, conv. in legge 359/1992, 4 della legge 412/1991, e 3 della legge 595/1985) era stato disposto non un semplice dilazionamento della spesa sanitaria, bensì una drastica ed effettiva riduzione della stessa.3. Il Collegio, al fine di qualificare la controversia, sottolinea che l’appellata aveva chiesto il rimborso delle spese sanitarie in data 14 novembre 1992, vale a dire il giorno prima di ricoverarsi, ottenendo un diniego dalla ASL n. 10 con nota prot. 6325 in data 24 novembre 1992, e che aveva completato la degenza postoperatoria in data 1 dicembre 1992 – tutto ciò, quindi, allorché era vigente il regime di “sospensione” delle prestazioni di assistenza ospedaliera indiretta disposto dalla d.G.R. n. 8428/1992.Il ricorso al TAR faceva seguito ad un’ulteriore istanza in data 2 novembre 1994 e ad una diffida in data 21 dicembre 1994, che era stata definitivamente riscontrata in senso negativo con la nota assessorile prot. 1429 in data 13 marzo 1995.La sentenza appellata ha accolto il ricorso riconoscendo sostanzialmente l’incomprimibilità del diritto alla salute della ricorrente; la d.G.R. n. 8428/1992, pur ricompresa nell’impugnazione “se ed in quanto occorra”, non era stata fatta oggetto di specifiche censure, né il TAR ha svolto nella sentenza rilievi di legittimità in ordine al regime di “sospensione” vigente al momento della richiesta di rimborso e dell’intervento cui si riferiva.Ciò stante, deve ritenersi che la pretesa azionata abbia ad oggetto la tutela del diritto alla salute, a prescindere dall’esercizio dei poteri di organizzazione (ad effetto limitativo) spettanti al riguardo all’Amministrazione sanitaria.Il Collegio non può non tener conto dell’orientamento consolidato della Corte regolatrice (cfr. Cass. SS.UU., 27 febbraio 2012, n. 2923; 6 febbraio 2009, n. 2867; 26 maggio 2004, n. 10180; 3 marzo 2003, n. 3145) secondo il quale la controversia promossa da un privato nei confronti di una Asl per ottenere il rimborso delle spese terapeutiche sostenute presso una struttura privata, senza la preventiva autorizzazione, per prestazioni sanitarie di alta specialità che offrano anche solo l’opportunità di migliorare le proprie condizioni di integrità psico-fisica e, quindi, di vita, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto ha ad oggetto la tutela di un diritto primario e fondamentale della persona ossia il diritto alla salute per sua natura incomprimibile e non suscettibile di affievolimento.4. Ne discende il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, rientrando la controversia nella giurisdizione dell’AGO.5. Stante il tempo trascorso, sembra equo disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M.Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.Spese del doppio grado di giudizio compensate.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012

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