Diniego permesso di costruire: risarcimento dei danni (Cons. Stato n. 5204/2012)

Redazione 05/10/12
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FATTO

Con il ricorso di primo grado la parte odierna appellante aveva impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento comunale 16.11.2011 n. 12462 di diniego permesso di costruire e della comunicazione dei motivi ostativi 13.6.2011 n. 6142, ed aveva altresì chiesto il risarcimento del danno subito deducendo i vizi di violazione di legge ed il vizio di eccesso di potere sotto vari profili.

Il primo giudice, all’adunanza camerale fissata per la delibazione dell’incidente cautelare ha definito la causa nel merito, ed ha respinto il ricorso.

Ha in proposito richiamato la disposizione contenuta nell’art. 6.6 delle N.T.A. e fatto presente che l’intervento proposto era compreso in un ambito destinato a fascia di rispetto stradale, con riguardo alla strada n. 249 “Gardesana Orientale”.

Le caratteristiche della suddetta strada consentivano di ricondurla alla tipologia E, così come definita dal Codice della Strada( art. 2).

L’art. 28 del regolamento, con riferimento all’art. 18 del Codice in materia di fasce di rispetto, per le strade di tipo E ed F non indicava distanze minime dal confine stradale ai fini della sicurezza della circolazione (comma 2) e solo in assenza di previsioni contenute negli strumenti urbanistici dette distanze oscillavano fra i 10 mt.(F) ed i 20 mt.(E).

Considerato quindi che nella specie esisteva una disciplina specificamente dettata dallo strumento urbanistico comunale, così come ricavabile dalla retinatura contemplata nelle n.t.a., la quale imponeva una fascia di rispetto con riferimento alla strada n. 249, che l’opera ricadeva entro tale ambito e che

il riferimento, contenuto nella motivazione del diniego impugnato, alla strada di previsione era argomentazione ultronea rispetto a quella principale, basata sull’osservanza della fasce di rispetto ha respinto il ricorso, evidenziando peraltro che, trattandosi di opera da realizzare in ambito soggetto a vincolo, non poteva trovare applicazione la procedura della SCIA.

L’ odierno appellante ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendone la riforma previa sospensione della esecutività, in quanto errata.

Ha in proposito premesso che l’intervento ipotizzato riguardava non già una costruzione fuori terra, ma una piccola piscinetta utile all’esercizio dell’attività turistica extra alberghiera per la quale egli aveva ottenuto le debite autorizzazioni, rimarcando che la erezione di una piscina non necessitava di alcun titolo edilizio abilitativo ai sensi dell’art. 6 comma 2 del dPR n. 380/2001.

Il primo giudice, violando il precetto di cui all’art.112 del codice di procedura civile aveva respinto il ricorso pospettando motivazioni diverse da quelle sottese al gravato diniego da parte dell’amministrazione comunale, in quanto giammai quest’ultima aveva sostenuto che la reiezione fosse ascrivibile “alla retinatura contemplata nelle n.t.a., la quale imponeva una fascia di rispetto con riferimento alla strada n. 249”.

Il comune aveva invece fatto unicamente riferimento ad una “strada di previsione per collegamento tra due strade comunali” che, invece, altro non era che il vialetto (privato) di casa B..

La sentenza si era anche sostituita all’amministrazione comunale allorchè aveva qualificato la strada n. 249 “Gardesana Orientale riconducendola alla tipologia E dell’art. 2 del codice della strada, mentre invece il Comune aveva sostenuto (nella propria memoria di resistenza) che rientrava sub categoria D dell’art. 2 del codice della strada.

Neppure, quindi, il provvedimento reiettivo avrebbe potuto essere “salvato” applicando l’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990 n. 241.

Sotto altro profilo, le affermazioni contenute in sentenza erano comunque errate perché, al più la detta strada n. 249 “Gardesana Orientale era riconducibile tipologia F dell’art. 2 del codice della strada, in quanto ad unica carreggiata con due corsie, e priva di marciapiedi laterali banchine di sosta.

Essa, in quanto posizionata nel centro urbano, non prevedeva alcuna fascia di rispetto.

La retinatura (unica per face di rispetto e coni visuali) riscontrata non si riferiva, comunque, alla fascia di rispetto della strada n. 249 (la retinatura era presente in aree del territorio comunale grandemente distanti da ogni strada).

Univoci elementi deponevano per ritenere che la stessa si riferisse ai coni visuali e non avesse imposto distanze “di rispetto” superiori ai 10 metri previsti dal codice della strada (la piscina progettata era comunque collocata a distanza superiore ai 10 metri dalla predetta strada).

L’appellante ha poi riproposto le censure prospettate in primo grado e non espressamente esaminate dal primo giudice (tra cui anche quella dell’avvenuta maturazione del silenzio-assenso per decorso del termine) ed ha chiesto l’accoglimento del ricorso di primo grado, in riforma dell’impugnata decisione riproponendo il petitum risarcitorio e provvedendo alla quantificazione del medesimo.

Con ulteriore memoria ha puntualizzato e ribadito le dette censure.

L’appellata amministrazione comunale ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione dlel’appello perché infondato.

All’adunanza camerale del 22 maggio 2012 la causa è stata posta in decisione dal Collegio, e l’istanza cautelare è stata respinta, alla stregua della considerazione per cui “seppur debba essere vagliato nella opportuna sede di merito ogni aspetto delle dedotte censure, allo stato, nel bilanciamento degli interessi, appare prevalente l’interesse prospettato dall’amministrazione appellata anche in relazione della prossima fissazione della trattazione della causa nel merito” con la ordinanza n.1944/2012.

Con la medesima ordinanza n.1944/2012, il Collegio, nelle more della udienza di merito, che si è provveduto a fissare per la udienza pubblica del 2 ottobre 2012, ha ritenuto opportuno ed indispensabile ai fini del decidere, affidare una verificazione alla Sede Compartimentale dell’Anas del Veneto, affinchè depositi una sintetica relazione che chiarisca (sussistendo contrasto tra le parti sul punto) la tipologia della strada n. 249 “Gardesana Orientale” con riguardo alla classificazione operata dall’art. 2 del “codice della strada” ed all’art. 28 del “Regolamento del codice della strada” chiarendo altresì a che distanza dalla predetta strada ci collochino i manufatti di cui al permesso di costruire respinto dall’amministrazione comunale e fornisca ogni eventuale utile ed ulteriore chiarimento sui fatti di causa”.

Stabilito che la predetta relazione avrebbe dovuto essere depositata nella Segreteria della Sezione nel termine di 40 giorni dalla notificazione o comunicazione della presente ordinanza, si è quindi fissata la trattazione del merito della causa alla udienza pubblica del 2 ottobre 2012.

L’amministrazione demandata ad eseguire la verificazione ha eseguito il detto incombente depositando una analitica relazione ed affermando che la SR 249 “Gardesana Orientale” rientrava nella tipologia “C” prevista ex art. 2 del Codice della Strada; la fascia di rispetto era pari a metri 10.

Le parti hanno ulteriormente controdedotto sulla stessa, ribadendo le proprie rispettive difese

Alla odierna udienza pubblica del 2 ottobre 2012 la causa è stata posta in decisone dal Collegio.

DIRITTO

1.Ritiene il Collegio che debba affermarsi la fondatezza dell’appello, come può evincersi dai complessivi chiarimenti ottenuti dal Collegio a seguito del deposito della verificazione in atti eseguiti dall’Anas.

2. Si rammenta in proposito che:

a) la verificazione ha chiarito, con riguardo alla strada Gardesana 249 che trattasi di strada del tipo C e che la fascia di rispetto (si rammenta sul punto:”“il vincolo di rispetto stradale ha carattere assoluto, in quanto perseguente una serie concorrente di interessi pubblici fondamentali ed inderogabili, -dal che si è tratta la conseguenza che il diniego di condono di un edificio abusivamente realizzato in violazione di detto vincolo non richiede un previo accertamento sulla effettiva pericolosità dello stesso per il traffico stradale -”- Consiglio Stato , sez. IV, 06 maggio 2010 , n. 2644-) per tali categorie di strade è pari a metri 10, non potendosi concordare con le argomentazioni di parte appellata secondo cui dovrebbe trovare applicazione il comma 2 dell’art. 26 del dPR 16 dicembre 1992 n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada) ed il relativo limite dovrebbe essere pari a mt. 30 e non già il comma 3 della citata disposizione, (trattandosi di zona ricompresa tra quelle “previste come edificabili o trasformabili dallo strumento urbanistico generale, nel caso che detto strumento sia suscettibile di attuazione diretta, ovvero se per tali zone siano già esecutivi gli strumenti urbanistici attuativi,”).

Ritiene conseguentemente il Collegio esatto affermare il predetto limite debba essere contenuto in mt. 10 (siccome esattamente descritto nella verificazione eseguita dall’Anas);

b)che risulta incontestato in atti che il modesto manufatto (piscina) che parte appellante aspira a realizzare è ubicato a distanza superiore a metri 10 della predetta strada;

c)che la verificazione eseguita appare accurata e completa e che il Collegio non ritiene accoglibile alcuno degli argomenti prospettati dall’appellata amministrazione comunale volti a sminuirne l’attendibilità sul punto specifico della classificazione della strada predetta;

d)che, per altro verso, non risultano accogli bili le ulteriori eccezioni proposte da parte appellata, ed anche quelle postulanti la inammissibilità di talune delle doglianze prospettate da parte appellante nei propri scritti difensivi, alla stregua delle considerazioni che verranno di seguito immediatamente esposte.

Invero risulta evidente che la strutturazione della critica impugnatoria (ma anche della formulazione del petitum demolitorio contenuto nel mezzo introduttivo del ricorso di primo grado) risentono di una “anomalia” contenuta negli atti sottesi al provvedimento reiettivo gravato.

Risulta infatti dagli atti di causa che il diniego avversato venne reso sulla scorta della considerazione per cui la indicazione reticolare ostativa al rilascio del titolo abilitativo contenuta nel regolamento comunale facesse riferimento sia ai vincoli stradali che ai coni visuali.

Senonchè, non potendosi contestare la circostanza che la opera per cui è causa(piscina, a sfioro, progettata a raso con il piano di campagna sul quale insiste) in quanto non spiccante apprezzabilmente dalla superficie del suolo, non avrebbe potuto trovare argomenti ostativi nella tutela dei coni visuali eventualmente insistenti sull’area, e non essendo nel provvedimento reiettivo indicata natura e scaturigine causale della “fascia di rispetto stradale” asseritamente oggetto di tutela, l’atto di impugnazione proposto ha inevitabilmente dovuto confrontarsi con tale “fluidità” della motivazione reiettiva (tanto che, con argomentazione opposta e speculare parte appellante si duole che l’amministrazione comunale appellata abbia indebitamente fatto ricorso ad una inammissibile integrazione motivazionale in corso di giudizio).

Alla stregua dell’ esito della verificazione la prospettazione costituente motivo del proposto diniego appare destituita di fondamento, e da ciò consegue –assorbite le ulteriori doglianze proposte e disattese le eccezioni di parte appellate in quanto comunque non influenti sul merito della controversia- in riforma della decisione di primo grado l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto reiettivo gravato.

5.Non sussistono, infine, elementi, per delibare positivamente la domanda risarcitoria proposta dalla odierna parte appellante ( e quantificata in € 34.812, dei quali € 5100,00 annui per mancata maggiore redditività turistica, € 25.200,00 per omesso incremento del valore dell’immobile, oltre agli ulteriori aggravii dei costi per la realizzazione del manufatto).

Come dimostrato dall’evoluzione del presente giudizio, all’accertamento in ordine alla natura della strada Gardesana 249 e della conseguente consistenza della fascia di rispetto alla stessa ascrivibile si è pervenuti attraverso complesse indagini. In carenza di univocità di indici dimostrativi della classificazione della stessa, la condotta prudente del comune non appare connotata (oltre che, all’evidenza, da dolo) da alcun elemento colposo.

La sussistenza dell’elemento (quantomeno) della colpa costituisce, come è noto, condizione imprescindibile per la riconoscibilità della tutela risarcitoria (ex multis: “l’ azione di risarcimento conseguente all’ annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento illegittimo implica la valutazione dell’ elemento psicologico della colpa, alla luce dei vizi che inficiavano il provvedimento stesso e della gravità delle violazioni imputabili all’Amministrazione, secondo l’ ampiezza delle valutazioni discrezionali rimesse all’ organo amministrativo nonché delle condizioni concrete in cui ha operato l’ Amministrazione, non essendo il risarcimento una conseguenza automatica della pronuncia del giudice della legittimità.”-Consiglio Stato , sez. IV, 01 ottobre 2007, n. 5052).

Tale elemento, pacificamente, non sussiste nel caso di specie,laddove si consideri che l’esito della verificazione si è discostato( anche) dalle premesse poste a base del proprio gravame da parte appellante ( laddove si era sostenuto che l’unica “strada” era un modesto vialetto d’accesso) e che entrambe le parti processuali avevano sostenuto che alla strada Gardesana 249 dovesse essere attribuita una qualificazione diversa da quella conclusivamente affermata nella verificazione. Il petitum risarcitorio deve essere pertanto disatteso, in carenza degli elementi essenziali per affermare la sussistenza di una condotta negligente imprudente od imperita in capo all’appellata amministrazione che ben doveva tenere conto della vicinanza del manufatto alla strada, proprio in considerazione della portata assoluta del vincolo di rispetto dalla stessa discendente.

6. Alla parziale soccombenza consegue la parziale condanna dell’appellata amministrazione comunale al pagamento delle spese processuali del giudizio nella misura di Euro duemilacinquecento (€ 2.500//00) oltre ad accessori di legge, se dovuti: le spese complessive, infatti, devono essere quantificate nella misura complessiva di Euro cinquemila (€ 5000//00) e compensate per metà.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, numero di registro generale 3288 del 2012come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui alla motivazione e, per l’effetto, in riforma della appellata decisione accoglie il ricorso di primo grado ed annulla gli atti gravati.

Condanna l’appellata amministrazione comunale al pagamento delle spese processuali del giudizio nella misura di Euro duemilacinquecento (€ 2.500//00) oltre ad accessori di legge, se dovuti, e le compensa per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 ottobre 2012

Redazione