Danno da lucro cessante: spetta anche se manca la prova concreta dell’esercizio dell’attività lavorativa (Cass. n. 1439/2012)

Redazione 01/02/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte, letti gli atti depositati:

E’ stata depositata la seguente relazione:

1.- Il fatto che ha originato la controversia è il seguente: P. M. chiese il risarcimento dei danni conseguenti a sinistro stradale. La HDI gli ha versato la somma di Euro 100.000,00 che il danneggiato non ritenne congrua e accettò a titolo di acconto.

Con sentenza depositata in data 8 settembre 2010 la Corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Rimini, che, ritenuta la pari responsabilità dei due conducenti, liquidava il danno in misura ritenuta inadeguata.

2.- Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c..

3.- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2055, 2056, 2727 e 2729 c.c..

Il ricorrente lamenta l’esclusione del risarcimento del danno da lucro cessante per mancata prova dell’esercizio della professione (piastrellista) al momento del sinistro sebbene il C.T.U. avesse riconosciuto la riduzione della capacità lavorativa in attività confacenti alle sue attitudini e non implicanti la stazione eretta.

Il secondo motivo lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla negata applicazione – che invece il Tribunale aveva effettuato – del criterio previsto dalla L. n. 39 del 1977, art. 4, comma 3 e l’utilizzo delle presunzioni semplici.

Il terzo motivo adduce error in iudicando sui principi risarcitori, non avendo la Corte territoriale tenuto conto della differenza tra le nozioni di invalidità e incapacità.

I tre motivi presentano profili comune e, quindi, possono essere trattati congiuntamente.

Le censure sopra sintetizzate risultano fondate perchè la sentenza impugnata ha deciso la questione di diritto in modo difforme dall’orientamento della Corte di Cassazione (art. 360-bis c.p.c., n. 1).

Infatti (confronta, ex multis, la recente Cass. Sez. 3, n. 4493 del 2011) è vero – come affermato dalla Corte territoriale – che la liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro e di guadagno non può costituire un’automatica conseguenza dell’accertata esistenza di lesioni personali, ma è ugualmente vero che essa spetta ogni volta che sia verificata l’attuale o prevedibile incidenza dei postumi sulla capacità di lavoro, anche generica, della vittima.

Ne consegue che, stante l’accertamento del C.T.U. che la stessa sentenza impugnata ha recepito, non è corretta la negazione della voce di danno in esame a seguito della mancanza di prova dell’esercizio in concreto di attività lavorativa all’epoca del sinistro. Tale situazione influisce sulla determinazione del danno emergente, ma non esclude la necessità di accertare – e sussistendone i presupposti di fatto riconoscere – il danno futuro determinato dalla ridotta capacità di esplicare attività lavorativa confacente alle attitudini della vittima.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Entrambe le parti hanno presentato memoria; la resistente ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dalle parti con le rispettive memorie nulla aggiungono a quanto già esaminato e condivisibilmente valutato nella relazione;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, ed ha ritenuto necessario precisare che il P. non ha documentato la propria qualità di piastrellista, non essendo a tal fine sufficiente la dichiarazione resa al C.T.U.;

pertanto il giudice di rinvio dovrà valutare l’applicabilità alla specie del criterio di cui al D.L. n. 857 del 1976, art. 4, come modificato dalla L. n. 39 del 1977 (triplo della pensione sociale);

che il ricorso deve perciò essere accolto, essendo manifestamente fondato, nei limiti di cui alla motivazione; spese rimesse; visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione.

Redazione