Le fideiussioni “fanno il botto di fine anno”. La Cassazione a Sezioni Unite le dichiara parzialmente nulle

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Un duro colpo per le banche, le Sezioni Unite Civili della Cassazione hanno chiuso il 2021 con “un gran fuoco d’artificio finale”, pronunziando l’attesissima sentenza (Sez. Un., 30 dicembre 2021, n. 41994) sulle fideiussioni redatte su schema ABI (l’Associazione Bancaria Italiana), riproduttive di clausole frutto di intesa anticoncorrenziale a monte, sanzionata dalla Banca d’Italia.

Indice:

  1. Il caso
  2. La fideiussione
  3. Il principio espresso dalla decisione delle S.S.U.U.
  4. L’antefatto
  5. Le clausole incriminate
  6. Le diverse tesi sulla nullità delle fideiussioni
  7. Elementi salienti della decisione delle Sezioni Unite

Il caso

Con ordinanza Interlocutoria n. 11486/2021, depositata lo scorso 30 aprile 2021, la Prima Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, investita del ricorso, ha rilevato che sulla questione relativa alla “tutela riconoscibile al soggetto che abbia stipulato un contratto di fideiussione a valle, in caso di nullità delle condizioni stabilite nelle intese tra imprese a monte, per violazione dell’art. 2, comma, 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990, non vi è accordo in dottrina ed in giurisprudenza, essendosi – in sostanza – delineate tre soluzioni:

a) nullità totale del contratto a valle;

b) nullità parziale di tale contratto, ossia limitatamente alle clausole che riproducono le condizioni dell’intesa nulla a monte;

c) tutela risarcitoria.”

La sezione ha, così, rimesso la controversia – ritenendo  la questione di massima importanza, anche in considerazione della frequente ricorrenza della fattispecie – alle Sezioni Unite, per stabilire: -1) se la coincidenza totale o parziale con le condizioni dell’intesa a monte – dichiarata nulla dall’organo di vigilanza di settore – giustifichi la dichiarazione di nullità delle clausole accettate dal fideiussore, nel contratto a valle, o legittimi esclusivamente l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno; – 2) nel primo caso, quale sia il regime applicabile all’azione di nullità, sotto il profilo della tipologia del vizio e della legittimazione a farlo valere; – 3) se sia ammissibile una dichiarazione di nullità parziale della fideiussione;  -4) se l’indagine a tal fine richiesta debba avere ad oggetto, oltre alla predetta coincidenza, la potenziale volontà delle parti di prestare ugualmente il proprio consenso al rilascio della garanzia, ovvero l’esclusione di un mutamento dell’assetto d’interessi derivante dal  contratto.

La fideiussione

La fideiussione è una garanzia personale e rappresenta una tutela maggiore per il creditore in caso di inadempienza del debitore principale. Il fidejussore si impegna a rimborsare una determinata somma – si pensi al prestito ottenuto dal terzo a cui fa da garante – in caso di inadempimento del debitore originario, con tutto il suo patrimonio.

Le clausole del contratto di fideiussione a valle che riproducano quelle clausole ritenute nulle dell’intesa a monte (nn. 2, 6 e 8) vengono, invero, a recepire – nel contenuto del negozio – le determinazioni di un’associazione di imprese, l’ABI, che – in quanto costituiscono elemento di valutazione e di riferimento per le scelte delle singole associate – possono contribuire a coordinare il comportamento di imprese concorrenti, falsando il gioco della libera concorrenza. Ed è per questo che, esclusivamente sotto tale profilo, la Banca d’Italia nel 2005, ha osservato che “la restrizione della concorrenza derivante da una siffatta intesa risulterebbe significativa nel mercato rilevante, atteso l’elevato numero di banche associate all’ABI”, e, di conseguenza, ha dichiarato la nullità dei soli articoli nn. 2, 6 e 8 dell’intesa a monte. Per converso, tutte le altre clausole del contratto di fideiussione – in quanto finalizzate, attraverso l’obbligazione di garanzia assunta dal fideiussore, ad agevolare l’accesso al credito bancario – sono immuni da rilievi di invalidità, come ha stabilito la Banca d’Italia nel citato provvedimento, nel quale ha espressamente fatte salve tutte le altre clausole dell’intesa ABI.

La serialità della riproduzione dello schema adottato a monte – nel caso concreto dall’ABI – viene, difatti, a caratterizzare negativamente la condotta degli istituti di credito, consumando la libera scelta dei clienti-contraenti e incidendo negativamente sul mercato. La nullità dell’intesa a monte determina, dunque, la “nullità derivata” del contratto di fideiussione a valle, ma limitatamente alle clausole che costituiscono pedissequa applicazione degli articoli dello schema ABI, dichiarati nulli dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005 (nn. 2, 6 e 8).

I giudici della Suprema Corte ritengono, dunque, che i moduli fideiussori sarebbero nulli, ma non integralmente, bensì limitatamente a siffatte clausole, non condividendo nè la tesi della totale nullità del contratto di garanzia, né l’assunto che la sola tutela risarcitoria sarebbe ammissibile nella fattispecie oggetto di esame, con esclusione della «tutela reale». L’argomentazione secondo cui al consumatore sarebbe consentita la sola azione risarcitoria non convince, sia perché contraria a pressochè tutti i precedenti della Suprema Corte successivi alle Sezioni Unite n. 2207/2005, sia – e soprattutto – per ragioni inerenti alle specifiche finalità della normativa antitrust.

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In particolare, viene analizzata un’ampia casistica in materia di nullità della fideiussione, ponendo al centro la figura del garante; sono infatti analizzate le diverse modalità di tutela del soggetto “debole”, che si trovi a subire l’invalidità dell’atto fideiussorio.

Il principio espresso dalla decisione delle S.S.U.U.

Le SS.UU., esclusa l’ipotesi di nullità totale della fideiussione, hanno stabilito il seguente principio di diritto: “ i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt.2, comma 2, lett. a) della legge n.287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt.2, comma 3 della legge succitata e dell’art.1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti “.

Questa decisione degli ermellini rappresenta un punto a favore per consumatori e imprese rispetto al ceto bancario.

L’antefatto

La fideiussione che sempre la banca predispone su moduli bancari per la firma da parte del garante, è stata in questi ultimi anni protagonista di numerosi contenziosi con gli istituti di credito. La questione era stata affrontata, ma non risolta, da una innovativa pronuncia della Corte di Cassazione che aveva dato l’avvio alle varie contestazioni sul modulo fideiussorio standard utilizzato da quasi tutte le banche e proposte ai clienti. Infatti, con ordinanza n.29810 del 12.12.2017, la Suprema Corte ha sancito per la prima volta, la nullità delle fideiussioni bancarie per violazione della normativa antitrust (art. 2 L. 287/1990), qualora siano conformi allo schema contrattuale predisposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) dell’anno 2003, per la stipula delle fideiussioni con la clientela.  La Cassazione infatti ha dichiarato che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI contenevano disposizioni che “nella misura in cui venivano applicate in modo uniforme” da tutte le banche associate erano in contrasto con la normativa antitrust.  E’ accaduto che l’ABI, a cui la maggior parte degli istituti di credito italiani ha aderito, nel 2003 aveva redatto un modello di fideiussione contenente clausole contrattuali particolarmente favorevoli al creditore che, in molti casi, gli istituti bancari avevano utilizzato e sottoposto (attraverso moduli precompilati) ai garanti dei loro clienti. Sennonché, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in prima battuta (con parere del 22 agosto 2003) e la Banca d’Italia in un secondo momento (con Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005) avevano rilevato che alcune di queste clausole contenute nel modello ABI 2003 risultavano eccessivamente gravose per il cliente e che –anche considerato che l’ABI rappresenta quasi tutti gli operatori creditizi- esse fossero il frutto di un’intesa anticoncorrenziale in contrasto con la normativa antitrust a tutela della concorrenza e, segnatamente, con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/1990. Per questi motivi, la Banca d’Italia, nel provvedimento sopra menzionato, aveva dedotto che gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI nel 2003 per le fideiussioni omnibus, dovessero reputarsi illegittimi.

Le clausole incriminate

In particolare, le clausole incriminate sono:

– “clausola di riviviscenza”, l’art. 2 dello schema ABI dichiarava il fideiussore tenuto “a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”;

– clausola di rinuncia ai termini ex art.1957 c.c.” L’altra clausola contestata, ovvero l’art. 6 del predetto schema contrattuale ABI 2003, disponeva infine che “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato”.

Al riguardo, occorre ricordare che l’art. 1957 c.c. subordina la permanenza dell’obbligazione di garanzia del fideiussore, dopo la scadenza dell’obbligazione principale, alla circostanza che il creditore abbia proposto e diligentemente continuato le sue istanze nei confronti del debitore entro il termine di sei mesi; tale termine, peraltro, si riduce a due mesi nell’ipotesi in cui il fideiussore abbia, preventivamente ed espressamente, limitato la propria garanzia allo stesso termine dell’obbligazione principale. Ebbene, la Banca d’Italia, nel provvedimento di cui sopra, aveva rilevato circa l’art. 6 che la deroga all’art. 1957 c.c. di fatto esonerava la banca dal proporre e proseguire diligentemente le proprie istanze nei confronti del debitore e del fideiussore, entro i termini previsti da detta norma. Pertanto, l’autorità di vigilanza aveva rilevato che una clausola di siffatto genere avrebbe potuto disincentivare la diligenza della banca nel proporre le proprie istanze nonché, conseguentemente, sbilanciare la posizione della banca medesima a svantaggio del garante;

– “clausola di sopravvivenza.” Il successivo art. 8 sanciva, poi, l’insensibilità della garanzia prestata agli eventuali vizi del titolo in virtù del quale il debitore principale è tenuto nei confronti della banca, disponendo che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”.

Tali clausole, in buona sostanza, furono considerate eccessivamente gravose per il garante poiché prevedevano la permanenza dell’obbligazione fideiussoria anche a fronte di vicende estintive del rapporto principale (come il pagamento del debitore), o di cause di invalidità anche coinvolgenti la stessa obbligazione principale garantita.

Considerato che l’art. 2 comma 3 L. 287/1990 sanziona con la nullità “ad ogni effetto” le intese adottate in violazione della normativa anticoncorrenziale si è posta la questione della nullità della fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust se è strettamente connessa a quella del rapporto tra le intese restrittive della concorrenza e i c.dd. contratti a valle stipulati con i consumatori finali.

Le diverse tesi sulla nullità delle fideiussioni

In particolare, vi è chi ha ritenuto che le fideiussioni stipulate in base al modello ABI 2003 siano nulle in ogni caso (v. Tribunale di Salerno n. 3016/2018; Tribunale di Padova n. 202/2019); vi è, poi, chi ha reputato nulle soltanto le clausole di cui agli artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI 2003, senza che la loro invalidità determini automaticamente quella dell’intera fideiussione, dovendosi verificare in concreto se le parti avrebbero egualmente concluso il contratto di fideiussione (Tribunale di Mantova 16 Gennaio 2019; ordinanza Tribunale Rovigo, 09/09/2018); vi è chi, infine, sostiene che la nullità dell’intesa anticoncorrenziale ex Legge n. 287/1990 non travolga affatto il contratto di fideiussione omnibus conforme al modello ABI (Tribunale di Treviso n. 1632/2018) e non compromette la validita` e l’efficacia dei contratti non direttamente incisi dalla norma proibitiva, per giungere alla tesi più radicale, che esclude del tutto la tutela reale, ammettendo in via esclusiva quella risarcitoria.

Elementi salienti della decisione delle Sezioni Unite della Cassazione del 30 dicembre 2021, n. 41994

È prova privilegiata il provvedimento della Banca d’Italia del 2005.
Il provvedimento dell’autorità garante ha l’effetto di invertire l’onere della prova: sarà l’impresa a dover offrir prova contraria a dimostrazione della interruzione del nesso causale tra l’illecito antitrust e il danno patito dai consumatori. In buona sostanza il fideiussore che invoca la nullità della fideiussione non deve provare la condotta anticoncorrenziale tra le Banche, ma può basarsi sull’accertamento a questo fine effettuato dalla Banca d’Italia nel 2005 e i giudici di legittimità concludono che nel caso si specie “la Corte d’appello ha accertato – con valutazione di merito incensurabile in questa sede – che le clausole contenute nelle fideiussioni in questione erano del tutto coincidenti con le clausole nn. 2, 6 e 8 dello schema ABI, facendo applicazione del principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui la produzione del provvedimento dell’Autorità Garante costituisce prova privilegiata della condotta anticoncorrenziale, a prescindere dal fatto che siano state irrogate, o meno, sanzioni pecuniarie agli autori della violazione.” Il dictum della Corte è inequivocabile: la potenziale nullità di tutti i contratti stipulati a valle che costituiscono applicazione di intese illecite.

La ritenuta nullità parziale del contratto di fideiussione a valle dell’intesa vietata – Accertata l’intesa antitrust diretta a falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale, mediante un’attività consistente nel fissare direttamente talune “condizioni contrattuali” , le fideiussioni, per cui è causa, restano pienamente valide ed efficaci, sebbene depurate dalle sole clausole riproduttive di quelle dichiarate nulle dalla Banca d’Italia, poiché anticoncorrenziali, in conformità a quanto stabilito dall’art. 1419 cod. civ..

La rilevabilità d’ufficio di tale nullità da parte del giudice.
Nei limiti stabiliti dal principio processuale della domanda (artt. 99 e 112 cod. proc. civ.) al giudice innanzi al quale sia stata  proposta  domanda  di nullità  integrale del contratto deve rilevarne di ufficio la sua nullità solo parziale. E tuttavia, qualora le parti, all’esito di tale indicazione officiosa, omettano un’espressa istanza di accertamento in tal senso, deve rigettare l’originaria pretesa non potendo inammissibilmente sovrapporsi alla loro valutazione ed alle loro determinazioni espresse nel processo (Cass. Sez. U., 12/12/2014, nn. 26242 e 26243; Cass., 18/06/2018, n. 16501).

L’imprescrittibilità dell’azione di nullità.
Alla qualificazione di nullità parziale della fideiussione consegue, inoltre, l’imprescrittibilità dell’azione    di nullità (Cass. 15/11/2010, n. 23057) e la proponibilità della domanda di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 cod. civ., ricorrendone i relativi presupposti (Cass. 08/11/2005, n. 21647), nonché dell’azione di risarcimento dei danni.

Nullità speciale delle clausole 2,6,8 dei moduli fideiussori.
La nullità speciale delle clausole in questione discende dalla loro natura – in quanto attuative dell’intesa a monte vietata – di disposizioni restrittive, in concreto, della libera concorrenza, e non dalla effettuata deroga alle norme codicistiche in tema di fideiussione.

L’intervento della Corte di Cassazione 30 dicembre 2021, n. 41994 ha, forse, definitivamente chiuso un fronte di particolare interesse in ordine al giudizio di validità dei contratti di fideiussione omnibus stipulati in conformità al modello ABI del 2003. La questione rimessa al vaglio delle Sezioni Unite, è stata quella di decidere se degli effetti sulle fideiussioni stipulate a valle tra la banca e il cliente, abbiano prodotto l’illecito antitrust rilevato, a monte, dal provvedimento della Banca d’Italia, ovvero se, nel caso di fideiussioni rilasciate dal cliente della banca, nelle quali siano state inserite le predette clausole, la cui natura anticoncorrenziale è stata accertata dall’Autorità competente, al garante spetti una tutela «reale», ossia a carattere «demolitorio», oppure una tutela esclusivamente risarcitoria.
Di conseguenza le fideiussioni bancarie che contengano tali articoli 2,6 e 8 (praticamnete il 99% di tutte le fidiiussioni italiane) sono parzialmente nulle dato che la loro applicazione uniforme da parte delle banche ha l’effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale. Ne consegue che per i fideiussori chiamati in giudizio dalle banche i quali invocando la suddetta nullità, potranno opporsi alle ingiunzioni di pagamento eccependo la nullità anche in corso di causa al fine di far sospendere l’eventuale provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, oltrechè opporsi ad esecuzioni immobiliari oltre ad esperire autonome azioni di accertamento di detta nullità per ottenere la repressione delle condotte antitrust o richiedere il risarcimento del danno da illecito concorrenziale e quello derivante da illegittima segnalazione in Centrale Rischi presso la Banca d’Italia. I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono dunque parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell’art., 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.

Per approfondire ulteriormente il tema delle fideiussioni, consigliamo il volume, articolato in domande e risposte, “Fideiussioni bancarie nulle – Come difendere e liberare il garante dal debito” di Monica Mandico, edito da Maggioli Editore.
Il volume si pone quale strumento pratico utile al Professionista per affrontare le questioni relative all’istituto della fideiussione bancaria.
In particolare, viene analizzata un’ampia casistica in materia di nullità della fideiussione, ponendo al centro la figura del garante; sono infatti analizzate le diverse modalità di tutela del soggetto “debole”, che si trovi a subire l’invalidità dell’atto fideiussorio.

Sentenza collegata

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Avv. Monica Mandico

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