Corte di Cassazione Penale sez. V 3/9/2008 n. 34589; Pres. Pizzuti G.

Redazione 03/09/08
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FATTO E DIRITTO

1.- Il Tribunale di Trento, sezione distaccata di Cles, ha confermato la sentenza del giudice di pace della stessa località, che aveva dichiarato D.S.G. responsabile del reato continuato di ingiuria, minaccia e danneggiamento nei confronti di B.L. e lo aveva condannato, concesse le attenuanti generiche ritenute equivalenti all’aggravante contestata, alla pena Euro 345,00, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni e al rimborso delle spese in favore della parte civile.

2.- Il D.S. propone ricorso per cassazione deducendo:

a) mancanza di motivazione in relazione all’erronea ritenuta attendibilità del teste B., a discapito di quella dei testi M.C. e M.I.;

b) manifesta illogicità e contraddittorietà della stessa circa l’esclusione della causa di non punibilità in relazione al danneggiamento della legnaia per avere agito in stato di necessità per salvare tre gattini;

c) inosservanza della legge penale, non sussistendo prova certa delle ingiurie e minacce.

3.- Il primo motivo è inammissibile.

Il sindacato del giudice di legittimità sulla giustificazione del provvedimento impugnato è circoscritto alla verifica se il dedotto vizio della decisione, costituito da errori delle regole della logica – principio di non contraddizione, di causalità, univocità, completezza – o dalla inconciliabilità con gli atti del processo specificatamente indicati abbia una forza giustificativa tale da disarticolare tutto il ragionamento operato dal giudice del merito, dovendosi escludere, comunque, che tale vizio possa concretizzarsi in una rilettura ed in una nuova valutazione del fatto, anche se dotato di una maggiore capacità argomentativa, (tra le tante Cass. sez. 6^, 24 maggio 2007, n. 24680, Cass. sez. 6^, 28 settembre 2006 n. 35964, Cass. sez. 1^, 14 luglio 2006, n. 25117, Cass. sez. 5^, 24 maggio 2006, 36764).

Nella specie, il ricorrente prospetta soltanto una valutazione alternativa a quella argomentata dai giudici del merito che hanno logicamente evidenziato la credibilità intrinseca della testimonianza del B., che in sede dibattimentale di primo grado, riportando le ingiurie e la minaccia subite, aveva riferito pacatamente lo svolgimento dei fatti senza ingrandire gli eventi – dimostrativi dell’animosità dell’imputato del resto provata dal successivo danneggiamento della legnaia del B. da parte del D.S., risultante obiettivamente alla documentazione fotografica, testimonianza che non poteva ritenersi contraddetta dalle dichiarazioni degli altri due testi introdotti dalla difesa che da una parte (avevano dichiarato, pur nel contesto di tensione tra le parti, di non avere udito alcuna ingiuria o minaccia rivolta dal D. S. al B..

Dall’altre avevano affermato che era stato quest’ultimo a ingiuriare il primo, collocando, però, il fatto in due momenti diversi.

E l’attendibilità della parte lesa non può essere contestata in questa sede di legittimità avendo il giudice dell’appello dato conto dei motivi per i quali essa è stata ritenuta logicamente valida (ad es. Cass. sez. 6^, 23 maggio 2007, n. 38066).

4.- E’ anche inammissibile perchè manifestamente infondato il motivo concernente l’applicazione dell’art. 54 c.p., in relazione al danneggiamento della legnaia, al fine di salvare i gatti "prigionieri" in quanto, a parte il fatto che la relativa questione non era mai stata dedotta davanti al giudice del merito, la suddetta norma, nel prevedere la non punibilità di chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se o da altri dal pericolo di un danno grave alla persona, non fa alcun riferimento al pericolo di un danno grave agli animali, non potendosi pacificamente questi ultimi farsi rientrare nel concetto di persona.

5. E’, infine, inammissibile il motivo concernente la violazione dell’art. 530 c.p.p., comma 2, avendo il giudice del merito desunto la responsabilità dell’imputato, al di là di ogni ragionevole dubbio (art. 533 c.p.p.), in ordine alle ingiurie, alle minacce e al danneggiamene dalle credibili dichiarazioni della parte lesa, confortate dalla prova fotografica che evidenziava il danno alla legnaia.

Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Poi, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte Costituzionale e del fatto che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente è tenuto anche al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, per le ragioni di inammissibilità, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte:

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000,00.

Redazione