Corte di Cassazione Penale sez. V 14/6/2010 n. 22694

Redazione 14/06/10
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(omissis)
FATTO E DIRITTO
1. – La Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Lucca che aveva dichiarato il G. responsabile del reato di cui agli artt. 477 e 482, per avere contraffatto un permesso di trasporto invalidi, creando una copia mediante scannerizzazione di un permesso in bianco e apponendo i dati di C. I.
2.  – L’imputato propone ricorso per cassazione, deducendo:
a. – Violazione degli artt. 477 e 482 c.p. nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in quanto era stato accertato che il permesso era stato effettivamente rilasciato ed egli si era limitato a fotocopiare il contrassegno n. 747 effettivamente esistente; che egli assisteva la C., disponeva di un solo autoveicolo e che non aveva alcun interesse a duplicare il permesso.
b. – Violazione di legge in quanto il permesso presentava i caratteri della grossolanità, avendo gli agenti immediatamente constatato che non si trattava di un permesso originale.
3. – Il ricorso è infondato. E’ giurisprudenza maggioritaria, cui questo collegio aderisce, che hanno rilevanza penale, ex art. 492 c.p., le condotte di falsificazione di copie che  tengono luogo degli originali, quando il documento relativo abbia l’apparenza e sia utilizzato come originale, e non si presenti come mera riproduzione fotostatica (Cass., sez. V, 19 marzo 2008, n. 14308; sez. V, 7 febbraio 2006, n. 10391; sez. V, 2 dicembre 2004, n. 5401; sez. V, 27 febbraio 2001, n. 18283).
Nella specie la Corte ha logicamente argomentato come la copia del permesso di trasporto invalidi fosse esposta sul cruscotto dell’auto che si trovava all’interno della zona in cui l’autorizzazione consentiva il transito e la sosta e fosse stata utilizzata come originale per rappresentare in concreto l’autorizzazione a far uso dell’auto senza restrizioni, tanto che, solo in seguito alle contestazioni, il G. ebbe a confermare che si trattava di un duplicato.
La Corte ha, pure, precisato che ad un controllo visivo e fuggevole il permesso appariva come originale e che era stato necessario l’accertamento tattile del permesso per dimostrare la non autenticità.
Di conseguenza legittimamente è stato ritenuto che il permesso di sosta fosse stato come originale e non come copia.
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
(omissis)

Redazione