Corte di Cassazione Penale sez. III 3/9/2008 n. 34555; Pres. Vitalone C.

Redazione 03/09/08
Scarica PDF Stampa

OSSERVA

Con la sentenza in epigrafe la corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione del tribunale della medesima città in data 11.7.2005, riduceva all’appellante C.F. la pena a mesi tre di reclusione ed euro 1500 di multa previo riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 cod. pen., n. 4, per il reato di cui al L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. c) e d), contestato per la detenzione di 11 DVD contenenti opere tutelate dal diritto d’autore abusivamente riprodotti e privi del contrassegni SIAE. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’imputato il quale, per il tramite del proprio difensore, deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), assumendo che il teste G. non aveva mai affermato essere i DVD esposti per la vendita su un lenzuolo; che i DVD riproducevano le opere indicate in copertina ed, infine, che il numero esiguo dei supporti confermava l’uso personale.

Con motivi aggiunti il ricorrente eccepiva:

– la violazione e la falsa applicazione della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1 lett. c), alla luce della sentenza n. 367/08 di questa Sezione;

– la mancanza e manifesta illogicità della motivazione sulla condotta contestata;

– il travisamento della prova fondandosi la dichiarazione di responsabilità su una dichiarazione inesistente (quella attribuita al teste G.).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito indicate.

Per quanto concerne il reato contestato è certamente vero – come affermato dal ricorrente nei motivi aggiunti – che questa Corte, a seguito della sentenza 8 novembre 2007 della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (causa C – 20/05), resa a sensi dell’art. 234 del Trattato CEE, ha ritenuto con orientamento costante non più configurabile il reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d).

Nell’indicata sentenza, infatti, la Corte di Giustizia ha concluso affermando che "La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, dev’essere interpretata nel senso che le disposizioni nazionali, in quanto abbiano stabilito, successivamente all’entrata in vigore della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE (che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche) l’obbligo di apporre sui dischi compatti contenenti opere d’arte figurativa il contrassegno "SIAE" in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, costituiscono una regola tecnica che, qualora non sia stata notificata alla Commissione, non può essere fatta valere nei confronti di un privato".

Questa Corte ha tuttavia già chiarito anche che la decisione della Corte di Giustizia riguarda esclusivamente le disposizioni della L. 22 aprile 1942, n. 633, come successivamente modificata, che contemplano l’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE. La sentenza non incide dunque sulla tutela del diritto d’autore in quanto tale ed, in particolare, sui diritti riconosciuti a difesa della personalità dell’autore o a quelli relativi alla utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno.

Era e rimane vietata, dunque, anche dopo la sentenza, qualsiasi attività che comporti l’abusiva diffusione, riproduzione o contraffazione delle opere dell’ingegno.

Ciò posto, per quanto concerne specificamente il caso di specie, è da evidenziare come il reato contestato sia in realtà unico facendosi contestualmente riferimento – nonostante l’autonomia delle fattispecie – sia alla lett. c) che alla lett. d) della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter comma 1, espressamente rilevandosi sia la mancanza del contrassegno SIAE che l’abusiva riproduzione dei DVD. Sul piano degli effetti ciò si traduce nella necessità di una mera puntualizzazione della contestazione – che evidentemente può riguardare ora la sola lett. c) – senza alcun effetto sulla pena, nessun aumento figurando essere stato corrisposto per la mancanza del contrassegno (art. 171 ter, lett. d).

Venendo ora alle rimanenti doglianze la sentenza correttamente motiva sulle ragioni per le quali ha ritenuto il materiale in sequestro oggetto di abusiva riproduzione, citando al riguardo le conclusioni del consulente.

Inoltre appare privo di decisività il rilievo relativo alle dichiarazioni del G. non avendo comunque il ricorrente contestato la motivazione della sentenza nella parte in cui afferma che i DVD sarebbero stati offerti agli agenti operanti che operavano in borghese. E d’altra parte non si spiegherebbe altrimenti la ragione dell’intervento degli agenti medesimi.

La valutazione circa l’utilizzo personale dei DVD attiene al merito e non appare sindacabile in questa sede in quanto, per le ragioni esposte in precedenza, l’attività di destinazione per la vendita appare correttamente e logicamente motivata.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Qualificato il fatto ai sensi della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. c), rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione