Corte di Cassazione Penale sez. II 4/1/2011 n. 38

Redazione 04/01/11
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(omissis)
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari, nella sezione distaccata di Sassari, del 29.10.2009, la quale confermava quella di prime cure pronunciata in data 27.2.2008 e con essa la sua condanna alla pena di mesi otto di reclusione perchè ritenuto responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, per aver violato l’ordine impartitogli dal Questore di lasciare il territorio dello Stato nel termine di 5 giorni in seguito all’espulsione disposta dal Prefetto, per essere egli entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, propone ricorso al giudice di legittimità M.K., assistito dal difensore di fiducia, illustrando quattro motivi di doglianza.
Lamenta col primo di essi, in particolare, la difesa ricorrente, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza dell’art. 143 c.p.p. in relazione all’art. 179 c.p.p. e art. 178 c.p.p., lett. c) e difetto di motivazione sul punto, sul rilievo che i provvedimenti prefettizio e questorile a fondamento della contestazione in atti erano stati notificati all’interessato redatti in lingua inglese, sconosciuta all’imputato e che le argomentazioni spese dalla Corte distrettuale al fine di evidenziare che il prevenuto comprendeva la lingua italiana, non apparivano convincenti e risolutive in termini di certezza della circostanza in discussione.
Denuncia col secondo motivo di ricorso la difesa impugnante inosservanza o errata applicazione della legge penale, con espresso riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, nonchè difetto di motivazione sul punto, giacchè, a suo avviso, attesa la mancanza di motivazione dell’ordine del questore di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni affidata al solo argomento della indisponibilità di posti presso i centri di accoglienza temporanea, senza nulla aggiungere in ordine all’accompagnamento alla frontiera, verrebbe meno, attraverso l’istituto della disapplicazione dell’atto amministrativo a cura del G.O., il provvedimento che secondo la contestazione sarebbe stato violato. Col terzo motivo di ricorso lamenta ancora la difesa ricorrente violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, nonchè difetto di motivazione sul punto, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost. sul rilievo che, nel caso di specie, la Corte distrettuale non avrebbe adeguatamente contrastato l’eccezione difensiva relativa al difetto dell’elemento psicologico del reato, fondato sulla considerazione che l’imputato aveva goduto della sospensiva del decreto di espulsione prefettizio pronunciata dal Giudice di Pace di Nuoro il 5.3.2007, senza mai conoscere, anche perchè mai notificatogli, la decisione definitiva a lui contraria.
Col quarto ed ultimo motivo di ricorso, infine, denuncia la difesa ricorrente violazione degli artt. 47 e 54 c.p. e difetto di motivazione sul punto, rilevando la sussistenza, nella fattispecie, di un riconoscibile errore di fatto rilevante penalmente, dappoichè convinto l’imputato, sulla base della sospensiva di cui innanzi, di poter legittimamente permanere nel nostro paese, mancando la prova nel processo che la decisione definitiva del giudice di Pace, la quale poneva nel nulla la sospensiva del 2007, non era mai stata notificata ritualmente nè all’imputato nè al suoi difensore di fiducia. A parte ciò evocava la difesa ricorrente lo stato di necessità dappoichè impossibilitato il prevenuto, attese le sue condizioni economiche ed il suo elevato costo, ad acquistare il biglietto aereo per il Senegal, suo Paese di origine.
Il ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo di doglianza la Corte territoriale, con giudizio di merito ampiamente motivato attraverso argomentazioni logicamente corrette, ha posto in evidenza che l’imputato viveva da tempo nel nostro Paese, che si era difeso nel processo e, prima di esso, nella fase della procedura amministrativa, dimostrando in ogni occasione di ben conoscere e ben comprendere la lingua italiana, circostanza questa che esclude la violazione, nella fattispecie, dei diritti difensivi del prevenuto, come dimostrato, altresì, dalla nomina da parte sua di un difensore di fiducia incaricato di impugnare l’espulsione davanti al giudice di pace.
Anche il secondo motivo è infondato.
Ha avuto modo di affermare questa Corte di legittimità che in ipotesi di condotte penalmente rilevanti rappresentative di inottemperanza a un ordine della P.A., "il giudice penale deve verificare la legittimità del provvedimento amministrativo presupposto del reato, sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto quello formale, con riferimento a tutti e tre i vizi tipici che possono determinare l’illegittimità degli atti amministrativi, e cioè violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere" (così per tutte, con riferimento all’analoga figura criminosa della contravvenzione al foglio di via obbligatorio di cui all’art. 2 legge n. 1423/1956, Cass., sez. 1, 21 ottobre 1996-3 febbraio 1997, ********, riv. n. 204339; nello stesso senso Cass., sez. 1, 9 dicembre 1999 – 19 gennaio 2000, *********, riv. n. 215243, tutte richiamate da Cass. pen., sez. 1^, 8.10.2004, n. 47677 che ha applicato il principio al reato de quo). Nel caso in esame il provvedimento che ha intimato al ricorrente di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni dalla notifica è motivato sia in ordine alla impossibilità di un suo trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, per la quale viene indicata la indisponibilità di posti, sia in ordine alla impossibilità di accompagnamento alla frontiera, per la quale viene invece evidenziata la mancanza di documenti necessari per l’espatrio.
Infondati sono altresì il terzo ed il quarto motivo di impugnazione, che appare opportuno trattare congiuntamente atteso il loro contenuto, dappoichè, considerata la difesa tecnica, evidenziata dal giudice di merito, alla quale l’imputato si rivolse per far valere le sue ragioni davanti al giudice di pace, non è credibile, come argomentato ancora in sede di merito, che non abbia poi avuto egli contezza dei relativi esiti, quanto meno attraverso il suo avvocato, di guisa che non può egli invocarne l’ignoranza, nè l’errore di fatto su detta circostanza.
Il ricorso va pertanto rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali a mente dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
(omissis)

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