Corte di Cassazione Penale sez. II 2/2/2010 n. 4217

Redazione 02/02/10
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Il Procuratore della repubblica presso il Tribunale di Novara ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale del riesame di Novara in data 9 giugno 2009, con il quale, è stata accolta l’impugnazione avverso il decreto di perquisizione e sequestro emesso dallo stesso P.M. di Novara in data 13 maggio 2009 ed eseguito il 18 maggio 2009 nei confronti di S.P., quale legale rappresentante della Simba Toys Italia s. r. 1.. A sostegno dell’impugnazione il P.M. ha dedotto:

a) Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all’art. 322 c.p.p.. Erronea applicazione della legge penale.

Il ricorrente censura la ritenuta insussistenza della contraffazione del marchio non in relazione all’assenza della condotta contestata ma in considerazione della ritenuta nullità del marchio asseritamente contraffatto. b) Violazione degli artt. 324 e 257 c.p.p., in relazione all’art. 253 c.p.p..

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale, che, esorbitando dai suoi poteri non avrebbe verificato la sussistenza del fumus commissi delicti, ma, attraverso una valutazione incidentale di nullità del marchio comunitario regolarmente registrato, avrebbe anticipato una decisione sul merito, ritenendo insussistente il fatto contestato. c) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in particolare erronea applicazione degli artt. 474 e 648 c.p..

Il ricorrente lamenta che attraverso una valutazione incidentale siano state ritenuti inapplicabili gli articoli del codice penale contestati, ritenendo lecita la condotta dell’indagato. Le valutazioni del Tribunale non sarebbero condivisibili in quanto, nel caso in esame, erroneamente non sono stati ritenuti applicabili i criteri relativi alla brevettabilità e tutelabilità del marchio di forma, nel cui ambito andrebbero invece ricondotte le forme frutto di lavorazioni non "standardizzate", suscettibili per ciò di assumere un proprio carattere di distintività, come doveva essere riconosciuto nel caso in esame al marchio "Rubik’s Cube", relativo ai 24.978 articoli individuati sulla documentazione di magazzino della Simba Toys Italia s.r.l., marchio di cui risulta detentrice la Seven Towns ltd. e licenziataria la ********* di (OMISSIS). La tutela della forma del "cubo di Rubik" dovrebbe essere rinvenuta nella identificazione dello stesso con il suo funzionamento, non essendo individuabile un risultato tecnico ulteriore, cui sarebbe funzionale la forma del prodotto, che, per questo, dovrebbe restare a disposizione di ogni imprenditore e non essere oggetto di monopolio, in quanto suscettibile di utilizzazione per diversi classi e prodotti.

E’ stata altresì depositata una memoria difensiva da parte della Seven Towns LTD, nella qualità di persona offesa del reato, ove sono state fatte proprio le argomentazioni del P.M..

In particolare è stato sottolineato come l’accertamento incidentale del Tribunale sia stato operato senza la presenza di tutti i necessari elementi di valutazione, tra cui le decisioni, in prima e seconda istanza,dell’Ufficio Armonizzazione del Mercato Interno, in data 14 ottobre 2008 e 1 settembre 2009, con cui è stata rigettata la richiesta di nullità del brevetto del marchio in questione, avanzata proprio dalla Simba Toys. Ribadita anche in sede amministrativa la regolarità della registrazione del marchio comunitario, rimarrebbe integrato, secondo la parte offesa, il fumus commissi delicti in ordine ai reati contestati, in particolare degli artt. 473 e 474 c.p., quali reati di pericolo astratto che offendono principalmente la fede pubblica.

Il ricorso è fondato.

Il Tribunale ha sottolineato come il provvedimento di perquisizione e sequestro sia stato adottato, facendo riferimento alla sussistenza di materiale e documentazione inerente l’attività illecita, costituiti dalla contraffazione o comunque dalla messa in circolazione di "cubi di Rubik" contraffatti; in realtà, secondo il Tribunale, sono stati oggetto del provvedimento "cubi magici" contraddistinti dal marchio SIMBA e dalla dicitura "***** and MORE"; sotto questo profilo, mancherebbe l’attività di contraffazione del marchio. Sottolinea ancora il Tribunale che il marchio comunitario, cui si fa riferimento nel provvedimento di perquisizione e sequestro, è un marchio di forma, innanzitutto, e marchio di colore, secondariamente, e non un marchio denominativo. Secondo il Tribunale, erroneamente il "cubo di Rubik" sarebbe stato registrato in sede comunitaria come marchio di forma, essendo limitato a realizzare una mera soluzione tecnica (o invenzione), funzionale all’uso dello stesso oggetto. La forma, imposta da ragioni di utilità tecnica, poteva essere brevettata esclusivamente nei limiti concessi dal brevetto per invenzione (nel caso di specie ampiamente scaduto). In sostanza la registrazione del "cubo di Rubik" come marchio di forma,sarebbe illegittima ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. e) reg. comunitario n. 40/94 e ai sensi dell’art. 9 cod.prop.ind., già art. 18, lett. c) legge marchi. L’invalidità della registrazione in questione, secondo il Tribunale, non renderebbe possibile ricondurre i fatti attribuiti all’indagato nell’ambito delle fattispecie delittuose contestate, relative al commercio e alla ricettazione di prodotti con marchi contraffatti.

Rileva la Corte che il Tribunale del riesame ha posto a base della propria decisione in sede cautelare una sostanziale dichiarazione di nullità del marchio comunitario registrato dalla "Seven Towns". Tuttavia tale analisi sulla validità sostanziale del marchio è stata effettuata, secondo il Collegio, senza compiere in modo esaustivo un’attività finalizzata ad acquisire tutti i necessari elementi di valutazione; è indicativo sul punto la presenza nella motivazione di un mero generico riferimento alla normativa nazionale e comunitaria, il cui ambito di applicazione sicuramente non è stato analizzato in modo sufficiente rispetto ad una delicatissima attività di interpretazione quale quella relativa alla decisione in questione. Per ritenere insussistente l’astratta configurabilità della fattispecie criminosa ipotizzata dal Pubblico ministero non è idonea una valutazione sommaria della disciplina vigente, effettuata in sede incidentale, anche per la presenza di ulteriori elementi, di carattere normativo, non presi in esame dal tribunale, ma che pure potevano e dovevano essere trattati per definire nel merito una decisione quale quella impugnata. Si fa riferimento, ad esempio, alla procedura amministrativa e alla relativa decisione del 14 ottobre 2008 adottata dall’Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato Interno, con la quale era stata rigettata la richiesta di declaratoria di nullità del marchio in parola, avanzata proprio dalla SIMBA TOYS, confermata in data 1 settembre 2009 dalla Seconda Commissione di Ricorso dell’UAMI, che ha così confermato in sede amministrativa la validità di tale marchio. Ora pur prescindendo dagli esiti dei ricorsi proposti in sede amministrativa, che vengono qui richiamati come dato storico dell’esistenza di una procedura che pure sarebbe dovuta arrivare all’attenzione del Tribunale, essa dimostra comunque la intrinseca lacunosità della valutazione operata; la presunzione di validità del marchio comunitario di cui all’art. 95 REG. 40/94 non risulta dunque, secondo il Collegio, essere stata efficacemente superata dalle valutazioni "incidenter tantum" operate dal Tribunale, e, in particolare, per ciò che riguarda il dato essenziale e cioè che l’oggetto del marchio di forma registrato sia proprio un elemento funzionale del prodotto, e non un elemento estetico "arbitrario" e del tutto avulso dalla funzione stessa. In sostanza il Tribunale non ha esplicitato in modo esaustivo, nè poteva farlo per l’assenza del supporto di riferimento dell’indispensabile attività istruttoria, il percorso cognitivo che lo ha portato a ritenere la sussistenza dell’eventuale "funzionalità" del "cubo di Rubik", oggetto di registrazione, e, in particolare se le caratteristiche distintive tutelate dal marchio oggetto di registrazione fossero necessariamente richieste dalla soluzione tecnica creata dall’inventore del prodotto.

Occorre infatti sottolineare che, al fine della verifica della sussistenza del fumus commissi delicti dei reati contestati non è necessaria una indagine circa la validità sostanziale del marchio.

In giurisprudenza, sin dall’orientamento più risalente, è stato comunque affermato che la tutela penale dei marchi o dei segni distintivi delle opere dell’ingegno o di prodotti industriali è finalizzata alla garanzia dell’interesse pubblico preminente della fede pubblica, oltre che a quello privato del soggetto inventore, e la previsione secondo la quale le norme incriminatrici in tema di contraffazione e alterazione di marchi o dei segni si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale, deve essere interpretato nel senso che per la configurabilità dei delitti è necessario che il marchio o il segno distintivo, di cui si assuma la falsità sia stato depositato, registrato o brevettato nelle forme di legge all’esito della prevista procedura, sicchè la falsificazione dell’opera dell’ingegno può aversi solo se essa sia stata formalmente riconosciuta come tale (Cass., sez. 2^, 26 marzo 1998, n. 6418, C.E.D, Cass. 211176). Più recentemente la tutela è stata anticipata al momento della data di presentazione della domanda di registrazione o brevetto, nelle forme di legge, della relativa domanda, con la descrizione dei relativi modelli di cui si rivendica l’esclusiva, in quanto essa rende formalmente conoscibile il modello e possibile la sua illecita riproduzione (Cass., sez. 3^, 4 marzo 2009, n. 16746, C.E.D. Cass. 243404; Cass., sez. 5^, 8 gennaio 2009, n. 9752, C.E.D. Cass. 243404; Cass., sez. 2^, 21 novembre 2006, n. 6323, C.E.D. Cass. 235713). Non ritiene il Collegio che queste conclusioni possano essere modificate nonostante l’entrata in vigore della nuova normativa in materia di marchi introdotta dalla L. 23 luglio 2009, n. 99, la cui ratio, per il settore che qui interessa, è da riconoscere innanzitutto nella volontà del legislatore di garantire una risposta repressiva più efficace al fenomeno della contraffazione, anche attraverso l’introduzione esplicita dell’osservanza della normativa comunitaria.

In realtà, nel caso in esame, il Tribunale ha esercitato una verifica in concreto dell’astratta configurabilità dell’ipotesi accusatoria e della sua fondatezza. Alla giurisdizione compete invece il potere – dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero. Non è consentito dunque al tribunale di instaurare un processo nel processo, in quanto l’accertamento del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di considerare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica (Cass., sez. Un., 20 novembre 1996, n. 23, *****; Cass., sez. 4^, 29 gennaio 2007, 10979 C.E.D. Cass. 236193).

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata e rinvio degli atti al Tribunale di Novara per nuovo esame.

P.Q.M.
Annulla con rinvio l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Novara.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2009.

Redazione