Corte di Cassazione Penale sez. II 10/11/2008 n. 41917; Pres. Cosentino G. M.

Redazione 10/11/08
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FATTO E DIRITTO

Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Prato ha accolto solo parzialmente l’istanza di riesame, proposta da G. M. avverso il provvedimento del G.I.P. presso il Tribunale di Prato in data 11.1.08, con il quale era stata adottata nei suoi confronti e nei confronti della s.p.a. "CISA COSTRUZIONI" il sequestro preventivo delle somme esistenti sia sui conti correnti intestati al G., sia sui conti correnti intestati a detta s.p.a. "CISA COSTRUZIONI", della quale all’epoca il G. era amministratore, in relazione al processo pendente a carico del G. per i delitti di cui all’art. 641 c.p. (insolvenza fraudolenta) e art. 368 c.p. (calunnia), entrambi commessi in danno di B.M..

Il Tribunale di Prato, con il provvedimento anzidetto, ha annullato il decreto di sequestro preventivo impugnato limitatamente alla parte riferita alle somme giacenti sui conti correnti intestati alla s.p.a.

"CISA COSTRUZIONI", confermando invece il sequestro delle somme esistenti sui conti correnti intestati al G..

Avverso detto provvedimento del Tribunale del riesame G. M. ha proposto ricorso per cassazione per mezzo del suo difensore, che deduce i seguenti motivi:

1) – violazione ed erronea applicazione dell’art. 321 c.p.p., comma 1; motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b):

non era configurabile il pericolo, che poteva dar luogo al sequestro preventivo, se riferito alla libera disponibilità di danaro asseritamente frutto di insolvenza fraudolenta, trattandosi di danaro che non costituiva il profitto illecito di tale ultimo reato, facendo esso pur sempre parte del patrimonio dell’agente; in tal modo il sequestro preventivo acquisiva impropriamente e surrettiziamente la funzione e lo scopo del sequestro conservativo, pur in assenza di idonea motivazione circa la dispersione delle garanzie patrimoniali delle obbligazioni civili derivanti dal reato;

2) – violazione dell’art. 321 c.p.p. in relazione all’art. 641 c.p.:

inconfigurabilità in astratto del delitto di insolvenza fraudolenta;

motivo di ricorso ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b):

per aversi il delitto di insolvenza fraudolenta era necessario il preordinato proposito di non adempiere la dovuta prestazione, si che costituiva illecito civile il mero inadempimento non preceduto da alcuna intenzionale preordinazione; e nel provvedimento impugnato nulla era stato detto in ordine a tale essenziale requisito.

Nella specie in esame era poi evidente la volontà di esso ricorrente di soddisfare l’obbligazione, avendo egli chiesto di spostare i termini dell’adempimento.

Non risultava quindi il proposito di esso ricorrente di non adempiere l’obbligazione fin dal primo momento della sua esistenza.

Non era quindi configuratole l’ipotesi delittuosa ipotizzata, anche perchè esso ricorrente aveva fatto opposizione al decreto ingiuntivo, con il quale il prof. B.M. gli aveva chiesto il pagamento della somma di Euro 250.000,00 a titolo di onorari; anche per tale motivo non sussisteva l’ipotesi di sua insolvenza fraudolenta.

Il motivo di ricorso sub 1) è fondato e meritevole di accoglimento.

Non si ritiene infatti che il sequestro preventivo, disposto l’11.1.08 nei confronti dell’odierno indagato dal G.I.P. presso il Tribunale di Prato su tutte le somme di danaro giacenti su conti correnti a lui intestati e confermato dal Tribunale del riesame di Prato con ordinanza del 18.2.08, oggetto ella presente impugnazione, sia stato emesso in modo conforme a quanto dispone l’art. 321 c.p.p., comma 1.

Secondo la norma da ultimo citata invero il sequestro preventivo può avere ad oggetto cose pertinenti al reato, quando vi è pericolo che la loro libera disponibilità da parte dell’indagato possa aggravare ovvero protrarre le conseguenze del reato, ovvero agevolare la commissione di altri reati.

Le condizioni di applicabilità di tale misura cautelare sono pertanto due e cioè:

– che si tratti di cose pertinenti al reato;

– che, inoltre, possa ravvisarsi il pericolo che la libera disponibilità di tali cose da parte dell’indagato aggravi o protragga le conseguenze del reato ovvero agevoli la commissione di altri reati.

Le cose pertinenti al reato, che possono formare oggetto di sequestro preventivo ben possono essere, come nel caso in esame, somme di danaro.

E’ tuttavia necessario che trattasi di somme di danaro per le quali sia in qualche modo riconoscibile la relazione immediata con il reato, che si assuma essere stato commesso dall’indagato.

Non possono quindi formare oggetto della misura cautelare in esame le somme di danaro, per le quali non è ravvisabile detta contiguità e che ormai si sono confuse con il restante patrimonio del soggetto.

Argomentando diversamente si consentirebbe infatti una indiscriminata ed eccessiva compressione del diritto individuale di proprietà e di uso del danaro, certamente non voluto dal legislatore (cfr., in termini, Cass. 1^, 19.12.2000 n. 5801).

Applicando tali principi al caso in esame, si rileva come i reati allo stato addebitati a G.M. sono due e precisamente quello di insolvenza fraudolenta (art. 646 c.p.) e quello di calunnia (art. 368 c.p.), entrambi commessi in danno di B.M..

Secondo l’accusa, detti reati sarebbero stati commessi dallo G. mediante la falsa denuncia di smarrimento di un assegno bancario non trasferibile dell’importo di Euro 200.000,00, che invece sarebbe stato da lui in precedenza consegnato al B. in pagamento di alcune prestazioni professionali.

In tal modo lo G. avrebbe da un lato coscientemente e volontariamente contratto con il B. un’obbligazione, essendo sicuro fin dall’inizio di non poterla adempiere; dall’altro avrebbe falsamente incolpato il B. di detenere un titolo di provenienza illecita. In tale quadro accusatorio non risulta che tutte le somme di danaro detenute dallo G. sui suoi conti correnti abbiano una contiguità con i due reati a lui contestati così immediata e diretta da giustificare la grave e drastica misura cautelare in esame, in quanto trattasi di somme di danaro facenti parte del proprio patrimonio personale, per le quali è alquanto sforzato ritenere che abbiano una diretta attinenza con detti reati.

L’ordinanza del Tribunale di Prato va pertanto annullata, con trasmissione degli atti al medesimo Tribunale, in composizione diversa, affinchè esamini nuovamente la richiesta di riesame, formulata ex art. 322 c.p.p. dal G., tenendo presente che, in relazione ai capi d’imputazione elevati a carico dello G., non sussistono le condizioni previste dall’art. 321 c.p.p., comma 1 per far luogo al sequestro preventivo di tutte indiscriminatamente le somme di danaro contenute sui conti correnti bancari, di cui lo G. sia titolare.

Non si esamina il motivo di ricorso sub 2), siccome evidentemente assorbito.

P.Q.M.

la Corte annulla l’impugnata ordinanza e dispone che gli atti siano trasmessi al Tribunale di Prato per nuovo esame.

Redazione