Corte di Cassazione Civile sez. V 6/6/2009 n. 13038; Pres. Cappabianca A.

Redazione 06/06/09
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FATTO E DIRITTO

Premesso:

– che il contribuente – avvocato – presentò istanza di rimborso dell’irap pagata per gli anni dal 1998 al 2002 e propose, quindi, ricorso sul silenzio – rifiuto conseguentemente formatosi;

– che l’adita commissione provinciale accolse il ricorso, rilevando che il contribuente svolgeva la propria attività "senza un’apprezzabile struttura organizzativa, considerati i sussidi strumentali a disposizione";

– che, in esito all’appello dell’Ufficio, la decisione di primo grado fu, tuttavia, riformata, dalla commissione regionale, la cui decisione, nel suo nucleo essenziale, risulta così testualmente motivata: "esaminata attentamente la documentazione prodotta dalla parte ricorrente questa commissione ha ritenuto la sussistenza del presupposto impositivo stabilito dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 47, art. 2, atteso che tali elementi reddituali non lasciano dubbi in ordine al convincimento che l’attività professionale del resistente in codesto grado di giudizio sia stata svolta abitualmente, professionalmente, con autonoma organizzazione per cui in modo rilevante ai fini della produzione di un reddito diverso da quello di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, (T.U.I.R.) e rientrante tra quelli di cui all’art. 51, del citato T.U.I.R., e cioè nel campo del reddito di impresa e, conclusivamente, nel campo dell’imposizione IRAP. Non è pensabile che si possa prescindere da una organizzazione non solo non minima ma anche quanto meno ben strutturata per essere in grado di produrre i redditi indicati nei modelli unici presentati dal ricorrente, odierno appellato";

rilevato:

– che, avverso la decisione di appello, il contribuente ha proposto ricorso in cassazione, deducendo: a) nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., posto che l’appello dell’Ufficio tendeva ad affermare l’assoggettabilità ad irap dell’attività professione tout court ed indipendentemente dalla ricorrenza del requisito dell’autonoma organizzazione; violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione;

– che l’Agenzia delle entrate non si è costituita;

osservato:

– che, coinvolgendo l’appello dell’Agenzia il tema dei presupposti per l’imposizione irap e del relativo accertamento, la decisione impugnata non è incorsa in ultrapetizione e conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c.;

osservato inoltre:

– che, in tema di irap, questa Corte ha puntualizzato: che, alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte costituzionale nella sentenza 156/01, l’attività di lavoro autonomo, diversa dall’esercizio di impresa commerciale integra il presupposto impositivo dell’irap soltanto ove si svolga per mezzo di una attività autonomamente organizzata; che il requisito organizzativo rilevante ai fini considerati, il cui accertamento spetta al giudice di merito (con valutazione insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato), sussiste quando il contribuente, che sia responsabile dell’organizzazione e non sia inserito in strutture riferibili alla responsabilità altrui, eserciti l’attività di lavoro autonomo con l’impiego di beni strumentali, eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività autoorganizzata per il solo lavoro personale, o si avvalga, in modo non occasionale, del lavoro altrui; che è onere del contribuente, che chieda, il rimborso di detta imposta, allegare la prova dell’assenza delle condizioni costituenti il presupposto impositivo" (cfr. Cass. 3680/07, 3678/07, 3676/07, 3672/07);

considerato:

– che, fermo tale principio, la sentenza impugnata appare del tutto inadeguatamente motivata, posto che sembra affermare l’assoggettamento del professionista all’imposta contestata solo ed esclusivamente in funzione dell’entità del reddito prodotto, che costituisce elemento, di per sè, non decisivo;

ritenuto:

– che – alla luce degli indicati rilievi – il ricorso del contribuente, infondato, quanto al primo motivo, risulta manifestamente fondato in relazione agli altri congiuntamente valutati, sicchè, con riguardo a questi, va accolto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che la sentenza impugnata va, dunque, cassata, in relazione, con rinvio della controversia, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

P.Q.M.

la Corte: rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie gli altri; cassa, in relazione, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Redazione