Corte di Cassazione Civile sez. III 3/11/2008 n. 26422; Pres. Di Nanni L.F.

Redazione 03/11/08
Scarica PDF Stampa
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto 11 gennaio 2002 A.D. ha convenuto in giudizio innanzi al giudice di pace di Napoli la Planet Travel Italia s.r.l., chiedendo fosse dichiarata la nullità del contratto da esso istante concluso con la società convenuta il 18 giugno 2001 per difetto di forma scritta e degli altri requisiti di legge e, comunque, per inadempimento di questa, con condanna della stessa alla restituzione dell’acconto di L. un milione (Euro 516,46) oltre interessi dalla costituzione in mora.

Ha esposto l’attore che il 18 giugno 2001 si era recato presso la società convenuta al fine di prenotare un viaggio in (omissis) per tre persone, fornendo le indicazioni di massima sul periodo e sulle località da visitare e versando un acconto di L. un milione, come da richiesta di controparte.

Non essendo stata fornita dalla società convenuta alcuna informazione in ordine al viaggio o fornito alcun opuscolo informativo – ha riferito ancora l’attore – con lettera raccomandata 1 agosto 2001 esso istante aveva contestato alla Agenzia quanto sopra e chiesto, la restituzione dell’acconto, restituzione rifiutata sul rilievo che esisteva, tra le parti, un contratto scritto.

Costituitasi in giudizio la società convenuta ha resistito alla avversa pretesa, di cui ha dedotto la inammissibilità, improcedibilità nonchè la infondatezza, non essendo stati rispettati i termini di cui al contratto di viaggio prodotto in giudizio e facendo presente, comunque, da un lato, che l’attore era carente della capacità di agire, in quanto titolare solo di un terzo dell’anticipo reclamato in restituzione, dall’altro, che essa concludente era priva di legittimazione passiva, essendo la stessa semplice intermediario, posto che viaggio prenotato dall’attore era stato organizzato dalla Kuoni Gastaldi Tours s.p.a..

Svoltasi l’istruttoria del caso l’adito giudice, con sentenza 5 novembre 2004 ha rigettato la domanda.

Per la cassazione di tale ultima pronunzia, non notificata, ha proposto ricorso, con atto 2 dicembre 2005 A.D., affidato a quattro motivi.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede la intimata ********************** s.r.l..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Ha affermato il giudice a quo;

– come appare chiaramente dalla Scheda di iscrizione al viaggio, in atti, A.D., B.S. e L.M. hanno acquistato, il 18 giugno 2001, presso la Planet Travel Italia s.r.l. un viaggio in (omissis) organizzato dal Tour Operatore (omissis), come da catalogo (omissis), con partenza da (omissis) il (omissis) e rientro il (omissis), alle condizioni contrattuali di cui al citato catalogo che gli interessati hanno dato atto di avere preso visione;

– il costo del viaggio era in L. 2.477.000 per persona e per l’importo complessivo di L. 7.431.000 a fronte del quale è stato versato un acconto di L. un milione il (omissis), con l’impegno di versare il residuo entro il (omissis);

– la fattispecie integra un vero e proprio contratto di vendita di pacchetto turistico ai sensi del D.Lgs. 17 marzo 1995, art. 6;

– tale contratto anche se è stato sottoscritto da uno soltanto degli interessati – come per prassi in caso di viaggio acquistato da più persone insieme – e precisamente dal B., ciò è avvenuto alla presenza degli altri due contraenti, come risulta dalla prova testimoniale espletata e a conferma è la circostanza che l’acconto è stato interamente versato proprio dall’ A., anche per conto del B. e del L.;

l’acconto si configura come caparra ai sensi dell’art. 1385 c.c., i cui effetti di producono interamente, non ricorrendo le ipotesi previste dal D.Lgs. del 1995, art. 7, per cui, rilevata la chiara inadempienza di A.D., B.S. e L. M., che non hanno provveduto al versamento del saldo e che hanno disdettato il viaggio il (omissis) e cioè soltanto sei giorni prima della prevista partenza, l’acconto non può essere restituito ai contraenti inadempienti e all’attore che l’aveva materialmente versato;

– la domanda proposta, conclusivamente, deve essere rigettata.

2. Il ricorrente censura la riassunta sentenza con quattro motivi.

Motivi di ordine logico impongono di esaminare, con precedenza, rispetto ai primi tra motivi, il quarto, con il quale il ricorrente denunzia "violazione dell’art. 102 c.p.c. – Nullità del procedimento e della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 4)", per non essere stato integrato il contraddittorio nei confronti di L.M. e B.S..

Si osserva, infatti:

– l’originaria domanda dell’ A. non postulava la partecipazione al giudizio degli altri aspiranti partecipanti al viaggio, in quanto quella domanda era diretta in via principale alla declaratoria di nullità del contratto, stipulato verbalmente dal solo A. e dalla Planet Travel per difetto di forma e di alcuni requisiti essenziali previsti dalla legge;

– allorchè tuttavia nel processo si è affacciata la eccezione della convenuta secondo cui il contratto esisteva e era stato sottoscritto dal B. anche per conto degli altri si è profilata l’esigenza di integrare il contraddittorio, atteso che la sentenza ha ritenuto, con potenziale efficacia di giudicato, sostanzialmente valido e efficace il contratto, con violazione dell’art. 102 c.p.c..

3. L’assunto è manifestamente infondato.

Se la decisione – prevede l’art. 102 c.p.c. – non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo.

E palese che il potere-dovere del giudice di controllare d’ufficio il rispetto del principio del contraddittorio, deve essere esercitato esclusivamente con riferimento alle domande hinc inde sottoposte al suo giudizio, e non riguarda, eventuali eccezioni – ancorchè riconvenzionali – in ordine alle quali può pronunciarsi esclusivamente incidenter tantum (cfr. ad esempio, Cass. 16 marzo 2004, n. 5353).

Certo che nella specie – come ammette lo stesso ricorrente – la convenuta si è limitata a prospettare una serie di eccezioni, integranti mere difese, dirette a dimostrare la impossibilità che la domanda avversaria trovasse accoglimento senza formulare alcuna domanda riconvenzionale e che, nel rispetto dell’art. 112 c.p.c., il giudice a quo, dopo la opportuna qualificazione del contratto invocato dall’attore, si è limitato a "rigettare la domanda" proposta dall’ A., senza alcuna altra statuizione, suscettibile di passare in cosa giudicata, nei rapporti con i terzi L. e B., è palese che correttamente non è stata disposta la integrazione del contraddittorio nei confronti di questi ultimi, estranei alla lite.

4. Con i restanti motivi tutti intimamente connessi e da esaminare congiuntamente il ricorrente denunzia nell’ordine:

– da un lato, "violazione e superamento dei limite dei principi informatori della materia D.Lgs. n. 111 del 1995, ex artt. 6 e 7, in relazione agli artt. 1350, 1418 e 1350 c.c. (art. 113 c.p.c., art. 360 c.p.c., n. 3); violazione e superamento del limite dei principi informatori della materia ex art. 1392 c.c. (art. 113 c.p.c., art. 360 c.p.c., n. 3); violazione e superamento del limite dei principi informatori della materia ex art. 1469 quater c.c. (art. 113 c.p.c., art. 360 c.p.c., n. 3); radicale ed insanabile contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) (primo motivo;

– dall’altro "violazione e superamento del limite dei principi informatori della materia ex art. 1469 quinquies c.c., n. 3 (art. 113 c.p.c., art. 360 c.p.c., n. 3) (secondo motivo);

– da ultimo "violazione e superamento del limite dei principi informatori della materia ex art. 1469 bis c.c., n. 5 (art. 113 c.p.c., art. 360 c.p.c., n. 3) (terzo motivo).

5. Tutti tali motivi sono inammissibili.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

5.1. Il giudice di pace, nel pronunciare secondo equità ai sensi dell’art. 113 c.p.c., è tenuto al rispetto delle sole norme costituzionali e di quelle comunitarie, oltre alle norme regolatrici del processo, la cui violazione è sempre denunciabile.

Al di fuori di tali limiti, il giudizio equitativo del giudice di pace è insindacabile, salva l’applicabilità dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 360 c.p.c., n. 4, nei casi di inesistenza, perplessità o mera apparenza della motivazione, in quanto la valutazione equitativa deve pur sempre essere sorretta da ragioni in termini tali da consentire di seguire il processo logico adottato per pervenire ad essa.

Il vizio di motivazione, pertanto, rileva solo quando sia configurabile l’inesistenza della motivazione o una motivazione apparente o in contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, si da precludere l’identificazione della ratio decidendi, ovvero ancora una motivazione perplessa dalla quale non sia possibile stabilire la giustificazione di quanto posto a base della decisione.

Non sono quindi deducibili nei confronti delle sentenze pronunciate secondo equità le censure relative alla sufficienza ed alla correttezza della motivazione (Cass. 4 febbraio 2003, n. 1610).

Certo che nella specie – come evidenziato sopra – il giudice a quo ha ampiamente e analiticamente esposto le ragioni che lo hanno condotto al rigetto della domanda attrice è palese che deve escludesti che si sia – come si afferma nell’ultima parte del primo motivo – a fronte di una sentenza censurabile per vizio di motivazione (Cfr. Cass. 24 marzo 2006, n. 6593; Cass. 7 febbraio 2006, n. 2578).

Nè si ravvisa, nella parte motiva della sentenza, alcuna contraddizione solo perchè alcuni dettagli del viaggio (come si invoca apoditticamente in ricorso, sollecitando da parte di questa Corte regolatrice un nuovo giudizio di merito) sarebbero stati forniti dal tour operator solo successivamente alla sottoscrizione del contratto.

5.2. Le sentenze del giudice di pace in cause di valore non superiore a Euro 1100,00 come la presente) – ancora – sono impugnabili con ricorso per cassazione tra l’altro per violazione dei principi informatori della materia.

Pacifico quanto precede si osserva – in termini opposti rispetto a quanto del tutto apoditticamente invoca parte ricorrente – che il principio informatore della materia non è la regola individuata dal legislatore, ma il principio, cui lo stesso si è ispirato.

Deriva da quanto sopra che ai fini dell’ammissibilità di una censura sotto il detto profilo è necessario che il ricorso indichi con chiarezza e specificamente quale sia il principio che si assume violato, e come la regola equitativa, individuata dal giudice di pace, si ponga in contrasto con tale regola (Cass. 6 settembre 2007, n. 18815).

Il rispetto dei principi informatori della materia non vincola – infatti – il giudice di pace al rispetto di una regola ricavabile dal sistema, ma è soltanto un argine per evitare lo sconfinamento nell’arbitrio (e incombe, quindi, in capo al ricorrente indicare il principio eventualmente violato dalla regola equitativa enunciata) (Cass. 21 gennaio 2008, n. 1260).

Pacifico quanto precede è agevole osservare che nella specie parte ricorrente – in contrasto con i principi di diritto ricordati sopra – assume che tutte le disposizioni contenute nel D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 111, (ora abrogato) come anche tutte le norme codicistice richiamate nei vari motivi costituiscano "principi informatori della materia".

5.3. Contemporaneamente si evidenzia, che non solo il ricorrente si astiene dall’indicare quali siano le regole equitative poste dal giudice a quo a fondamento della sua pronunzia, ma omette di indicare, in termini comprensibili, perchè, e sotto quali profili le stesse abbiano violato i principi.

In altri termini, non identificandosi i principi informatori della materia con le regole normativamente fissate di un certo istituto, è palese a (norma dell’art. 366 c.p.c.), che in presenza di sentenza emessa secondo equità da il giudice di pace è inammissibile il motivo di ricorso per Cassazione con il quale si denunzi (peraltro nella specie, del tutto apoditticamente) che il giudice di pace non ha osservato tali norme positive, costituenti principi informatori della materia.

5.4. Anche a prescindere da quanto precede si osserva che tutte le censure svolte non investono in alcun modo la regola di equità di cui ha fatto applicazione nella specie il giudice di pace.

Quest’ultimo, in buona sostanza, senza in alcun modo contraddire le norme positive che a parere della parte ricorrente contengono principi informatori della materia assolutamente inderogabili da parte di una pronunzia di equità ex art. 113 c.p.c., comma 2, ha affermato che qualora più persone intendono effettuare, negli stessi giorni, una vacanza insieme, raggiungendo la stessa località e pernottando negli stessi alberghi, non concludono – come ora invoca il ricorrente – tanti contratti distinti, ma un unico contratto, acquistano, cioè un unico "pacchetto turistico", relativo a più persone, sì che deve escludersi che ogni partecipante al viaggio deve apporre la propria sottoscrizione al contratto e alle condizioni generali che lo regolano.

Nè pare – ancora – contrastare con i principi informatori della materia o con la disciplina positiva dei "servizi turistici" la circostanza che il contratto sia firmato da un soggetto mentre l’acconto per i servizi prenotati sia materialmente corrisposto da altro soggetto (nella specie, peraltro, particolarmente interessato al negozio posto che era un altro dei destinatari dei servizi prenotati).

5.5. Da ultimo, infine, non può tacersi che in linea di fatto – con un accertamento che è insindacabile in questa sede – il giudice di pace ha accertato la presenza di tutti coloro che erano interessati al l’unico pacchetto turistico in questione sia al momento in cui questo venne sottoscritto (come era sufficiente) da uno solo dei partecipanti al viaggio, sia in quello del pagamento dell’acconto.

5.6. Si afferma, ancora, specie nel primo motivo, che avrebbe dovuto partecipare al viaggio "il misterioso B.E.", mentre il contratto risulta sottoscritto da B.S..

La deduzione è inammissibile.

Non solo lo stesso attore ha sempre dichiarato sin dall’atto introduttivo del giudizio in primo grado che doveva partecipare al viaggio B.S. e non B.E., ma la circostanza è stata accertata, in linea di fatto, dal giudicante, sì che sono palesemente irrilevanti eventuali errori materiali contenuti nella "scheda" invocata.

Il tutto a prescindere dal considerare che con tale deduzione parte ricorrente non fa valere un vizio della sentenza impugnata deducibile come motivo di ricorso per cassazione, ma (eventualmente) un vizio revocatorio della sentenza impugnata.

6. Risultato infondato in ogni sua parte il proposto ricorso, in conclusione, deve rigettarsi.

Nessun provvedimento deve adottarsi in ordine alle spese di lite non avendo parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso;

nulla sulle spese di questo giudizio di legittimità.

Redazione