Corte di Cassazione Civile sez. III 2/11/2010 n. 22274

Redazione 02/11/10
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Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 28 febbraio 1990 S. C. conveniva, avanti al Tribunale di Rovigo, l’avvocato R.G., in proprio e quale erede del padre, avvocato L., chiedendo la condanna al risarcimento dei danni in conseguenza della negligente conduzione di una causa di lavoro inizialmente affidata al defunto difensore, cui era poi subentrato il convenuto: esponeva, in proposito, di avere impugnato il licenziamento a lei intimato dalla ditta Supermercati Orva s.n.c. in quanto, nell’esercizio delle mansioni di cassiera, era risultato un ammanco di L. 40.000.

Il Pretore di Rovigo, quale giudice del lavoro, disponeva la sospensione del procedimento, per la ravvisata pregiudizialità penale; il giudice penale dichiarava (con sentenza del 26 aprile 1979) non doversi procedere per mancanza di querela in ordine al reato di cui all’art. 647 c.p.; in data 30 marzo 1981 veniva anche archiviato il procedimento in relazione al reato di cui all’art. 646 c.p., e art. 61 c.p., n. 11.

In data 20 maggio 1983 la causa di lavoro veniva riassunta avanti al Pretore e quindi, in esito all’istruttoria, con sentenza 22 settembre 1987 veniva dichiarata l’estinzione del processo per essere esso stato riassunto oltre il termine di sei mesi dalla definizione della pregiudiziale penale.

Con sentenza del 6 maggio 1988 il Tribunale di Rovigo confermava la pronunzia del Pretore.

Con sentenza non definitiva de 25 maggio 1993 e definitiva del 6 agosto 2002 il Tribunale decideva la causa per responsabilità professionale del difensore, condannando lo stesso avv. R. G. in proprio e quale erede del padre L., al risarcimento del danno, liquidato in Euro 368.727,49 oltre rivalutazione e interessi.

La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 5 ottobre 2005 accoglieva l’appello incidentale dell’avv. R. e rigettava la domanda della S., compensando le spese; riteneva che trattandosi di credito prescrivibile in dieci anni, la causa patrocinata dall’avv. R. avrebbe potuto essere affidata dalla S. ad un diverso difensore una volta cessato il rapporto professionale (ottobre 1989) prima della maturazione del termine di prescrizione (nel 1993).

Propone ricorso per cassazione S.C. con due motivi.

Resiste con controricorso R.G., che ha anche proposto ricorso incidentale condizionato.

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.; il controricorrente ha depositato anche note di udienza ai sensi dell’art. 379 c.p.c., u.c..

Motivi della decisione
I ricorsi debbono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., poichè riguardano impugnazioni della stessa sentenza.

Con il primo motivo di ricorso, la S. denuncia la violazione degli artt. 2935, 2938, 2943, 2945, 2966 e 1442 c.c., in relazione alla L. n. 604 del 1966, art. 6; con il secondo motivo denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Ambedue i motivi sono riferiti alla pronunzia della Corte d’Appello che aveva erroneamente ritenuto applicabile alla pretesa creditoria della S. la prescrizione ordinaria decennale, mentre in realtà sarebbe prevista quella quinquennale di cui all’art. 1442 c.c., come da costante giurisprudenza ampiamente richiamata.

La censura è fondata. Questa Corte ha costantemente ritenuto che "Una volta osservato il termine previsto dalla L. n. 604 del 1966, art. 6, con l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento, la successiva azione giudiziale di annullamento del licenziamento illegittimo può essere proposta nel termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 1442 c.c., senza che tale termine possa restare idoneamente interrotto dal compimento di una diversa attività" (oltre alle numerose sentenze già citate in ricorso, si vedano tra le sentenze più recenti: Cass. 1 dicembre 2008 n. 28514;

Cass. 13 dicembre 2005 n. 27428). La tesi sostenuta dalla sentenza impugnata, seconda la quale il termine di prescrizione sarebbe quello ordinario decennale non può dunque essere seguita, con la conseguenza che la stessa sentenza deve essere cassata con rinvio, apparendo necessario valutare nuovamente gli elementi di responsabilità addebitati agli avv.ti R. (padre e figlio) in relazione alla colpevole inerzia nella conduzione della causa di lavoro loro affidata.

L’avv. R. ha proposto ricorso incidentale condizionato, denunciando la omessa pronunzia della corte d’Appello in relazione alla pretesa responsabilità professionale del difensore, avuto riguardo alla mancata comunicazione alla parte della definizione del processo penale e quindi la mancata individuazione del termine iniziale per la riassunzione del processo avanti al Pretore del lavoro.

Anche tale aspetto risulta assorbito dall’accoglimento del ricorso principale, apparendo necessario un nuovo esame dell’intera vicenda, tenuto conto della cassazione sopra disposta.

Le spese del presente giudizio di cassazione saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, riunisce i ricorsi: accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte df Appello di Venezia in diversa composizione.

Redazione