Corte di Cassazione Civile sez. III 17/9/2008 n. 23747; Pres. Preden R.

Redazione 17/09/08
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto 3 novembre 1997 N.G. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Venezia, il Comune di Venezia.

L’attore, premesso di condurre in locazione un appartamento ad uso abitativo sito in (omissis), in forza di contratto stipulato con B.A. nel gennaio 1992, e che la proprietà dell’immobile era pervenuta in successione a B. G.F., che con contratto 11 luglio 1997 aveva alienato il bene de quo, assieme ad altri immobili, al Comune di Venezia, senza mettere i conduttori in condizione di esercitare il diritto di prelazione previsto dalla L. 8 novembre 1991, n. 360, art. 3, (così come prorogato fino al 31 dicembre 1997 dalla L. n. 206 del 1995, sulla base di decreti ministeriali la cui legittimità era indiscutibile per effetto della L. n. 240 del 1997, art. 1, ter), ha dichiarato che intendeva esercitare il diritto di riscatto ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 39, (richiamato dalle citate L. n. 360 del 1991, e L. n. 206 del 1995).

Tutto ciò premesso l’attore ha chiesto venisse dichiarato l’acquisto, in suo favore, della proprietà dell’immobile, dichiarandosi pronto a versare il prezzo da quantificare a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio, nei termini di legge.

Costituitosi in giudizio il convenuto ha resistito alla avversa pretesa.

Ha eccepito, infatti, il comune convenuto, la insussistenza del diritto di prelazione sia per la illegittimità dei decreti ministeriali di proroga della normativa speciale invocata, sia perchè si era a fronte a una vendita in blocco che aveva riguardato l’alienazione dell’intero compendio immobiliare, nel suo complesso (in cui era inserito l’appartamento oggetto di controversia), costituente un unicum sotto il profilo strutturale e funzionale.

Svoltasi la istruttoria del caso il Tribunale di Venezia, con sentenza 19 – 23 gennaio 2001, disattesa la eccezione di in operatività della disposizione di cui alla L. n. 360 del 1991, art. 3, ha rigettato la domanda attrice sul rilievo che alla luce delle risultanze della CTU doveva escludersi la individualità dell’immobile condotto dall’attore, rispetto al complesso immobiliare contestualmente alienato alla amministrazione convenuta.

Gravata tale pronunzia dal soccombente N., la Corte di appello di Venezia, con sentenza 14 luglio – 25 agosto 2004 ha rigettato il gravame, con condanna dell’appellante al pagamento delle spese del grado.

Per la cassazione di tale ultima pronunzia ha proposto ricorso D.L., quale unica erede del defunto N.G., affidato a tre motivi e illustrato da memoria.

Resiste, con controricorso il comune di Venezia.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il diritto di prelazione e di riscatto previsto dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38 e 39, disposizioni alla stregua delle quali va regolata la presente fattispecie, atteso l’espresso rinvio a detta normativa operata dalla norma di cui alla L. 8 novembre 1991, n. 360, art. 3, comma 2, ha osservato la sentenza ora oggetto di ricorso per cassazione, non trova applicazione non solo nella ipotesi di vendita in blocco dell’intero edificio nel quale sia ricompressa la unità immobiliare locata, ma anche nel caso di vendita di beni astrattamente suscettibili di alienazione separata e tuttavia considerati dalle parti nel contratto di compravendita un unico oggetto, dotato come tale di propria identità funzionale e strutturale.

Premesso quanto sopra e precisato, altresì, che incombe a chi invoca la prelazione dare la prova della sussistenza del rivendicato diritto di prelazione e non alle parti che la contrastano dimostrare la ricorrenza dei presupposti che escludono la insorgenza di tale diritto, quei Giudici hanno osservato che nella specie, la volontà negoziale delle parti del contratto di compravendita rispetto al quale l’appellante ha esercitato il retratto fosse quella di trattare unitariamente la vendita di una pluralità di unità immobiliari e non quella di un surrettizio accorpamento di detta pluralità al fine di vanificare il diritto di prelazione del conduttore, appare manifesto ed incontrovertibile.

Infatti, con unico, atto, rogato dal notaro ******** di Venezia in data 11 luglio 1997, i consorti B. hanno alienato al Comune di Venezia l’intero compendio immobiliare ad essi pervenuto per atto 19 dicembre 1985 di assegnazione dei beni ai soci dalla società dei (omissis) e Malibran Spa, compendio costituito da unità immobiliari tutte inserite ed incuneate "in zone del complesso teatrale di difficile separazione sia architettonica che strutturale" ed acquistate dal Comune in perseguimento delle finalità della Legge Speciale per Venezia n 798 del 1984, e successive modificazioni, al palesato fine di poter eseguire gli interventi di manutenzione straordinaria e di adeguamento del teatro Malibran, acquistato dal Comune di Venezia.

Nell’anno 1991, nonchè per un parziale ampliamento dello stesso.

Alla luce dei dati di cui sopra – ed al di la delle ulteriori allegazioni dell’ente appellato circa la necessità di disporre dei nuovi spazi, assicurati dall’accorpamento dell’unità immobiliare in questione da utilizzare per finalità accessorie all’attività teatrale vera e propria – ha concluso la propria indagine il Giudice a quijbus deve escludersi che le varie unità immobiliari, per quanto suscettibili di alienazione separata, siano state, nella vendita, tra loro collegate in modo fittizio, giacchè, viceversa, tale collegamento trovava giustificazione nell’originaria composizione, delle unità vendute e della restante proprietà del Comune acquirente, in una struttura organica e funzionalmente unitaria (teatro Malibran).

2. Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata denunziando "violazione dell’art. 2909 c.c.".

Assume, in particolare, la ricorrente che il Tribunale di Venezia, pur respingendo la domanda attrice, ha affermato che "il diritto di prelazione o riscatto di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38 e 39, non spetta al conduttore nel caso di vendita in blocco di più unità immobiliari, quando risulti inequivocabillmente, con riferimento a fattori di carattere obiettivo, che gli immobili posti in vendita, tra cui quello locato, siano strutturalmente e funzionalmente coordinati in modo da costituire un unicum, un’entità patrimoniale distinta e diversa dal bene oggetto della locazione".

Tale punto della sentenza – osserva la ricorrente – non è stato impugnato da nessuna delle parti, sicchè è passato in giudicato, per cui in questa situazione la Corte d’Appello non poteva affermare, in contrasto con il giudicato, che ai fini della esclusione della sussistenza del diritto di prelazione il dato costituito dalla volontà negoziale, quale emergente dal contratto di vendita, in ordine ali oggetto di questa non necessiterebbe di trovare verifica e conferma in dati ogget-tivi ed estranei al contratto.

3. L’assunto, per più profili inammissibile, per altri manifestamente infondato, non può trovare accoglimento.

3. 1. Giusta quanto in molteplici occasioni affermato da una giurisprudenza pressochè costante di questa Corte regolatrice, la formazione del giudicato parziale per acquiescenza, ai sensi dell’art. 329 c.p.c., comma 2, postula che la sentenza consti di più capi completamente autonomi, sicchè ciascuno di essi conservi efficacia precettiva, anche se gli altri vengano meno.

In particolare la mancata impugnazione di alcune statuizioni di una sentenza importa acquiescenza a esse, con conseguente formazione del giudicato interno parziale sul punto.

La formazione del giudicato, per contro, deve escludersi nella ipotesi in cui le suddette statuizioni non sono autonome, nel senso che non potrebbero conservare la loro efficacia precettiva, se dovessero venire meno, a seguito della impugnazione, le altre statuizioni della medesima sentenza (recentemente, in termini, ad esempio, Cass. 10 settembre 2007, n. 19001).

In altri termini, costituisce capo autonomo della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato anche interno, quello che risolve una questione controversa, avente una propria individualità ed autonomia, sì da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente.

La suddetta autonomia non solo manca nelle mere argomentazioni, ma anche quando si verte in tema di valutazione di un presupposto necessario di fatto che, unitamente ad altri, concorre a formare un capo unico della decisione (Cass. 16 gennaio 2006, n. 726. Sempre nello stesso senso, tra le altre, Cass. 27 maggio 2005, n. 11318, nonchè Cass. 23 dicembre 2003, n. 19679).

********, in diritto, i principi sopra riferiti e pacifico, ancora, in linea di fatto, che nella specie come invoca lo stesso ricorrente, cfr. pp. 4 – 5 del ricorso dedicato alla descrizione dello svolgimento dei precedenti gradi del giudizio il tribunale ha rigettato la domanda attrice motivando che alla luce delle risultanze della ctu doveva escludesi l’individualità dell’immobile dell’attore rispetto al complesso immobiliare contestualmente alienato alla amministrazione convenuta è palese non esiste, nella sentenza del primo giudice alcuna autonoma statuizione suscettibile, perchè non impugnata, di passare in cosa giudicata.

3.2. Anche a prescindere da quanto precede, sempre in termini opposti rispetto a quanto invoca parte ricorrente, si osserva che giusta la testuale previsione di cui all’art. 100 c.p.c., da cui totalmente prescinde parte ricorrente – solo la parte "soccombente" ha interesse a gravare la sentenza.

Nella specie, poichè il comune di Venezia aveva visto accogliere – dal Giudice di primo grado – le proprie difese, con rigetto della domanda attrice, è di palmare evidenza che l’espressione sopra trascritta priva, come osservato sopra di qualsiasi autonomia.

Rispetto al decisimi non poteva – doveva essere oggetto di lino specifico motivo di appello (ancorchè incidentale).

3.3. Da ultimo, infine, e concludendo sul punto si osserva che il giudicato interno, nel giudizio di merito, non può formarsi altro che sulla statuizione avente ad oggetto, congiuntamente, le decisioni sull’esistenza di un fatto, l’esistenza di una norma e l’idoneità del fatto a produrre, in base alla norma, l’effetto da questa previsto, rimanendo, pertanto, esclusa la ravvisabilità della sua formazione sul fatto opposto a quello accertato dal Giudice (Cass. 20 dicembre 2006 n. 27196).

Certo quanto sopra, certo che nella specie il tribunale ha rigettato la domanda attrice, appunto ritenendo la inesistenza delle condizioni volute dalla legge perchè potesse affermarsi il diritto dell’attore a esercitare la prelazione (e il correlato diritto di riscatto) quanto all’immobile dallo stesso condotto in locazione, è palese che nessun giudicato può essersi formato a sostegno degli assunti dello stesso attore.

4. Con il secondo e il terzo motivo – intimamente connessi e da esaminare congiuntamente – la ricorrente denunzia, nell’ordine:

– da un lato, "violazione – falsa applicazione della L. n. 392 del 1987, artt. 38 e 39, L. 27 luglio 1978, n. 392, con riferimento alla nozione di vendita cumulativa escludente il diritto di prelazione", atteso che l’affermazione della corte di appello, secondo cui ai fini della configurabilità di una vendita cumulativa sarebbe sufficiente la volontà delle parti di considerare unitariamente i beni compravenduti, rimanendo del tutto irrilevante l’esistenza di un oggettivo collegamento è profondamente errata e contraddetta dalla stessa giurisprudenza di legittimità richiamata nella sentenza impugnata secondo motivo;

– dall’altro "omessa – insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia – anche con riferimento alla normativa in materia di espropriazione per pubblico interesse – riguardanti la configurabilità della vendita degli immobili de quibus quale vendita cumulativa in relazione alla necessità da parte del Comune di Venezia di disporre dell’intero complesso anche ai fini della esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria e di adeguamento del teatro Malibran alle norme di sicurezza", atteso che nè l’esigenza di effettuare i lavori di manutenzione straordinaria del teatro Malibran con adeguamento alle norme di sicurezza, nè l’esigenza di procedere all’ampliamento del teatro disponendo di tutti gli immobili facenti parte dell’isolato possono consentire di considerare la vendita oggetto di controversia come cumulativa. Tale esigenze, infatti, si assume, potevano giustificare l’assunzione da parte del Comune di provvedimenti autoritativi, compreso se del caso l’esproprio per pubblico interesse, ma non certo l’utilizzo improprio dell’istituto della vendita cumulativa, stravolgendone i presupposti terzo motivo.

5. Entrambi i riassunti motivi sono infondati.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

5.1. In tema di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello d’abitazione e in margine al diritto alla prelazione ed al riscatto previsti dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 38 e 39, la giurisprudenza di questa Corte regolatrice è consolidata nell’affermare che i detti diritti di prelazione e riscatto non sorgono in favore del conduttore di immobile destinato a uso diverso da quello di abitazione qualora la alienazione a terzi riguardi, alternativamente, o l’intero edificio nel quale si trova l’immobile locato o una parte dello stabile medesimo costituente un complesso unitario, con individualità propria diversa da quella della singola unità locata (c.d. vendita in blocco), mentre sussistono in presenza della vendita a terzi di più unità immobiliare, ancorchè, per ipotesi, nello stesso corpo di fabbrica, ma non strutturalmente omogenei nè funzionalmente coordinati (c.d. vendita cumulativa), (In questo senso, ad esempio, tra le tantissime, Cass. 20 dicembre 2007, n. 26981).

5.2. Premesso quanto sopra si osservarla giurisprudenza di questa Corte mentre, a quel che risulti, non ha mai dubitato che in caso di vendita in blocco di tutto l’edificio (cioè da cielo a terra) in cui è collocato l’immobile non destinato a abitazione il conduttore di questo non ha il diritto di prelazione e di riscatto di cui alla L. n. 392 del 1978, artt. 38 e 39, non è univoca in caso di vendita in blocco che riguardi una porzione dell’edificio costituente un complesso unitario, con individualità propria diversa da quella della singola unità locata.

Pur affermandosi, infatti, ripetutamente, che qualora la vendita abbia ad oggetto soltanto alcune delle unità immobiliari che fanno parte dell’unico edifico, ciascuna dotata di una propria autonomia, per stabilire se sussiste il diritto di prelazione ed il conseguente diritto di riscatto del conduttore di una o più unità comprese nella vendita e locate ad uso di attività di commercio, occorre accertare se l’oggetto della compravendita, considerato nel suo complesso, costituisca o meno un compendio immobiliare che, nello stato in cui si trova, sia dotato di una propria individualità giuridica e strutturale, oggettiva ed effettiva, diversi sono i criteri – indicati dalla giurisprudenza di questa Corte – cui deve attenersi il giudice al fine dell’ accertamento in questione.

5.2.1. Si è affermato, infatti, in diverse occasioni, che la vendita in blocco di più immobili, idonea a escludere il diritto di prelazione in questione – a favore del conduttore di immobile non abitativo – si verifica quando la vendita riguarda una pluralità di immobili, compreso quello locato, che in base ad elementi di natura oggettiva risultino strutturalmente e funzionalmente collegati in modo da costituire un’entità patrimoniale diversa dalle singole componenti, mentre si verte nell’ipotesi di mera vendita cumulativa – in relaziona alla quale spetta al conduttore il diritto di prelazione o il riscatto – quando gli immobili posti in vendita, anche se con atto unico ed a prezzo complessivo, conservino la loro individualità e formino oggetto di distinti trasferimenti sebbene occasionalmente collegati (Cass. 29 settembre 2005, n. 19152).

Deriva, da quanto precede, che al detto fine di accertare, cioè se si è in presenza di una vendita in blocco piuttosto che a una vendita cumulativa:

non è sufficiente che la vendita concerna tutti gli immobili di cui il locatore sia proprietario in un più ampio complesso (Cass. 20 settembre 2006, n. 20329);

– restano irrilevanti sia il vantaggio derivante al locatore dal maggior prezzo dell’alienazione congiunta ad un unico acquirente, sia il proposito di quest’ultimo di unificare i beni successivamente all’acquisto (Cass. 20 settembre 2006, n. 20329, cit.; Cass. 14 maggio 2001, n. 6641; Cass. 19 ottobre 1998, n. 10340);

– il Giudice di merito deve accertare se in relazione ai beni venduti – considerati nel loro complesso – sia configurabile un unicum, cioè un complesso immobiliare che, nello stato in cui si trova al tempo della denuntiatio o, in mancanza di questa, del trasferimento, sia dotato di una propria oggettiva ed effettiva individualità strutturale e funzionale, tale da non essere oggettivamente frazionabile in distinti trasferimenti delle singole porzioni di fabbricato (Cass. 26 settembre 2005, n. 18784, analogamente, sulla necessità di una oggettiva individualità strutturale e funzionale del complesso venduto, Cass. 14 gennaio 2005, n. 682, nonchè, tra le altre, Cass. 4 febbraio 2004, n. 2069; Cass. 20 aprile 2001, n. 5913;

Cass. 21 febbraio 2001, n. 2511; Cass. 15 gennaio 2001, n. 502);

– deve accertarsi se l’oggetto del contratto sia unico, sia, cioè, un complesso immobiliare dotato di una propria individualità giuridico – strutturale, o se contenga tanti atti di disposizione per quanti sono gli immobili, sia, cioè, un atto traslativo ad oggetto plurimo, attesto che mentre nel primo caso la prelazione ed il riscatto devono essere esclusi per le stesse ragioni per le quali lo sono nella vendita in blocco (in quanto oggetto del trasferimento è un bene che ha una configurazione sua propria, che lo rende diverso dall’immobile locato), nel secondo devono essere riconosciuti, poichè realizzano le finalità dell’accorpamento aziendale perseguito dalla legge (Cass. 14 gennaio 2005, n. 682);

– è fatta salva – in ogni caso – l’ulteriore e diversa prova, a carico del conduttore, dell’intento fraudolento delle parti di eludere il suo diritto di prelazione tramite l’aggregazione surrettizia di altri beni a quello locato (Cass. 26 settembre 2005, n. 18784, cit.; Cass. 4 febbraio 2004, n. 2069, cit.).

5.2.2. A tale giurisprudenza se ne contrappone altra alla luce della quale le disposizioni di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38 e 39, sul diritto di prelazione e di riscatto del conduttore, in caso di trasferimento a titolo oneroso del bene concesso in godimento per uso non abitativo, integrano una limitazione del potere dispositivo del proprietario – locatore, che è espressamente subordinata al presupposto dell’identità dell’immobile locato con quello venduto e che pertanto non sussiste nell’ipotesi di vendita in blocco dell’intero stabile o di vendita cumulativa di più unità immobiliari (tra cui l’immobile locato), sempre che risulti accertato, in concreto ed in base a fattori di carattere oggettivo, che i vari beni siano stati considerati strutturalmente e funzionalmente coordinati tra loro, sì da costituire un’entità patrimoniale diversa dalle singole componenti, con esclusione altresì di ogni intento fraudolento di eludere i diritti del conduttore tramite il surrettizio aggregamento di altri beni a quello locato (Cass. 1 agosto 1991, n. 8469).

Quindi, atteso che il diritto di prelazione previsto dalla L. artt. 38 e 39, sull’equo canone a favore del conduttore di immobile non abitativo presuppone l’identità dell’immobile locato con quello venduto e perciò non trova applicazione nell’ipotesi di vendita in blocco di più immobili, a condizione che i vari beni siano considerati strutturalmente e funzionalmente coordinati fra loro sì da costituire un’entità patrimoniale diversa dalle singole componenti e non si verta.

Invece, nell’ipotesi di mera vendita cumulativa, ancorchè con unico atto di trasferimento, di più beni funzionalmente distinti (Cass. 20 aprile 2001, n. 5913. Tra le altre, nel senso che la prelazione del conduttore non trova applicazione nell’ipotesi di vendita in blocco di più immobili semprechè i vari beni vengano considerati strutturalmente e funzionalmente coordinati fra loro sì da costituire un’entità patrimoniale diversa dalle singole componenti, Cass. 30 maggio 1996, n. 5009, Cass. 1 agosto 1991, n. 8469).

Si afferma, pertanto, che in caso di vendita di un complesso di beni al fine di stabilire se debba essere riconosciuto il diritto di prelazione e di riscatto del conduttore di una di tali unità comprese nella vendita, deve accertarsi se l’oggetto del contratto sia unico, sia, cioè, un complesso immobiliare dotato di una propria individualità giuridico – strutturale, o se contenga tanti atti di disposizione per quanti sono gli immobili, sia, cioè, un atto traslativo ad oggetto plurimo, atteso che mentre nel primo caso la prelazione ed il riscatto devono essere esclusi per le stesse ragioni per le quali lo sono nella vendita in blocco, in quanto oggetto del trasferimento è un bene che ha una configurazione sua propria, che lo rende diverso dall’immobile locato), nel secondo devono essere riconosciuti, poichè realizzano le finalità dell’accorpamento aziendale perseguito dalla legge (Cass. 21 maggio 1999, n. 4956). In altri termini, alla luce di tale parzialmente diversa rispetto a quella ricordata sopra giurisprudenza, il diritto di prelazione o di riscatto in discussione, a favore del conduttore di immobile non abitativo presuppone l’identità dell’immobile locato con quello venduto e perciò non trova applicazione non soltanto nell’ipotesi di vendita in blocco dell’intero edificio nel quale sia compresa l’unità immobiliare locata, ma anche nel caso di vendita di beni astrattamente suscettibili di alienazione separata e tuttavia considerati dalle parti del contratto di compravendita come un unico oggetto, dotato come tale di una propria identità funzionale e strutturale (Cass. 29 ottobre 2001, n. 13420).

5.3. Precisato quanto sopra ritiene la Corte che la giurisprudenza ricordata all’inizio – e che presuppone, perchè sia escluso il diritto di prelazione del conduttore, che la vendita riguardi una pluralità di immobili, compreso quello locato, che in base ad elementi di natura oggettiva risultino strutturalmente e funzionalmente collegati in modo da costituire un’entità patrimoniale diversa dalle singole componenti non meriti conferma.

Infatti:

– tutte le norme che prevedono – in presenza di una cessione a titolo oneroso – ex lege il diritto di prelazione e di riscatto in favore di un terzo ed. soggetto protetto comportano una limitazione del diritto di proprietà, costituzionalmente garantito (art. 42 Cost., comma 2), che non può esser sacrificato oltre i casi previsti normativamente (Cass. 3 febbraio 1998, n. 1090; Cass. 16 marzo 1991, n. 2830, tra le tantissime);

– è palese, per l’effetto, che dette disposizioni – e, per l’effetto, anche la previsione contenuta, per gli immobili adibiti a abitazione siti nel comune di Venezia nella L. 8 novembre 1991, n. 350, art. 3, comma 2, in quanto apportanti speciali limitazioni al diritto di proprietà contemplano un numero chiuso di situazioni soggettive protette e, in quanto eccezionali, ai sensi dell’art. 14 preleggi, non possono trovare applicazione oltre i casi espressamente previsti (cfr. Cass. 1 aprile 2003, n. 4914);

– presupposto, fondamentale, perchè sorga il diritto di prelazione (e il correlato diritto di riscatto) di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 38, (e al successivo cit. L. art. 39) è che esista perfetta identità oggettiva, tra il bene venduto e quello condotto in locazione;

– tale identità, pertanto, viene meno ogni qualvolta la vendita riguarda una pluralità di immobili;

– in una tale eventualità – cessione con un unico atto o con più atti collegati ad uno stesso soggetto – di una pluralità di unità immobiliari, tra cui quella oggetto del contratto di locazione, occorre distinguere a seconda che si sia a fronte a una vendita in blocco (che esclude il sorgere, in capo al conduttore, del diritto di prelazione), o – piuttosto, a una vendita cumulativa (la quale è irrilevante al fine dell’esercizio del diritto di prelazione, limitatamente al bene oggetto del contratto di locazione);

– perchè si abbia vendita in blocco non è indispensabile che la vendita stessa riguardi un intero edificio (da cielo a terra) nel quale è compreso quello locato, ma è sufficiente che i vari beni ceduti, tra loro confinanti, costituiscano un unicum e siano venduti (o promessi in vendita) non come una pluralità di immobili, casualmente appartenenti a un unico proprietario e ceduti (o cedendi) a un soggetto diverso da colui che conduce in locazione per uso diverso da quello della abitazione uno di questi, ma come un complesso unitario e costituente un quid diverso dalla mera somma delle singole unità immobiliari – a tale riguardo l’indagine del Giudice del merito non deve essere condotta – come affermato dalla precedente giurisprudenza di questa Corte, ricordata sopra – solo sulla base della situazione oggettiva, di fatto, esistente al momento della vendita (o della denuntiatio) si che si ha vendita in blocco qualora i vari beni unitariamente ceduti siano dotati di una propria oggettiva ed effettiva individualità strutturale e funzionale, tale da non essere oggettivamente frazionabile in distinti trasferimenti delle singole porzioni di fabbricato;

– in realtà il Giudice non può prescindere da quello che è il tenore del contratto di vendita (o del preliminare), nonchè – in considerazione delle circostanze del caso concreto di altri eventuali contratti che, seppure intervenuti tra soggetti parzialmente diversi possano dirsi collegati al primo – e sulla base di questo apprezzare se le parti hanno, o meno, considerato la vendita dei vari cespiti come la vendita – ripetesi anche, eventualmente per motivi soggettivi – di un complesso unitario non frazionabile;

– sotto tale specifico profilo si osserva, infatti, che l’art. 1316 c.c., dichiarando indivisibile la obbligazione quando la prestazione abbia per oggetto una cosa o un atto che non è suscettibile di divisione per sua natura o per il modo in cui è stato considerato dalle parti contraenti, ha inteso sottoporre ad una disciplina unitaria sia l’obbligazione oggettivamente indivisibile, tale, cioè, in ragione dell’utilità oggettiva e della funzione economico – sociale propria della cosa o del fatto che il debitore è tenuto a prestare al creditore, sia l’obbligazione soggettivamente indivisibile, caratterizzata dall’impossibilità di frazionamento in più parti della cosa o del fatto, in dipendenza di una particolare pattuizione, esplicita o implicita, che: abbia attribuito un vincolo di indissolubilità alla utilità connessa al bene oggetto della obbligazione (Cfr. Cass., 25 maggio 1983, n. 3622);

– conseguentemente, in entrambe le ipotesi, come non è concepibile la risoluzione parziale del contratto, per l’impossibilità che residui l’obbligo del debitore ad una prestazione avente ad oggetto una parte del bene originario, sebbene ad essa inerisca un’utilità cui il creditore non ha più alcun interesse (Cass., 25 maggio 1983, n. 3622, cit.), analogamente deve escludersi la possibilità di un riscatto parziale L. n. 392 del 1978, ex art. 39;

– al fine di accertare se sussiste – in concreto -in dipendenza di una particolare pattuizione, esplicita o implicita, un vincolo di indissolubilità alla utilità connessa al bene oggetto della obbligazione, deve essere adeguatamente tenuta presente, altresì, sia la circostanza che l’alienante riesca a ottenere, vendendo tutti i beni di cui è proprietario nello stesso complesso un maggior corrispettivo, sia – ancora – quella che è la intenzione dell’ acquirente (o del promittente acquirente) di impiegare tutti i beni acquistati per una utilizzazione che ne imponga l’accorpamento (si supponga, ad esempio, la eventualità che una pluralità di locali adibiti a distinti, autonomi, esercizi commerciali, voglia essere acquistata per la realizzazione di una grande struttura di vendita, a norma del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, art. 9);

– a tale riguardo è insostenibile quanto in alcune occasioni affermato da questa Corte regolatrice, allorchè si è affermato, da un lato, che è irrilevante, al fine di escludere il sorgere del diritto di prelazione, il maggior prezzo ottenuto (o in tesi ottenibile) dal proprietario dalla alienazione congiunta ad un unico acquirente dei vari suoi immobili, rispetto a quello inferiore conseguibile mediante una cessione frazionata al conduttore (e a terzi), dall’altro, che per accertare se si sia, o meno, a fronte a una vendita in blocco deve prescindersi dal proposito concretamente realizzabile sulla base della struttura dei beni venduti e alla luce della normativa in materia dell’acquirente di unificare i beni successivamente all’acquisto;

– per tale via infatti, infatti, a tutela dell’ interesse del conduttore dell’immobile destinato a uso non abitativo, non solo si pongono dei limiti secondo una opzione del legislatore certamente conforme al dettato costituzionale, cfr., ad esempio, C. cost. 5 maggio 1983, n. 128, nonchè C. cost. 30 gennaio 1986, n. 22 e C. cost. 23 dicembre 1987 alla facoltà del proprietario di immobili di scegliere l’acquirente di questi – ma si lede gravemente, da una parte, il diritto di proprietà dell’alienante, realizzando una – non prevista dalla legge – espropriazione, dall’altra, la libertà di iniziativa economica garantita dall’art. 41 Cost., comma 1;

– certo quanto sopra, certo che tra due possibili letture della norma, l’interprete deve scegliere quella che si presenta più conforme al dettato costituzionale, e che – comunque – dinanzi al contrasto interpretativo, ad anche ad una aporia del sistema, prima di dubitare della legittimità costituzionale della norma, occorre perseguire l’obiettivo di un’interpretazione costituzionale della stessa (Cass. 71 gennaio 2006, n 781; Cass. 22 ottobre 2002, n. 14900; C. cost. 12 marzo 1999, n. 65) è evidente l’insostenibilità della diversa tesi sostenuta nel passato;

– quanto precede, peraltro, non esclude, una volta accertata (o comunque, invocata in giudizio) la esistenza alla luce dei principi sopra esposti che si è a fronte a una vendita in blocco, con conseguente insussistenza del diritto di prelazione (e di riscatto) in capo al conduttore di un immobile destinato a uso diverso dalla, abitazione oggetto – unitamente a altri -della vendita, che detto conduttore deduca e dimostri, con ogni mezzo, la natura fittizia dell’operazione;

– spetta, in altri termini, al conduttore dare la prova che le parti hanno considerato i vari immobili ceduti come unità distinte, prive di qualsiasi elemento unificatore, hanno cioè inteso concludere una vendita cumulativa facendola, peraltro, apparire simulatamente come vendita in blocco al solo scopo di pregiudicare le aspettative di esso conduttore (come, ad esempio, nella eventualità il valore dei vari immobili ceduti sia identico sia nel caso gli stessi siano alienati in blocco o separatamente o la progettata futura, unitaria, destinazione dell’immobile del complesso sia impossibile, vuoi per motivi oggettivi (non essendo questa consentita dallo stato dei luoghi, o preclusa dagli strumenti urbanistici).

6. Essendosi i Giudici del merito puntualmente attenuti a principi di diritto sopra esposti (è rimasto, infatti, accertato che il Comune di Venezia ha acquistato l’appartamento per cui controversia, nonchè altri siti nello stesso stabile esclusivamente per perseguire le finalità della Legge Speciale per Venezia n. 798 del 1984, e, in particolare, al fine di realizzare interventi di manutenzione straordinaria e di adeguamento del teatro Malibran, già acquistato dallo stesso Comune a nell’anno 1991, nonchè per procedere a un parziale ampliamento del detto teatro) è evidente la infondatezza dei motivi in esame.

Ne, al riguardo, è rilevante che in tesi il Comune poteva pervenire stesso risultato conseguimento della disponibilità di tutto il complesso in cui è inserito il ricordato teatro Malibran ricorrendo a interventi di natura pubblicistica (espropriazione del complesso).

Non solo, infatti, non sussisteva – a carico del Comune – alcun obbligo di procedere in un senso o nell’altro, secondo scelte assolutamente discrezionali e non sindacabili in questa sede, ma – come sopra anticipato – ciò che rileva, al fine del decidere è esclusivamente l’accertamento se i consorti B. e il Comune i Venezia in occasione della stipula dell’atto 11 luglio 1997 hanno inteso, rispettivamente, alienare e acquistare gli immobili ivi descritti quali un unicum inscindibile (cioè realizzare una vendita in blocco), o, piuttosto, quale alienazione acquisto di più immobili autonomi (cioè porre in essere una vendita cumulativa).

Essendo rimasto accertato – e la circostanza non è in alcun modo contestabile, alla luce delle risultanze di causa – che il contratto 11 luglio 1997 è stato concluso per permettere la realizzazione, da parte del Comune di Venezia acquirente dei vari immobili di interventi di manutenzione straordinaria sia del complesso in quell’occasione oggetto di trasferimento, sia di altri immobili tutti inseriti in un più ampio complesso architettonico e strutturale di interesse storico architettonico è palese che correttamente i giudici a quibus hanno ritenuto che si fosse in presenza a una vendita in blocco, con conseguente inesistenza del diritto di prelazione del conduttore.

7. Risultato infondato in ogni sua parte, come anticipato, il proposto ricorso deve rigettarsi.

Atteso, alla luce delle considerazioni svolte sopra, l’intervenuto mutamento di giurisprudenza sulla questione specifica sussistono giusti motivi onde disporre, tra le parti, la totale compensazione delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte Rigetta il ricorso; compensa, tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Redazione