Corte di Cassazione Civile sez. III 13/5/2009 n. 11047; Pres. Varrone M.

Redazione 13/05/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il (omissis) sulla via (omissis) la moto suzuky 750 condotta da F.F. si scontrava con l’auto condotta da M.F. (assicurato Fondiaria); nell’incidente perdeva la vita il motociclista.

Con citazione F.G. (padre) e **** (sorella) convenivano dinanzi al Tribunale di Siena il conducente assicurato e l’assicuratrice e ne chiedevano la condanna in solido al risarcimento di tutti i danni, iure proprio e iure successionis.

Resistevano le controparti. Il tribunale di Siena; con sentenza 21 settembre 1998, in parziale accoglimento della domanda, accertava il pari concorso di colpa del motociclista e condannava le parti convenute alla rifusione in favore degli attori della somma di L. 81.957.360 oltre accessori ed alla rifusione delle spese di lite. La decisione era appellata dai F. in punto di concorso di colpa e in punto di liquidazione del danno morale, del danno da morte del congiunto, del danno patrimoniale parentale. Resistevano le controparti, ma restava contumace Mo.Al..

La Corte di appello di Firenze,con sentenza del 4 marzo 2003 così decideva:

accoglie in parte l’appello rideterminando la somma complessiva da corrispondere ai F. in Euro 49.888,37 oltre interessi legali su detta somma, come specificato in motivazione ed oltre agli interessi legali sulla somma di Euro 18.075,99 da calcolarsi sulla somma devalutata all’epoca del sinistro e rivalutata anno per anno in favore dei F., confermando nel resto la sentenza appellata; condanna gli appellati in solido alle spese del giudizio di appello. Contro la decisione ricorrono i F. deducendo quattro motivi di ricorso; non hanno resistito le controparti. Questa Corte ha disposto integrarsi il contraddittorio nei confronti di M.A. e R.R., litisconsorti necessari,quali eredi di M.F.. Tale adempimento risulta effettuato,ma gli eredi non si sono costituiti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso non merita accoglimento in ordine ai motivi dedotti.

Nel primo motivo si deduce "violazione e falsa applicazione, per quanto concerne il danno biologico subito da F.G. per la morte dei figlio F.F., in relazione all’art. 2043 c.c., e art. 32 Cost., anche in relazione alla sentenza n. 8828 del 2003 della Corte di Cassazione".

La tesi è che il danno biologico iure proprio andava liquidato come danno da perdita della vita di relazione, per la distruzione della unità familiare, mentre era stato liquidato soltanto come danno morale (ff. 6 e 7 del ricorso).

Il motivo non può trovare accoglimento anche dopo le sentenze delle Sezioni Unite civili nn. 26973 e 26974 che pure confermano ed integrano la sentenza n. 8828 del 2003. Ed in vero nel punto 2.13 del c.d. preambolo sistematico, le sezioni unite distinguono, nell’ambito della categoria generale del danno non patrimoniale, a fini descrittivi, sia l’ipotesi della lesione della salute come danno biologico, sia la diversa ipotesi di lesione dei diritti della famiglia costituente danno parentale. La domanda di risarcimento del danno biologico iure proprio, postula l’accertamento medico legale di tale danno subito dai parenti, essenzialmente come danno psichico. Tale domanda non risulta in alcun modo provata e pertanto non poteva essere accolta, neppure sotto il diverso profilo del danno parentale.

NEL secondo motivo si deduce ancora l’error in iudicando per la violazione degli artt. 1226 e 2056 c.c., sostenendosi che, in relazione alla gravità e dolorosità dell’evento di danno (la perdita di un figlio o di un fratello), la lesione del bene della salute dei parenti era in re ipsa (come danno evento), mentre la valutazione del danno non patrimoniale poteva essere data in via equitativa.

In senso contrario si osserva che le sezioni unite, nel preambolo citato, escludono tale ricostruzione, esigendo la prova, anche in via presuntiva, di tutti i danni conseguenza, patrimoniali e non patrimoniali. E dunque non sussiste alcun error in iudicando nei termini denunciati.

Nel terzo motivo si deduce error in iudicando e vizio della motivazione in ordine alla mancata liquidazione del pregiudizio economico del padre, per la perdita dei contributi economici del giovane figlio convivente, che percepiva uno stipendio di circa due milioni mensili (nel (omissis))(v. ff. 2 della motivazione).

Il danno patrimoniale da lucro cessante qui può essere dedotto in via presuntiva, ma la Corte di appello (ff. 3 e 4 della motivazione) ha rilevato la mancata deduzione di elementi di prova idonei, con un prudente apprezzamento non sindacabile in questa sede.

Parimenti infondato è il quarto motivo, riferito alla posizione della sorella F.P., atteso che dalla motivazione della sentenza (ff. 4) e dal dispositivo il danno appare liquidato con la indicazione di una somma complessiva, onde non sussiste l’error in procedendo per omessa pronuncia.

Nulla per le spese non avendo resistito le controparti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso,nulla per le spese.

Redazione