Corte di Cassazione Civile sez. III 1/12/2009 n. 25270; Pres. Di Nanni L.F.

Redazione 01/12/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Good Rock s.p.a. conveniva in giudizio il notaio *****, per ottenere la condanna dello stesso al risarcimento del danno che asseriva di aver subito a causa della sussistenza di un pignoramento sull’immobile da essa acquistato e del quale non era venuta a conoscenza perchè il notaio aveva omesso di effettuare le visure ipocatastali.

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 4 ottobre 2001, escludeva la responsabilità del notaio, rigettava la domanda e condannava l’attrice alla rifusione delle spese processuali.

Con atto di appello notificato il 7 novembre 2002, la ********* s.p.a. in persona del legale rappresentante, chiedeva la riforma della sentenza del Tribunale di Roma.

Il B., costituitosi in giudizio, resisteva all’appello chiedendone il rigetto.

Anche) la Sai resisteva all’appello.

La Corte territoriale osservava che l’appello non poteva essere accolto, dovendosi condividere la decisione della sentenza impugnata e rigettava quindi l’appello compensando le spese.

Proponeva ricorso per cassazione la ********* s.p.a. con tre motivi.

Resisteva con controricorso e proponeva ricorso incidentale con un unico motivo B.F..

La Good Rock s.p.a. resisteva con controricorso avverso il ricorso incidentale proposto da B.F..

MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi devono essere previamente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Per ragioni di priorità logico giuridica deve essere anzitutto esaminato il terzo motivo del ricorso principale con il quale si denuncia "Violazione e/o falsa o mancata applicazione dell’art. 2721 cod. civ., e segg. – Motivazione omessa o insufficiente su un punto decisivo della controversia, rilevato dall’odierna ricorrente (ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5)".

Osserva parte ricorrente che sia il giudice di primo grado, sia quello d’appello, hanno fondato la loro decisione sulla deposizione testimoniale di tale M., avente ad oggetto la circostanza che le parti del contratto di compravendita avevano esonerato il notaio B. dall’obbligo di effettuare le visure ipotecarie e catastali relative all’immobile venduto.

Tale testimonianza è considerata inammissibile da parte ricorrente, sia ai sensi dell’art. 2721 c.c., sia ai sensi dell’art. 2722 c.c..

Il motivo è infondato. Secondo la prima disposizione infatti l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite di Euro 2,58, ma il ricorrente il quale lamenta il mancato uso da parte del giudice di merito del potere discrezionale di derogare al limite di valore di cui all’art. 2721 c.c., ha l’onere di indicare le circostanze pretermesse dal giudice che reputa determinanti ai fini dell’ammissibilità del mezzo istruttorio (Cass., 18 ottobre 1999, n. 11695; Cass., 29 ottobre 2001, n. 13413). Tali circostanze non sono state invece indicate da parte ricorrente.

Non applicabile al caso in esame è anche la seconda disposizione in quanto il contratto di incarico professionale non risulta essere stato stipulato per iscritto e dunque la relativa deroga non doveva necessariamente essere attuata in tale forma.

Ritenuta legittima l’ammissione della prova, la valutazione della stessa è comunque rimessa al giudice di merito e non può essere sindacata in sede di legittimità. Sul punto la Corte d’appello ha comunque motivato in modo sintetico ma congruo.

Con i primi due motivi del ricorso principale, che per la loro stretta connessione devono essere congiuntamente esaminati, parte ricorrente rispettivamente denuncia: 1) "Violazione dell’art. 116, c.p.c., comma 1. Motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria su punti decisivi della controversia, rilevati dall’odierna ricorrente (ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5); 2) "Violazione e/o falsa o mancata applicazione degli artt. 1176 c.c., comma 2, e art. 1218 cod. civ. – Violazione di principi generali di diritto concernenti le modalità di manifestazione della volontà privata. – Violazione dell’art. 1229 cod. civ., comma 1. – Motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria su punti decisivi della controversia, rilevati dall’odierna ricorrente (ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5)".

Parte ricorrente critica la Corte d’appello per aver assunto come decisiva la deposizione del teste M. il quale dichiarò di "avere sentito che entrambe le parti avevano esonerato il notaio dall’incarico di eseguire le visure catastali e ipotecarie proprio in considerazione dell’urgenza di effettuare il trasferimento". E ravvisa nel ragionamento della Corte un salto logico e un’incongruenza perchè se le parti "esentarono" il notaio dalle visure "all’atto della stipula del definitivo", ciò costituisce la dimostrazione del fatto che il notaio stesso, al momento della redazione dell’atto pubblico, aveva già contravvenuto all’obbligo, a lui imposto dai canoni della diligenza professionale, di effettuare, prima della stipula, le visure. Nè, secondo, parte ricorrente, convince il tentativo della Corte d’appello di dare ragione della mancata effettuazione delle visure configurando un esonero implicito, poi ripetuto in sede di stipula.

Quella della Corte, secondo la ********* è una perciò una pura illazione, destituita di fondamento: l’esonero, anche qualora fosse stato voluto e dichiarato dalle parti espressamente, non avrebbe potuto produrre alcun effetto perchè l’attività del notaio è un’attività professionale che, come tale, deve svolgersi non secondo i canoni della diligenza media, bensì secondo quelli della diligenza c.d. qualificata, ai sensi dell’art. 1176 cod. civ., comma 2. La sua opera, quindi, non si limita "al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione nella compilazione dell’atto, ma si estende alle attività preparatorie e successive perchè sia assicurata la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto e del risultato pratico perseguito dalle parti.

Il motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte infatti, nel caso in cui un notaio sia stato richiesto della stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare privata autenticata e qualora vi sia stato espresso esonero del notaio, per concorde volontà delle parti, con una clausola inserita nella scrittura, dallo svolgimento delle attività accessorie e successive, necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e, in particolare, vi sia stato esonero dal compimento delle cosiddette "visure catastali" e ipotecarie allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà, deve escludersi l’esistenza della responsabilità professionale del notaio, in quanto tale clausola non può essere considerata meramente di stile essendo stata parte integrante del negozio. Ciò sempre che appaia giustificata da esigenze concrete delle parti e, come nella specie, da ragioni di urgenza di stipula dell’atto da esse addotto. Nè in tal caso rileva il c.d. "dovere di consiglio" relativo alla portata giuridica della clausola stessa, giacchè quest’ultima, implicando l’esonero da responsabilità del notaio, esclude la rilevanza di ogni spiegazione da parte del professionista (Cass., 16 marzo 2006, n. 5868).

E’ ben vero che nel caso in esame l’esonero del notaio B. dall’obbligo di effettuare le visure non è stato sancito in una clausola scritta, ma tale circostanza non rileva ai fini della responsabilità, non essendo la forma scritta necessaria per la validità della clausola in oggetto.

Tantomeno la suddetta clausola può essere considerata invalida ai sensi dell’art. 1229 cod. civ., comma 1, che commina la nullità dei patti che escludono o limitano la responsabilità del debitore quando questa è dovuta a colpa grave. La clausola de qua infatti non può essere considerata limitativa di responsabilità per dolo o colpa grave.

In conclusione, la Corte d’Appello ha correttamente ricostruito i fatti di causa e rilevato che il notaio B. era stato esonerato dall’effettuare le visure ipocatastali. Poichè tale esonero è legittimo ne deriva che nessuna responsabilità può essere configurata a carico dello stesso notaio.

Con il ricorso incidentale si denuncia "Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 91 e 92 c.c. – omessa insufficiente o contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5".

Il motivo verte sulla statuizione relativa alle spese ed in specie sulla compensazione delle stesse.

Attesa la soccombenza, si afferma, inevitabilmente ne doveva derivare – per una sorta di automatismo – la condanna a queste ultime. La causa del resto, sì aggiunge, non presentava difficoltà tali da giustificare una compensazione ai sensi del successivo art. 92 c.p.c., mentre non sono stati enucleati i " giusti motivi " di cui al secondo comma della predetta disposizione.

Il motivo è inammissibile, essendo facoltà del giudice di merito compensare le spese stesse con l’unico limite di non imputarle alla parte interamente vittoriosa.

Secondo questa Corte infatti, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese processuali. Nè il suddetto criterio può essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, non rilevando che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a lei favorevole. Con riferimento al regolamento delle spese il sindacato della Corte di cassazione è infatti limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi.

Per tutte le ragioni che precedono, riuniti i ricorsi, il ricorso principale deve essere rigettato mentre va dichiarato inammissibile l’incidentale con compensazione delle spese processuali in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Redazione