Corte di Cassazione Civile sez. II 24/12/2009 n. 27324

Redazione 24/12/09
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Non integra una decisione di merito, che abilita il giudice a rideterminare la sanzione applicabile, la valutazione che il giudice del merito deve fare allorquando l’opponente non sia comparso e l’amministrazione non abbia provveduto, ex articolo 23, comma 2 della legge 689 del 1981, a depositare la documentazione in suo possesso, giacché in tal caso, per effetto della mancata produzione dei documenti da parte dell’amministrazione opposta, difetta la prova della legittimità del provvedimento opposto, il quale quindi non può essere convalidato.

(omissis)
Con ordinanza depositata il (), il Giudice di pace di (), decidendo sul ricorso in opposizione proposto da () avverso il verbale di contravvenzione elevato dalla Polizia stradale di (), rilevato che l’opponente, nonostante la regolarità della notifica, non era comparso senza fornire alcuna giustificazione e, considerato che dalla documentazione allegata dal medesimo opponente non emergeva l’illegittimità dell’atto, convalidava il provvedimento e determinava la sanzione pecuniaria in euro ….
Per la cassazione di questo provvedimento ricorre il Ministero dell’interno;
L’intimato non ha svolto attività difensiva.
Con il primo motivo, il Ministero dell’interno deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 23 comma 5 della legge n. 689 del 24 novembre 1981 e articolo 204-bis comma 7 del codice della strada.
Il Giudice di pace ha esercitato un potere, quello di riduzione della sanzione al minimo edittale, che in sede di adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 23, comma 5, in caso di ingiustificata mancata comparizione dell’opponente alla prima udienza, non gli sarebbe consentito esercitare.
Il ricorrente formula quindi il seguente quesito di diritto: "se ai sensi dell’articolo 23 comma 5 della legge 689 del 1981 , qualora l’opponente non compaia alla prima udienza senza addurre un legittimo impedimento, il Giudice di pace possa convalidare il provvedimento impugnato riducendo però la sanzione pecuniaria al minimo edittale".
Con il secondo motivo, il Ministero denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., e degli artt. 22 e 23 della legge 689 del 1981, in relazione all’articolo 360  c. 4. cod. proc. civ. Il Giudice di pace ha esercitato il potere di riduzione della sanzione, previsto dall’articolo 204-bis comma 7 del codice della strada pur in mancanza di una specifica richiesta in tal senso da parte dell’opponente, che, in sede di opposizione, si era limitato a chiedere di "ridurre la sanzione alla sola pena pecuniaria". Formula quindi il seguente quesito di diritto: "se il Giudice di pace possa disporre la riduzione al minimo edittale della sanzione pecuniaria irrogata per una infrazione al codice della strada in mancanza di una specifica ed espressa domanda da parte dell’opponente".
Il ricorso è manifestamente fondato e merita quindi accoglimento.
Il provvedimento impugnato è stato, all’evidenza, adottato dal Giudice di pace ai sensi dell’articolo 23, comma 5 della legge 689 del 1981.
Prima che il decreto legislativo. n. 40 del 2006 rendesse appellabili anche i provvedimenti adottati a norma di tale disposizione, questa prevedeva che "se alla prima udienza l’opponente o il suo procuratore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza ricorribile per cassazione, convalida il provvedimento opposto, ponendo a carico dell’opponente anche le spese successive all’opposizione".
L’articolo 23, comma 5, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui prevedeva che il pretore convalidasse il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell’opponente o del suo procuratore alla prima udienza, senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l’illegittimità del provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall’opponente (Corte Cost. sent. n. 534 del 1990), e nella parte in cui prevedeva che il pretore convalidasse il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell’opponente o del suo procuratore alla prima udienza, senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l’amministrazione irrogante abbia omesso il deposito dei documenti di cui al comma 2 (Corte Cost. sent. n. 507/95).
L’adozione dell’ordinanza di cui all’articolo 23, comma 5 della legge 689 del 1981, postula dunque che il ricorso in opposizione venga tempestivamente presentato, che il giudice abbia individuato l’autorità nei confronti della quale instaurare il contraddittorio, che il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza siano stati notificati all’autorità opposta e che l’opponente non compaia senza addurre un legittimo impedimento, nei sensi prima indicati.
Risulta dunque evidente che, allorquando rilevi la mancata comparizione dell’opponente, questa non sia giustificata e concorrano le altre condizioni, il giudice può emettere solo una pronuncia di convalida del provvedimento opposto, restandogli preclusa ogni possibilità di intervenire sulla sanzione comminata dall’amministrazione, giacché un simile intervento presuppone che il giudice abbia esaminato, nel merito, le ragioni della opposizione e le abbia, quanto meno con riferimento al trattamento sanzionatorio in concreto applicato, ritenute fondate. Né a tal fine può ritenersi sufficiente la mera delibazione che il Giudice compia in ordine alla sussistenza delle condizioni per la convalida in caso di mancata comparizione dell’opponente, trattandosi, appunto, di valutazioni che dal giudice vengono effettuate al solo scopo di verificare che dalla documentazione allegata dall’opponente non emerga la palese illegittimità del provvedimento sanzionatorio, né integra una decisione di merito, che abilita il giudice a rimodulare la sanzione applicabile, la valutazione che il giudice del merito deve fare allorquando l’opponente non sia comparso e l’amministrazione non abbia provveduto, ex articolo 23, c. 2 della legge 689 del 1981, a depositare la documentazione in suo possesso, giacché in tal caso, per effetto della mancata produzione dei documenti da parte dell’amministrazione opposta, difetta la prova della legittimità del provvedimento opposto, il quale quindi non può essere convalidato.
Il ricorso va quindi accolto, con conseguente cassazione del provvedimento impugnato, nella parte in cui ridetermina l’entità della sanzione.
In applicazione del principio della soccombenza, l’intimato va condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

Per quanto motivato
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata nella parte in cui è rideterminata l’entità della sanzione.
(omissis)

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