Corte di Cassazione Civile sez. II 11/6/2009 n. 13625; Pres. Triola R.M.

Redazione 11/06/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell'(omissis) C.W.S., M.E. P., P.D.O. e S.R.F. con separati atti di citazione convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova il Ministero delle Finanze chiedendo il riconoscimento in proprio favore per maturata usucapione della proprietà di alcune abitazioni ubicate nella borgata (omissis), già Comune di (omissis), poi accorpata al comune di (omissis) e trasformata quindi in frazione di quella città.

Gli attori deducevano che da oltre venti anni si erano insediati in quella borgata occupandone gli immobili abbandonati a seguito di un terremoto che nel (omissis) aveva distrutto l’abitato costringendo i residenti ad abbandonarlo; aggiungevano che fin dagli anni ’60 vari artisti, tra i quali gli esponenti, si erano insediati in (omissis) costituendo la "Comunità Artistica Internazionale di (omissis)" della quale erano stati fondatori, ed avevano provveduto a ristrutturare varie abitazioni nel completo disinteresse dello Stato cui tramite l’Intendenza di Finanza di Imperia si erano rivolti nel (omissis) per chiedere l’autorizzazione a ristrutturare le case da tempo abbandonate e da essi già utilizzate da vari anni come abitazione.

Infine gli attori assumevano che nel (omissis) avevano attestato, ciascuno con atto notorio, di aver avuto il possesso esclusivo, pacifico, palese, continuo ed ininterrotto per più di venti anni dei suddetti immobili, riferivano inoltre dell’esistenza di diversi giudizi svoltisi dinanzi alle Commissioni Tributarie ed al TAR di Imperia al riguardo del loro possesso, e rilevavano che i beni in questione appartenevano al patrimonio disponibile dello Stato e che quindi come tali erano usucapibili.

L’Amministrazione finanziaria, costituendosi in giudizio, deduceva l’infondatezza della domanda attrice sia per difetto del decorso del termine ventennale (interrotto più volte con azioni stragiudiziali e con domande giudiziali proposte dinanzi al TAR), sia per essere stata abusiva l’occupazione posta in essere dalle controparti; in via riconvenzionale chiedeva il riconoscimento in capo allo Stato della proprietà degli immobili, il loro rilascio previa rimozione di ogni opera illegittimamente posta in essere e la condanna degli attori al pagamento di un indennizzo per la loro occupazione.

Riuniti i procedimenti ed integrato il contraddittorio nei confronti degli abitanti del Comune di (omissis) quali eredi o aventi causa degli abitanti già domiciliati nell’ex Comune di (omissis) (soggetti rimasti contumaci) il Tribunale adito con sentenza del 25.9.2000 rigettava la domanda attrice, accoglieva la domanda riconvenzionale del Ministero e, per l’effetto, dichiarava l’appartenenza allo Stato degli immobili occupati dei quali forniva analitica descrizione, condannava gli attori al rilascio di tali beni previa rimozione delle opere edilizie eseguite senza licenza – salve eventuali sanatorie – oltre al risarcimento dei danni da liquidarsi in prosieguo di giudizio, e con separata ordinanza provvedeva per l’ulteriore istruzione della lite.

Proposto gravame da parte del C., del M. del P. e dello S. cui resistevano l’Agenzia del Demanio ed il Ministero delle Finanze la Corte di Appello di Genova con sentenza del 25.2.2004 in parte ha dichiarato inammissibile ed in parte ha rigettato l’impugnazione.

Per la cassazione di tale sentenza il C. il M., il P. e lo S. hanno proposto un ricorso articolato in tre motivi; le parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per ragioni di ordine logico – giuridico occorre anzitutto esaminare il terzo motivo con il quale i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1158, 1163 e 1167 c.c., nonchè contraddittoria ed omessa motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver rigettato la domanda da essi proposta di accertamento dell’acquisto del diritto di proprietà sui beni per cui è causa per usucapione.

I ricorrenti deducono, quanto all’assunto del Giudice di Appello secondo cui essi sarebbero stati privi dell’"animus possidendi" allorchè avevano occupato sin dal 1960 alcuni ruderi siti nel vecchio (omissis), che in tal senso non poteva rilevare la circostanza che nel (omissis), dopo diversi anni dall’inizio dell’occupazione degli immobili, il Presidente della Comunità Artistica Internazionale di (omissis) quale "rappresentante" anche degli esponenti aveva fatto istanza al presunto proprietario, ovvero il Ministero delle Finanze, per ottenere il nullaosta per la costituzione di un "************************************" ed il permesso di ristrutturare dei locali per ospitare un centro culturale di artisti.

I ricorrenti rilevano l’erroneità di tale assunto, posto che l’"animus possidendi" deve essere valutato con riferimento ai comportamenti del singolo possessore, e non a quelli di un terzo che dichiara di proporre una certa istanza a nome di altri soggetti; in ogni caso la valenza attribuita alla suddetta istanza non era condivisibile, considerato che la consapevolezza dell’altruità del bene non comporta la qualifica del possessore come occupante abusivo.

I ricorrenti quindi sostengono di aver posseduto per tutto il tempo stabilito dalla legge i beni in questione "uti domini" e nella piena consapevolezza da parte di tutti coloro che potevano avere un interesse su tali immobili.

I ricorrenti sotto un diverso profilo poi censurano la sentenza impugnata per aver riconosciuto effetto interruttivo del decorso del termine per l’usucapione sia ad una ordinanza di sgombero del Sindaco di (omissis) del (omissis) sia a delle ordinanze di sgombero dell’Intendenza di Finanza dell'(omissis) ed alle difese sviluppate dall’Amministrazione dello Stato nei giudizi dinanzi al TAR della Liguria promossi dagli esponenti nei confronti di tali ordinanze di sgombero; essi rilevano che la prima ordinanza menzionata aveva avuto solo il fine di tutelare gli abitanti degli immobili da pericoli di caduta di macerie e massi, e che gli altri atti sopra richiamati erano inidonei ad avere efficacia interruttiva del termine utile per l’usucapione in base alle stesse pronunce della Corte di Cassazione citate dal Giudice di Appello.

La censura è fondata.

La Corte territoriale ha attribuito rilievo decisivo alla circostanza che, anche ad ammettere la sussistenza del necessario elemento psicologico ed a ritenere che il possesso – detenzione delle diverse unità abitative fosse iniziato nelle rispettive epoche riconosciute dal Giudice di primo grado, tuttavia tale relazione di fatto era stata interrotta nell’arco del ventennio necessario all’usucapione da atti della P.A. inequivocabili nei confronti degli occupanti, ovvero dalla menzionata ordinanza di sgombero del sindaco di (omissis) del (omissis) (da questi emessa nella sua qualità di ufficiale di governo con cui era stata ordinata l’evacuazione di persone e cose dai ruderi costituenti il vecchio abitato (omissis)), dalle richiamate ordinanze di sgombero dell’Intendenza di Finanza di Imperia notificate agli interessati nell'(omissis) nonchè dalle difese sviluppate dall’Amministrazione dello Stato nei giudizi dinanzi al TAR della Liguria promossi dagli appellanti nei confronti dei suddetti provvedimenti.

Tale convincimento non può essere condiviso.

Costituisce invero orientamento consolidato di questa Corte il principio secondo cui in tema di possesso ad usucapione, con il rinvio fatto dall’art. 1165 c.c., all’art. 2943 c.c., la legge elenca tassativamente gli atti interruttivi, cosicchè non è consentito attribuire efficacia interruttiva ad atti diversi da quelli stabiliti dalla norma da ultimo citata, per quanto con essi si sia inteso manifestare la volontà di conservare il diritto, giacchè la tipicità dei modi di interruzione della prescrizione non ammette equipollenti (Cass. 12.9.2000 n. 12024; Cass. 21.5.2001 n. 6910;

Cass. 1.4.2003 n. 4892); pertanto, non potendo riconoscersi efficacia interruttiva del possesso (oltre che ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, ipotesi pacificamente non ricorrente nella specie) se non ad atti giudiziali diretti ad ottenere "ope iudicis" la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapiente, deve escludersi in radice tale efficacia interruttiva ad altri atti come la diffida o la messa in mora o a quelli valorizzati dalla sentenza impugnata, a nulla rilevando in senso contrario che essi provengano da una P.A..

Conseguentemente in sede di rinvio occorrerà procedere ad un nuovo esame di tale profilo della controversia alla luce del principio di diritto ora enunciato.

Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 586 e 827 c.c., censurano la sentenza impugnata per aver condiviso la statuizione del Giudice di primo grado che aveva attribuito erroneamente allo Stato la titolarità degli immobili per cui è causa per successione ereditaria e che comunque aveva ritenuto che tali beni appartenessero allo Stato per essere vacanti.

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono omessa od insufficiente motivazione della sentenza impugnata sui presupposti per l’acquisto degli immobili in questione a titolo originario o a titolo derivativo da parte dello Stato.

Entrambi gli enunciati motivi restano assorbiti all’esito dell’accoglimento del terzo motivo di ricorso.

In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Genova.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Genova.

Redazione