Corte di Cassazione Civile sez. II 10/2/2009 n. 3245; Pres. Mensitieri A.

Redazione 10/02/09
Scarica PDF Stampa
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.F., proprietario di un appartamento in (omissis), con atto di citazione del 27.1.1989, convenne innanzi al Tribunale di Roma F.C. e P.S., proprietari degli altri due appartamenti esistenti nel fabbricato condominiale, per sentir dichiarare applicabile sia l’art. 1123 c.c., con obbligo dei condomini di partecipare alle spese di godimento e manutenzione delle parti comuni in misura proporzionale al valore di proprietà di ciascuno, sia, in mancanza di diversa convenzione, il regolamento di condominio "esistente ed accettato dalle parti", con le relative tabelle millesimali, in base alle quali provvedere alle spese dovute da ciascun condomino. Precisava l’attore che il F., venditore dell’appartamento ora di sua proprietà, si era impegnato, nell’atto, a depositare il regolamento condominiale, senza avere a tanto ottemperato; che il regolamento predisposto, con le modifiche apportate e con le tabelle millesimali annesse, era stato "adoperato di comune accordo", fino a che erano insorti contrasti sulla partecipazione alle spese, soprattutto di quelle relative alla pompa sommersa destinata all’approvvigionamento idrico e di quelle relative alle somme da corrispondere al Consorzio.

Nel giudizio intervenne Po.Is., moglie del B. e comproprietaria dell’appartamento.

Si costituì il P. che chiese la condanna del F. al pagamento delle spese da lui anticipate per la sostituzione della pompa sommersa e per il combustibile, oltre al risarcimento dei danni sofferti, avendo egli dovuto chiedere ospitalità per due mesi, col versamento di L. 700.000 al mese, ad una famiglia amica a causa della mancanza di acqua e di riscaldamento.

F.C. e la moglie di costui, in qualità di comproprietaria, si costituirono deducendo che le spese per il consumo dell’acqua erano state corrisposte in base alle quote millesimali, ovvero in parti uguali, nonostante essi ne avessero richiesto la ripartizione secondo "l’uso effettivo"; che anche le spese per l’energia elettrica erano state corrisposte in base alla alle tabelle millesimali; che non si era raggiunto un accordo sulla ripartizione delle spese di riscaldamento; che nulla, comunque, era da loro dovuto. Chiesero, pertanto, che la domanda fosse rigettata e, in subordine, chiesero che fosse ritenuto applicabile l’art. 1123 c.c., comma 2, per la ripartizione delle spese relative alle parti comuni destinate a servire i condomini in misura diversa, in esse comprese quelle per l’erogazione ed il consumo dell’acqua.

La causa, dopo la morte di F.C., venne riassunta nei confronti degli eredi C.A., F.E. e F. R.. Il Tribunale, accolse in prevalenza le domande attoree, dichiarando applicabili, a partire dalla domanda, il regolamento condominiale del 10.9.1981 e le tabelle millesimali redatte dal C.T.U.; disponendo l’installazione di contatori per misurare il consumo di acqua e condannando gli eredi del F. a rimborsare al B. ed al P. "gli importi gestionali" determinati dal Consulente contabile per il periodo 12.10.1986 – 12.10.1990, con gli – interessi legali.

Le sentenza venne appellata da C.A., **** e F.R. ed, in via incidentale, dai coniugi B.- Po. e dal P..

La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 3.3.1004: ha accolto per quanto di ragione l’appello principale e, per l’effetto, ha condannato gli appellanti al pagamento egli importi gestionali dal 27.1.1989 al 12.10.1990;

ha accolto parzialmente gli appelli incidentali e condannato gli appellanti principali, in solido, al pagamento delle spese delle consulenza tecniche disposte in primo grado;

con separata ordinanza ha disposto la prosecuzione del giudizio in ordine agli eventuali rimborsi di spese relativamente al periodo dal 12.10.1990 a tutto il 1993;

ha confermato nel resto la sentenza impugnata.

La Corte di Appello ha ritenuto:

– che nella specie era applicabile dell’art. 1123 c.c., comma 1, fatta eccezione per le spese di consumo dell’acqua (per le quali era stata disposta l’installazione dei contatori);

– che, non avendo il regolamento natura contrattuale, correttamente era stata richiesta nella citazione la redazione delle tabelle millesimali, poi predisposte dal C.T.U. e costituenti l’unica fonte di obblighi per i condomini;

– che il regolamento e le tabelle erano applicabili dalla data della domanda (27.1.1989) e che, pertanto, da tale data (e non dal 12.10.1986) erano dovuti dagli appellanti i rimborsi;

– che gli appellanti principali erano tenuti al rimborso delle spese anticipate dagli appellanti incidentali.

Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, C.A., F.E. e ***** Ha resistito con controricorso B.F..

Non hanno svolto attività difensiva P.I. e P. S..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo si denunziano violazione degli artt. 1138, 1429, 1442 e c.c., artt. 68 e 69 disp. att. c.c., nonchè omessa e contraddittoria motivazione. Si sostiene che il regolamento era di origine contrattuale e che preesisteva all’inizio dell’azione giudiziaria, come ammesso dallo stesso attore. Il regolamento era stato accettato ed applicato dalle parti per oltre sei anni; erano irrilevanti le ragioni in base alle quali la Corte di appello aveva negato il valore contrattuale del regolamento, che poteva essere impugnato solo per errore ai sensi dell’art. 1429 c.c., o per errore di calcolo; conseguentemente dovevano ritenersi accettate e vincolanti anche le tabelle allegate al regolamento del 1981, che il Tribunale, peraltro, aveva ritenuto applicabile; l’accordo che attribuisce valore cogente sia alle tabelle che al regolamento non abbisogna(va) di atto scritto e può (poteva) anche estrinsecarsi per facta concludentia, come era avvenuto nella specie in cui si era fatta applicazione costante, per oltre sette anni, del regolamento e delle tabelle predisposti dall’unico proprietario. Da ciò deriva(va) che la domanda relativa alla formulazione di nuove tabelle doveva essere apprezzata come una richiesta di revisione o, se del caso, di annullamento delle precedenti. La Corte di appello non aveva esaminato tali profili di diritto nè aveva tenuto conto che le tabelle originarie potevano essere impugnate solo per errore essenziale o di calcolo, con l’onere degli attorteti dimostrarne l’esistenza.

Il motivo è fondato nei sensi che appresso si diranno.

2. Esso contiene essenzialmente due censure:

2. a. La prima – che riguarda l’asserita esistenza di un regolamento contrattuale – non è fondata.

Il regolamento contrattuale trae origine o da un patto stipulato da tutti i condomini ovvero dalla accettazione contenuta nei singoli atti di acquisto dei piani o porzioni di piano del Regolamento predisposto dal venditore, unico originario proprietario.

Nella specie, a prescindere dalle caratteristiche e dai requisiti, taluni impropriamente richiesti dalla Corte di appello, la stessa Corte, per escludere l’esistenza di un regolamento contrattuale, ha correttamente rilevato l’insussistenza del requisito dell’accettazione nei "rispettivi rogiti" e la mancata approvazione assembleare. Non può, dunque, sostenersi l’esistenza di un regolamento contrattuale, con relative tabelle.

3. La seconda censura trae spunto dal secondo e dal terzo motivo di appello (come risultano enunciati a pag. 6, in fondo, della sentenza) concernenti la dedotta applicabilità del regolamento e delle tabelle originarie, vigenti già prima del giudizio.

Questo profilo di censura è, ad avviso del Collegio fondato.

4. Ed, invero, la Corte di Appello, pur dando atto dell’esistenza di precedenti tabelle, allegate a regolamento originario (che il Tribunale aveva ritenuto applicabile, senza che la sentenza di primo grado sia stata, sul punto, modificata), non ha dato adeguata e chiara ragione del perchè non le ha ritenute applicabili o del perchè non ha ritenuto applicabili i criteri di ripartizione delle spese adottati in precedenza, a prescindere dalle (dall’esistenza delle) tabelle millesimali, essendosi limitata ad affermare: a) che il regolamento non aveva carattere contrattuale; b) che, di conseguenza, bene avevano gli attori domandato nella redazione delle tabelle, poi predisposte dal C.T.U.". E’ palese la insussistenza di un rapporto di consequenzialità logica tra le due affermazioni.

5. Il giudice di primo grado, inoltre, aveva ritenuto applicabile il regolamento del 1981 (cfr. sent. pag. 5) e la Corte di appello, pur in assenza di gravame sul punto, ha spostato in avanti (al 1989) la vigenza anche del regolamento attribuendo la fissazione di tale decorrenza al giudice di primo grado (che invece ne faceva risalire la vigenza al 1981) e contraddicendo quanto detto nella stessa pagina poco più sopra circa l’inesistenza di un (qualsivoglia) regolamento.

6. Nel caso di specie il problema non riguarda(va) tanto la vigenza del regolamento quanto quella delle tabelle millesimali. Ebbene, queste possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal primo, posto che l’allegazione di esse al regolamento rappresenta un dato meramente formale che non muta la diversa natura intrinseca dei due atti, non potendosi escludere che i condomini, in mancanza di un regolamento con annesse tabelle, possano, ai fini della ripartizione delle spese (di tutte o alcune di esse), accordarsi liberamente tra loro stabilendone i criteri, purchè sia rispettata la quota di spesa posta a carico di ciascun condomino e la quota di proprietà esclusiva di questi, essendo il criterio di ripartizione previsto dalla legge (art. 1123 c.c.) preesistente ed indipendente dalla formazione delle tabelle (Cass. 13505/99).

6.a. Del resto, la (pre)esistenza di tabelle millesimali non è necessaria per il funzionamento e la gestione del condominio, non solo ai fini della ripartizione delle spese ma neppure per la costituzione delle assemblee e la validità delle deliberazioni (Cass. 6202/98; 431/90; 5794/83), tanto più se si considera che la necessità del regolamento di condominio e delle annesse tabelle millesimali è obbligatoria (art. 1138 c.c., comma 1) solo per i condomini con più di dieci partecipanti (nella specie i condomini erano tre).

6.b. La Corte di Appello, inoltre, ha omesso di tener conto del principio secondo cui la formazione delle tabelle millesimali e la loro modifica (tranne il caso di tabelle millesimali allegate ad un regolamento contrattuale) non necessita di forma scritta ad substantiam (Cass. 1057/1985) ed è desumibile anche da facta concludentia, quali il costante pagamento per più anni delle quote millesimali secondo criteri prestabiliti, in vece della formale approvazione (Cass. 3251/98; 4814/94; 529/95), fatta salva la possibilità del singolo condomino di impugnare la ripartizione delle spese quando questa non rispetti i criteri dettati dalla legge, per essere divergenti il valore della quota considerato ai fini della spesa e quello reale del bene in proprietà esclusiva (Cass. 1057/85 cit.; Cass. 13505/99).

7. In definitiva, il giudice di rinvio dovrà stabilire se, prima della formazione giudiziale delle tabelle, i pagamenti delle spese condominiali pregresse siano avvenuti in base a tabelle approvate anche per fatti concludenti o a criteri di ripartizione comunque corretti, perchè conformi alle quote di proprietà, ed accettati.

Solo dopo tale preventivo accertamento, potrà stabilire la decorrenza delle nuove tabelle e la sussistenza e decorrenza di eventuali diritti a rimborsi.

8. Restano, pertanto, assorbiti il secondo ed il terzo motivo che tale tematica affrontano.

9. Conclusivamente la sentenza, in accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, del primo motivo, va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo ed il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Redazione