Ritardata consegna dell’immobile e danno da perdita di chance

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Ai sensi dell’art. 1591 c.c., il conduttore in mora nella restituzione della cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno.

L’art. 1591 c.c., quindi, assicura al locatore danneggiato dalla ritardata restituzione, una liquidazione automatica del danno, incentrata sulla presunzione secondo cui esso deve essere almeno pari al canone precedentemente pagato. In altre parole il conduttore che continua ad occupare l’immobile dopo la cessazione del contratto non adempie l’obbligazione di dare il corrispettivo nei termini convenuti bensì risarcisce un danno da mora, così adempiendo un’obbligazione risarcitoria che si sostituisce a quella contrattuale di pagamento del canone. Nell’ipotesi di riconsegna dell’immobile oltre il termine contrattualmente pattuito però il locatore potrebbe subire anche un danno da perdita di chance. Si è posto così il problema di stabilire se l’impossibilità di locare a terzi un’immobile, per effetto della sola tardiva disponibilità dello stesso bene locato, conseguente ad un comportamento illecito del conduttore, sia automaticamente configurabile. Questa tesi è sostenuta da una parte della giurisprudenza secondo cui nel caso di occupazione illegittima di un immobile il danno subito dal proprietario è “in re ipsa”, discendendo sia dalla perdita della disponibilità del bene (la cui natura è normalmente fruttifera), sia dalla impossibilità di conseguire l’utilità da esso ricavabile; per tale tesi il danno in questione, quindi, costituirebbe una presunzione “iuris tantum”; di conseguenza si ritiene che la liquidazione possa essere operata dal giudice sulla base di presunzioni semplici, con riferimento al cd. danno figurativo, quale il valore locativo del bene usurpato (Cass. civ., sez. III, 09/08/2016, n. 16670).

Il contrasto giurisprudenziale

L’orientamento precedente si pone in contrasto sia con l’insegnamento delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972) secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l’ulteriore e più recente intervento della Cassazione (Cass. civ., Sez. Un., 05/07/2017, n. 16601) che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l’ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell’art. 23 Cost. Indubbiamente il soggetto il quale chieda il ristoro del danno in questione, può avvalersi di presunzioni per assolvere all’onus probandi ex art. 2697 c.c. dovendo tuttavia contestualmente allegare e dimostrare anche la sussistenza di elementi e circostanze fattuali idonee a fondare le suddette presunzioni, secondo cui, dalla perdita egli abbia tratto un concreto pregiudizio economico, perché, in tale ottica, ad essere presunto è soltanto il “danno” non anche la relativa “prova” dello stesso

Il nuovo orientamento

La più recente giurisprudenza nega in radice la configurabilità di un danno figurativo in re ipsa; in particolare il danno da perdita di chance, per non avere potuto il proprietario di un’immobile concederlo in locazione a terzi a causa del mancato funzionamento dell’impianto fognario, non consiste nella perdita di un vantaggio economico ma nella possibilità di conseguirlo, ragione per cui tale forma di danno da un lato, consegue solo dalla perdita di disponibilità del bene da parte del proprietario, e, dall’altro, non è in re ipsa, dovendo essere deve allegato e provato sia nell’an che nel quantum, sia pure sulla scorta di presunzioni riguardanti l’effettiva potenzialità reddituale dell’immobile, per effetto della pregressa redditività dello stesso cespite (App. Bari 23 ottobre 2019 n. 2204). Concludere diversamente significherebbe equiparare il danno risarcibile ai sensi dell’articolo 1591 c.c ad un danno implicito, ossia non necessitante di prova, il che, come detto, è assolutamente contrario alla giurisprudenza di legittimità più recente. Del resto l’essenza di tale danno è rappresentata da una condizione di insuperabile incertezza dell’evento; di conseguenza il locatore dovrà dimostrare, con ogni mezzo, e, quindi, anche per presunzioni, l’esistenza di una concreta lesione del suo patrimonio in relazione alle condizioni dell’immobile, alla sua ubicazione e alle possibilità di una specifica attuale utilizzazione, nonché all’esistenza di soggetti seriamente disposti ad assicurarsene il godimento dietro corrispettivo.

Se la prova del danno è data, anche per presunzioni, allora il danno sarà risarcibile nella sua pienezza; se tale prova non c’è, il danno non potrà essere risarcito perché non sussiste, nemmeno come sua anticipata proiezione in termini di chance (Cass. civ., sez. III, 07/10/2021, n. 27287). In ogni caso il risarcimento dovuto al locatore in conseguenza della indisponibilità dell’immobile durante il periodo occorrente per i lavori di restauro, non costituisce un danno in re ipsa. In effetti, il periodo necessario per i lavori di restauro, è equiparato dalla giurisprudenza di legittimità alla ritardata restituzione dell’immobile, con la conseguenza che spetterà, per tale periodo, al proprietario “il corrispettivo convenuto”, ai sensi dell’art. 1591 c.c., salva la prova del maggior danno, che grava sul locatore (Cass. civ., sez. III, 08/03/2019, n. 6596).

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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