Consiglio di Stato sez. V 11/5/2009 n. 2869; Pres. Iannotta R.

Redazione 11/05/09
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FATTO E DIRITTO

1. E’ impugnata l’epigrafata sentenza del TAR Bologna con la quale è stato rigettato l’originario ricorso prodotto dalla odierna associazione appellante avverso un diniego tacito di accesso opposto dalla intimata AUSL; detto diniego si è formato, per inutile decorso dello spatium deliberandi, sulla richiesta ostensiva articolata dalla ricorrente associazione avente ad oggetto la documentazione relativa agli indirizzi privati dei soggetti sottoposti a visita medica dalla Commissione Sanitaria preposta alla verifica del loro stato di invalidità civile.
Deduce l’appellante l’erroneità della gravata pronuncia, per avere la stessa illegittimamente considerato alla stregua di una dato ultra-sensibile, come tale non ostensibile nella prospettiva dell’art. 60 dell d.lgs. 196/03 recante il <Codice in materia di protezione dei dati personali>, quello inerente l’indirizzo privato dei soggetti scrutinati dalla predetta Commissione sanitaria, pervenendo in tal modo alla conclusione della non accessibilità di quel dato, in difetto di espresso consenso da parte dei diretti interessati. Di qui i motivi di impugnativa e la richiesta di riforma della impugnata decisione, con consequenziale ordine alla intimata AUSL di esibire alla associazione ricorrente, in uno agli elenchi dei nominativi dei soggetti scrutinati dalla Commissione invalidi, anche gli indirizzi completi di costoro.

2. Si è costituita in giudizio la Azienda sanitaria intimata per resistere al gravame e per chiederne la reiezione.
Alla udienza camerale del 9 gennaio 2009 la causa è passata in decisione.

3. L’appello è fondato e va accolto.
Con unico articolato motivo di gravame l’associazione appellante si duole della erroneità della sentenza dei primi giudici, nella parte in cui la stessa ha confermato la determinazione negativa tacitamente formatasi, ex art. 25 comma 4 L. 241/90, sulla istanza di accesso, prodotta a suo tempo da essa appellante, in relazione alla documentazione amministrativa rappresentata dagli elenchi completi (comprensivi dei relativi indirizzi privati) dei soggetti scrutinati dalla <Commissione sanitaria invalidi>. L’appellante si sofferma in particolare a stigmatizzare il contenuto contraddittorio ed erroneo sul piano giuridico della decisione negativa gravata, lì dove la stessa, pur dopo aver riconosciuto la titolarità, in capo alla associazione appellante, di poteri inerenti la tutela giuridica degli interessi dei mutilati e degli invalidi civili, anche se non associati, e dopo aver ricordato l’obbligo di legge – art. 8 della L. 118 del 30 marzo 1971 – inerente la comunicazione dell’elenco dei soggetti scrutinati dalla Commissione sanitaria competente in favore della predetta associazione, ha nondimeno concluso del tutto illogicamente per la inaccessibilità ai dati contenenti gli indirizzi privati dei soggetti scrutinati; e ciò sul presupposto, nella prospettiva dell’appellante del tutto erroneo e fuorviante, che gli stessi sarebbero da ascrivere a quel novero, espressamente contemplato dall’ art. 60 del d.lgs. 196/03, di dati cosiddetti ultrasensibili, in quanto capaci nello specifico a disvelare lo stato di salute degli interessati e, per tal guisa, indisponibili senza il loro consenso, se non nel concorso delle particolari condizioni di legge legittimanti il trattamento.

4. La censura è fondata.
Come lamentato dall’ appellante, non correttamente il giudice di prima istanza perviene alla conclusione della non accessibilità da parte della ricorrente associazione ai dati riguardanti gli indirizzi privati dei soggetti scrutinati in sede di visita medica dalla competente Commissione Invalidi Civili, pur in costanza di una espressa disposizione di legge – art. 8 L. 118 del 30 marzo 1971 – che espressamente onera la segreteria della predetta Commissione di comunicare alla Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili l’elenco dei nominativi dei soggetti sottoposti a visita medica.
La impugnata pronuncIa, pur muovendo dal decisivo rilievo dell’ esistenza del ricordato obbligo di legge circa la trasmissione alla associazione ricorrente degli elenchi dei soggetti sottoposti a visita medica, perviene poi alla contraddittoria conclusione secondo cui da detti elenchi correttamente sarebbero stati stralciati gli indirizzi degli interessati, a tutela del loro diritto alla riservatezza in relazione a dati particolarmente sensibili in quanto afferenti la sfera della salute.
Ma la conclusione appare incongrua.
E’ infatti agevole osservare che i dati contenenti informazioni sullo stato di salute degli interessati sono certamente quelli desumibili dai verbali relativi alle visite mediche effettuate dalla predetta Commissione (nella parte in cui riportano gli esiti degli accertamenti diagnostici) in congiunzione con quelli desumibili dagli stessi elenchi nominativi dei soggetti esaminati; ma tale documentazione deve essere, come detto, trasmessa ope legis alla Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili, affinchè detta associazione possa assumere ogni utile iniziativa a tutela anche dei non iscritti. Invero è il legislatore – con scelta di per sé non irragionevolmente sacrificativa di valori costituzionalmente rilevanti – ad aver compiuto ex ante il bilanciamento tra gli opposti interessi in gioco ( in particolare, tra il potenziale interesse di ciascun soggetto scrutinato all’assoluto riserbo riguardo a notizie ed informazioni relative al proprio stato di salute rispetto all’interesse ad un rafforzamento della protezione giuridica delle posizioni facenti capo ai soggetti scrutinati dalla predetta Commissione, una volta che i risultati delle indagini diagnostiche e degli accertamenti sullo stato di invalidità vengono trasmessi ope legis ad una associazione che tutela istituzionalmente i diritti degli invalidi). Pertanto sarebbe vano – se non nella non creduta prospettiva di una questione di legittimità costituzionale della disposizione normativa recante il suddetto onere partecipativo – sollevare questioni giuridiche riguardo alla indiscriminata accessibilità a quei dati da parte di un soggetto terzo (quale appunto la odierna associazione), anche a prescindere dall’espresso consenso degli interessati.
Ma proprio in forza di tale ultima ragione non avrebbe senso limitare quantitativamente il flusso delle informazioni di cui la ricorrente associazione è naturale attributaria in vista del perseguimento delle ricordate finalità istituzionali, escludendo che dal suo ambito vengano ricomprese anche le indicazioni relative agli indirizzi privati dei soggetti scrutinati dalla più volte citata Commissione sanitaria. E’ evidente, infatti, che il meccanismo legale di trasmigrazione delle predette informazioni è funzionale a facilitare i contatti tra la predetta associazione degli invalidi ed i soggetti (anche non iscritti) che, essendo stati sottoposti di recente a visita, potrebbero avere interesse, in relazione agli esiti attuali degli accertamenti diagnostici compiuti sulla loro persona, a tutelare le loro ragioni (e, ancor prima, a meglio comprenderne la consistenza), proprio in forza della intermediazione della associazione appellante. In tale prospettiva, espungere dall’elenco dei nominativi la sola parte contenente gli indirizzi privati dei soggetti interessati è operazione che risulta decisamente distonica rispetto alle stesse finalità dell’ onere partecipativo previsto dalla citata disposizione in favore della associazione appellante.

5. Né appar congrua e condivisibile, sotto concorrente ma distinto profilo, l’ascrizione degli indirizzi privati dei soggetti esaminati dalla Commissione medica a quel ristretto gruppo di dati presidiati dal particolare regime di tutela previsto art. 60 d.lgs. 196/03, sotto il profilo che quegli indirizzi sarebbero capaci di disvelare lo stato di salute degli interessati. Si è già osservato, infatti, che non sono certo gli indirizzi privati in sé a rivelare notizie attinenti la sfera della salute dei soggetti, ma piuttosto la documentazione relativa ai verbali delle visite mediche contenenti gli accertamenti diagnostici e le conclusioni sul grado di inabilità riscontrato a ciascun soggetto esaminato. Gli indirizzi sono soltanto funzionali a rendere più rapido il contatto tra l’associazione appellante che persegue per finalità statutarie la tutela dei diritti degli invalidi e questi ultimi soggetti, nella fase immediatamente susseguente gli accertamenti medici, particolarmente delicata in quanto involgente situazioni non definitivamente acclarate o comunque suscettibili di contestazione da parte di ciascun interessato. Per quanto detto, va consentito alla associazione appellante di accedere agli indirizzi privati dei soggetti esaminati nel corso delle visite mediche ad opera della competente Commissione sanitaria invalidi.

6. In conclusione, l’appello merita di essere accolto; per l’effetto, va ordinato alla Azienda USL di Bologna di esibire alla associazione ricorrente, nel termine di gg. 30 dalla notifica ovvero dalla comunicazione della presente decisione, l’elenco dei soggetti sottoposti all’ esame della Commissione Sanitaria Invalidi Civili nei mesi di marzo, aprile e maggio 2007, completo degli indirizzi privati dei soggetti medesimi.
Le spese del doppio grado di giudizio, in considerazione della particolarità della fattispecie trattata, possono essere integralmente compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. V), definitivamente pronunciando sull’ appello in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della gravata decisione, ordina alla Azienda UsI di Bologna di esibire alla associazione ricorrente la documentazione indicata in parte motiva nei termini e con le modalità ivi specificate.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso a Roma, in Palazzo Spada, nella Camera di Consiglio del 9 gennaio 2009

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