Consiglio di Stato sez. IV 24/3/2010 n. 1733

Redazione 24/03/10
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione.

– La sentenza in epigrafe ha accolto il ricorso di primo grado presentato per ottenere l’annullamento della determinazione in data 27 novembre 2003, con la quale il Comando Generale della Guardia di Finanza ha respinto l’istanza dell’odierno appellato per il trasferimento in via definitiva a Taranto (ovvero di proroga del trasferimento temporaneo presso il Comando Regionale Puglia -Compagnia di Taranto) e conseguentemente ha disposto la sua riassegnazione al Comando Regionale della Calabria.
Tale positivo esito è fondato essenzialmente sulla presenza delle condizioni prescritte dal comma 5 dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992, avuto riguardo all’ accertata gravità dell’hadicap portato della madre del ricorrente in primo grado e all’esclusività dell’assistenza prestata da quest’ultimo ad essa (considerata l’assenza di congiunti e affini in grado di portare assistenza).
L’Amministrazione ha proposto appello invocando, in larga misura, la ben nota giurisprudenza di questo Consesso in ordine ai presupposti per l’applicazione della norma predetta.
Parte appellata, con il primo degli scritti difensivi prodotti, ha replicato ponendosi sostanzialmente in linea con gli argomenti utilizzati dalla sentenza impugnata della quale ha chiesto la conferma.
Con breve memoria difensiva, la medesima parte appellata ha poi però chiesto che venga dichiarata l’improcedibilità per carenza sopravvenuta d’interesse dell’Amministrazione appellante alla decisione di riforma della sentenza di primo grado, avendo quest’ultima, con determinazione n. 24116/ del 24 gennaio 2007, definitivamente trasferito il ricorrente a Taranto, con decorrenza 1 febbraio 2007, considerati i gravi motivi di salute della madre, accertati formalmente dalla ASL.
Tale richiesta di parte appellata di definizione in rito della controversia non può essere accolta.
Al riguardo si deve anzitutto osservare che nella situazione da ultimo descritta, una decisione in rito conclusiva del presente giudizio, richiede che parte appellata rinunci esplicitamente e chiaramente, cosa non avvenuta, al ricorso di primo grado, onde consentire al Collegio di pronunciare, ex art. 34 della l. n. 1034 del 1971, sentenza di annullamento senza rinvio della decisione appellata.
Per altro verso, va rilevato che la parte appellata non ha alcun potere di sostituirsi alla parte appellante nella dichiarazione circa l’attualità dell’interesse alla decisione sul gravame da quest’ultima proposto.
D’altro canto, con riferimento al presente giudizio, ben può riconoscersi all’appellante l’interesse alla definizione nel merito della controversia, correlato alla dichiarazione di non annullabilità dei propri impugnati atti adottati nel dicembre del 2003, quanto meno con riguardo agli effetti dagli stessi prodotti fino 1 febbraio 2007, corrispondente a quello dell’adozione del provvedimento di definitivo trasferimento a Taranto dell’appellato.
Occorre quindi esaminare il merito della controversia, alla luce delle censure rivolte alla sentenza in epigrafe, e recate dal gravame.
L’appello dell’Amministrazione è palesemente fondato.
Al riguardo è sufficiente osservare che se è vero che, come rilevato dal primo giudice, la Asl ha formalmente riconosciuto le gravi condizioni di handicap in cui versa la madre dell’appellato, è altrettanto vero che tale determinazione dell’autorità sanitaria non è stata portata, prima dell’adozione del provvedimento di rigetto da quest’ultimo impugnato, a conoscenza dell’Amministrazione.
Quest’ultima quindi, con tutta evidenza, e quindi anche in assenza di violazione del canone costituzionale del buon andamento (art.97 Cost.), ha, da un lato, fondatamente potuto rigettare la richiesta di trasferimento definitivo a Taranto del ricorrente, trovandosi la sua genetrice in condizioni di salute precarie ma non ancora accertate come gravi e, dall’altro, ha correttamente rifiutato la proroga del trasferimento temporaneo nella medesima città, per ritenuto e non contestato raggiungimento delle finalità di carattere temporaneo per le quali era stato concesso. non essendo dette condizioni sufficienti per ottenere il trasferimento definitivo.
Per altro verso, appare di tutta evidenza, emergendo sia dagli atti di causa sia dagli scritti difensivi, che nella fattispecie in esame, manca un’essenziale condizione per ottenere la più idonea sede di servizio richiesta a tenore del citato comma 5° dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992, e precisamente quella della continuità dell’ assistenza prestata dal richiedente al famigliare handicappato.
Secondo il ricevuto insegnamento della giurisprudenza che ha indagato il profilo in questione, la citata norma si riferisce, invero, solo al lavoratore che già assista con continuità un familiare portatore di handicap, e non anche al dipendente che, non assistendo al momento dell’assunzione in servizio con continuità un familiare, aspiri al trasferimento proprio al fine non già di tutelare la situazione di assistenza già esistente, ma a quello di poter instaurare tale rapporto di assistenza continuativa; ne consegue che le esigenze di assistenza successivamente determinatesi non sono ricomprese nella previsione legislativa (Cons. Stato, n.565/2005).
All’assenza della continuità dell’assistenza fa dunque fondatamente riferimento il gravame dell’Amministrazione, che dunque deve essere accolto, per le ragioni in precedenza evidenziate.
Nel peculiare andamento del processo ed alla luce delle questioni dedotte in primo e secondo grado, il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di ambedue i gradi di giudizio.

P.Q.M. – Il Consiglio di Stato, sezione Quarta, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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