Compravendita affetta da nullità (virtuale) (Trib. Brindisi, 19 ottobre 2012) (inviata dal dott. Antonio Ivan Natali)

Redazione 19/10/12
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Massima

1) Nell’ipotesi di acquisto di un bene, mediante spendita del nome di un soggetto di cui si sia falsificato il documento identificativo, la compravendita è affetta da nullità (virtuale) in quanto scaturente da un fatto illecito – la condotta dell’”impostore” – penalmente rilevante, sotto il duplice profilo della truffa e della sostituzione di persona ex art. 494 Codice Penale.

 

2) Se la truffa é idonea, per principio consolidato, a dare luogo a mera annullabilità – e ciò anche in virtù della coincidenza, sotto il profilo dell’intensità, dell’elemento psicologico della fattispecie criminosa de qua con il dolo c.d. determinante, ovvero condizionante la volontà di contrarre, entrambi risolvendosi in artifizi o raggiri adoperati dall’agente e diretti ad indurre in errore l’altra parte e così a viziarne il consenso – la sostituzione di persona ben può implicare – concretandosi nella violazione di una norma imperativa – sotto il piano civilistico, la nullità (virtuale) del contratto.

 

3) La nullità può prescindere, in presenza di determinati presupposti (ovvero natura imperativa della norma violata e assenza di una diversa sanzione ad hoc), da un’espressa previsione in tal senso, in quanto l’art. 1418 c.c., comma 1, nel prevedere la nullità, quale reazione naturale e fisiologica dell’ordinamento positivo alla violazione di una norma di carattere imperativo ha positivizzato la suddetta categoria che ben si presta a fungere da clausola di chiusura del sistema rimediale.

 

4) L’espressione “altri casi stabiliti dalla legge” di cui all’art. 1418 c.c., non vuol dire necessariamente che la legge deve prevedere, in via espressa, la sanzione della nullità: più semplicemente, é il legislatore che deve stabilire le condizioni alle quali il contratto è nullo, come, appunto, la semplice natura imperativa della norma e l’assenza di altro e diverso strumento di tutela degli interessi sottesi alla fattispecie concreta.

 

S E N T E N Z A

nella causa civile iscritta al n. 507/2008 del  **************  promossa

                                                       D A

M. F., rappresentato e difeso dall’Avv…..;

                                                                                       – ATTORE  

                                                  CONTRO

R.M.SRL., in persona dell’Amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, sig.ra………,

                                                                  – CONVENUTA CONTUMACE –

                                                  NONCHÈ

 ******, in persona del curatore fallimentare avv. …….,

                                                                   – CONVENUTA CONTUMACE –

 

                                            FATTO E DIRITTO

Il fatto.

L’attività istruttoria ha consentito di accertare la fondatezza della domanda attorea.

Infatti, deve ritenersi accertato che, in data 09.11.1997, l’attore smarriva il proprio portafogli contenente, tra l’altro, i propri documenti di riconoscimento.

In favore della verisimiglianza di tale circostanza è possibile trarre elementi di valutazione dall’originaria denuncia di furto (in atti). D’altronde, è indubbio il rilievo probatorio – se non altro indiziario – che, nel nostro ordinamento, assume la dichiarazione con cui un soggetto giuridico porta a conoscenza l’autorità giudiziaria – o di polizia- dell’avvenuta commissione di un reato a suo danno.

In particolare, devono essere considerate, da una parte, le conseguenze anche penali per chi rende dichiarazioni non rispondenti al vero, simulando un reato; dall’altra, l’idoneità della denuncia (o della querela) ad attivare i poteri di indagine dell’autorità competente.

Si deve, altresì, ritenere che  gli anzidetti documenti siano stati rinvenuti da ignoti i quali, dopo averli indebitamente contraffatti – apponendo fototessere diverse da quella ritraente l’attore – li hanno utilizzati al fine di stipulare contratti di acquisto relativi all’autovettura Lancia OMISSIS ed al motociclo Honda cc. 250 OMISSIS.

 Anche per quanto concerne tale circostanza è possibile trarre elementi di prova dalla comparazione dell’originale della carta d’identità e della patente di guida, da una parte,  e della copia del documento palesemente contraffatto, dall’altra; documento sul quale risulta essere stata applicata una fototessera ritraente persona ictu oculi diversa dalM. (cfr. in atti).

Inoltre, come emerge ex actis, sull’allegata carta di identità contraffatta risulta indicato un indirizzo (OMISSIS) presso il quale l’attore non ha mai risieduto, come evincibile dal certificato cronologico di residenza (rilasciato in data 15.01.2008).

In conseguenza di ciò, il sig. M., suo malgrado, risultava, agli archivi del Pubblico Registro Automobilistico di Brindisi, proprietario dei predetti automezzi.

All’udienza del 11.06.2010, veniva escusso il teste S. N., suocero dell’attore, il quale – oltre a confermare quanto dedotto dal M. nel libello introduttivo –  ha dichiarato che, in seguito allo smarrimento dei documenti, il genero fu raggiunto da richieste di pagamento di alcune rate relative ad un finanziamento che gli stessi autori della contraffazione, sempre a suo nome, avevano richiesto al momento dell’acquisto dei mezzi de quibus.

Il teste ha dichiarato, altresì, di essersi recato, in compagnia del genero, presso la società Finanziaria ove fu curata la pratica di finanziamento.

In detta occasione, gli sarebbe stato riferito che in passato, presso la sede della finanziaria, si erano presentate due persone che si erano qualificate come marito e moglie, le quali avevano prodotto la copia della carta di identità contraffatta (in atti).

Dopo avere riconosciuto il genero nell’effige applicata al documento di identità originale, il S. ha confermato che il genero non ebbe mai a presentarsi presso gli studi notarili ove furono curate le formalità di vendita dei due mezzi oggetto di causa.

L’insieme di tali circostanze – unitamente alla mancata costituzione dei convenuti nel presente giudizio – consente di ritenere fondata la ricostruzione storica fornita dall’attore.

 

La qualificazione giuridica

 

Orbene, deve ritenersi che nella fattispecie si configuri un’ipotesi di nullità di quei negozi giuridici in quanto scaturenti da un fatto illecito – la condotta dell’”impostore” – penalmente rilevante, sotto il duplice profilo della truffa e della sostituzione di persona ex art. 494 Codice Penale, secondo cui “Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino a un anno”.

D’altronde, non v’è dubbio che se il primo di tali reati é idoneo, per principio consolidato, a dare luogo a mera annullabilità – e ciò anche in virtù della coincidenza, sotto il profilo dell’intensità, dell’elemento psicologico della fattispecie criminosa de qua con il dolo c.d. determinante, ovvero condizionante al volontà di contrarre entrambi risolvendosi in artifizi o raggiri adoperati dall’agente e diretti ad indurre in errore l’altra parte e così a viziarne il consenso (Cassazione civile, sez. II, 31 marzo 2011, n. 7468) – la sostituzione di persona ben può implicare – concretandosi nella violazione di una norma imperativa – sotto il piano civilistico, la nullità (virtuale) del contratto.

Infatti, al fine di assicurare un ampliamento delle potenzialità operative della previsione di cui all’art. 1418 c.c.,1° comma, in dottrina, si è elaborata la teoria secondo cui la nullità potrebbe prescindere, in presenza di determinati presupposti (ovvero natura imperativa della norma violata e assenza di una diversa sanzione ad hoc), da un’espressa previsione in tal senso.

D’altronde, l’art. 1418 c.c., comma 1, nel prevedere la nullità, quale reazione naturale e fisiologica dell’ordinamento positivo alla violazione di una norma di carattere imperativo – secondo tale approccio esegetico – avrebbe positivizzato la suddetta categoria che ben si presta a fungere da clausola di chiusura del sistema rimediale.

Si è osservato, però, che l’idoneità della suddetta previsione a fungere da fondamento giustificativo del divieto legale sarebbe contraddetta, in primo luogo, dal carattere tassativo che le previsioni di invalidità, in omaggio ad un malinteso senso della legalità, hanno storicamente assunto fin nel contesto del Codice del 1865.

Inoltre, contro una generalizzazione della categoria della nullità, si invoca la stessa formulazione dei commi 2 e 3 dell’art. 1418 c.c. con cui il legislatore sembrerebbe non assecondare la logica delle nullità virtuali, scegliendo di enucleare una serie di ipotesi tipiche e determinate e, rinviando per il completamento del sistema delle invalidità, agli altri casi stabiliti dalla legge.

Formulazione che, per taluna dottrina, sarebbe coerente con l’operatività di ipotesi di nullità, diverse da quelle codificate dall’art. 1418 c.c., ma sempre condizionatamente all’espressa scelta qualificatoria da parte del legislatore.

      Dunque, pur non disconoscendosi la novità del Codice del 1942, volto a  dettare ex novo un disciplina generale della fase genetica del contratto, non si riconosce alcuno spazio operativo per nullità non qualificate come tali dalla legge.

      A questo atteggiamento riduzionista,  si può, però, validamente obiettare che l’espressione “altri casi stabiliti dalla legge”, in primo luogo, acquista un autonomo significato precettivo laddove si consideri che essa non vuol dire necessariamente che la legge deve prevedere, in via espressa, la sanzione della nullità.

E’, infatti, compatibile con la formulazione testuale della norma anche un’interpretazione più elastica: più semplicemente, é il legislatore che deve stabilire le condizioni alle quali il contratto è nullo, come, appunto, la semplice natura imperativa della norma e l’assenza di altro e diverso strumento di tutela degli interessi sottesi alla fattispecie concreta.

La problematica relativa alla tassatività o meno delle ipotesi di nullità può trarre argomenti di chiarificazione anche dalla stessa relazione al Codice Civile [1] nell’ambito della quale si legge che la previsione – quale causa di nullità della violazione di norme imperative – assume un’autonoma valenza precettiva perché consente di sanzionare con la nullità anche le ipotesi in cui non sia ravvisabile l’illiceità della causa..

 

Ciò premesso, deve essere dichiarata l’estraneità dell’attore alla sottoscrizione dei suddetti contratti.

In considerazione della peculiarità della fattispecie, si ritiene equo compensare le spese del presente giudizio, nella misura della metà, ponendole, solo per la metà, a carico dei convenuti, in solido.

                                                       P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta daM.F., nei confronti di R.M.SRLL., in persona dell’Amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, nonchè nei confronti di  ******, in persona del curatore fallimentare, così provvede:

1)                accerta e dichiara l’estraneità dell’attore alla sottoscrizione dei suddetti contratti con decorrenza dalle trascrizioni;

2)                dichiara che la proprietà dei veicoli de quibus permane, per quanto di competenza, in capo alle società convenute;

3)                ordina al conservatore di Brindisi la trascrizione della suddetta sentenza;

4)                compensa, nella misura della metà, le spese del presente giudizio – liquidate in complessivi Euro 2500,00, oltre *** e Cap come per legge, nella misura della metà – ponendole, solo per la parte residua, a carico dei convenuti, in solido.

 

Brindisi, 19.10.2012

                                                                                 

IL GIUDICE

(*******************)

 

 

 

__________

[1] Cfr. Relazione al c.c. n. 116 n. 649.

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