Commissione costituita per l’esame di laurea: discrezionalità tecnica (Cons. Stato, n. 4567/2013)

Redazione 16/09/13
Scarica PDF Stampa

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente impugnava innanzi il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana il provvedimento, adottato nella seduta di esame del 4 luglio 2003, con il quale la commissione di laurea del corso di filosofia dell’Università degli studi di Firenze gli attribuiva il voto finale di 99/110. Assumendo di aver riportato agli esami di profitto una media corrispondente a punti 104,5 in base 110, il ricorrente deduceva che gli era stato attribuito il voto sopra riportato, togliendoli circa cinque punti dalla media dei voti conseguiti, senza che dal verbale della seduta apparisse alcuna motivazione, né esplicita né implicita, riferita a criteri predeterminati.

L’amministrazione deduceva che dalla normativa in materia (r.d. n. 1592 del 1933, r.d. n. 1269 del 1938 e l. n. 341 del 1990) si evince che la votazione complessiva dell’esame di laurea scaturisce da una valutazione discrezionale della commissione, nella specie vincolata dall’art. 17 del regolamento didattico del corso di laurea al solo punteggio minimo di 66/110, risultando irrilevante la prassi amministrativa invocata dal ricorrente secondo la quale al laureando non verrebbe mai attribuito un voto inferiore a quello corrispondente alla media degli esami.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, I sezione, con sentenza 3 ottobre 2005, n. 4586, annullava l’atto impugnato per carenza assoluta di motivazione disponendo altresì che: “L’amministrazione è conseguentemente tenuta a disporre la rinnovazione della valutazione della prova finale sostenuta dal ricorrente”.

3. In esecuzione della predetta sentenza in data 23 marzo 2006 si riuniva la Commissione di tesi di laurea in filosofia che, sulla base della relazione allegata, “dopo approfondita riconsiderazione del caso” confermava “all’unanimità il giudizio e la relativa votazione espressi nella sessione del 4 luglio 2003, risultati i più appropriati in relazione al valore della tesi del candidato e tenuto conto della media dei voti conseguiti nei precedenti esami parziali”, rinviando alla relazione allegata, a firma del preside della facoltà e predisposta dal prof. **************, di seguito trascritta.

<<1. Il sig. XXX aveva a suo tempo concordato una tesi dal titolo “Del pensiero agonico in ****** de Unamuno”.

2. Egli ha svolto il suo lavoro senza mai sottoporre, se non all’inizio, gli approdi parziali; se lo avesse fatto gli sarebbero stati spiegati i grandi limiti della sua ricerca, consentendogli così di realizzare lo sviluppo secondo una più idonea metodologia.

3. Il signor *********** ha inopinatamente presentato il lavoro finito; finito senza tener conto di alcuna delle critiche e dei consigli che gli erano stati dati all’inizio del lavoro in questione. Nello stato in cui era consegnata la tesi presentava carenze estremamente serie:

a) mancanza di un’adeguata contestualizzazione storiso-filosofica del pensiero di Unamuno;

b) insoddisfacente approfondimento dei principali punti teorici del filosofo esaminato;

c) esposizione complessiva assai superficiale e disordinata;

d) inserzione di apprezzamenti filosofico-teologici ben raramente giustificati e pertinenti al tema di lavoro e alla metodologia scientifica normalmente seguita nei lavori di storia della filosofia>>.

4. La sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sezione I, 2 luglio 2012, n. 1213, qui impugnata, ha respinto il ricorso “considerato che la motivazione del voto di laurea assegnato al ricorrente è espressa nel verbale della riunione di Commissione di tesi di laurea in data 23 marzo 2006 e si evince dalla relazione, non contestata nei suoi contenuti, svolta dal prof. ******* nella riunione stessa ed allegata quale parte integrante;

considerato inoltre che le contestazioni avverso il ruolo del relatore di laurea avrebbero dovuto essere dedotte nel ricorso originario e che comunque non è nelle sue facoltà inibire al candidato di presentare il proprio elaborato, a rischio di ottenere, come accaduto nel caso di specie, un basso punteggio”.

5. Con il ricorso in appello si deduce che il prof. XX non ha adempiuto alla propria funzione di relatore della tesi, espressamente violando le norme imposte dal regolamento di facoltà per la presentazione dei candidati così come emerge dal tenore della valutazione resa nel 2006 (dopo tre anni) sull’elaborato scritto del ricorrente.

Sostiene il ricorrente che: “Nella denegata ipotesi in cui si dovesse ritenere fondata la valutazione del 23 marzo 2006 è lecito sostenere che il prof. XX abbia autorizzato all’esame di laurea, apponendo la propria sottoscrizione sul nulla-osta e sulla copia finale (da presentare in segreteria quattro settimane prima), senza aver letto la tesi completata, viziando così l’intero procedimento amministrativo”. “A ben vedere è solo sulla discussione orale che avrebbe dovuto concentrarsi ed esplicarsi la valutazione richiesta con la sentenza 3 ottobre 2005, n. 4586. Mentre con la valutazione resa nel 2006 è stata rimessa in discussione la tesi scritta, in contrasto con la valutazione positiva (implicita) che ne aveva fatto il relatore con la sua sottoscrizione sia dell’elaborato che del nulla osta”.

“Orbene la valutazione del prof. XX, allegata al verbale della Commissione del 23 marzo 2006, è stata notificata al ricorrente il 26 aprile 2006 ed è solo a tale data che il prof. XX ha fatto conoscere la propria valutazione negativa sull’elaborato scritto del candidato ***********. Sarebbe stato sufficiente per il prof. XX (poiché nelle sue facoltà) non sottoscrivere il nulla-osta non autorizzando il candidato all’esame di laurea perché l’elaborato si presentava carente per quantità, qualità e nell’iter formativo”.

6. Con il ricorso in esame si censura, nel contenuto, il giudizio espresso nella relazione del prof. XX, allegata al verbale del 23 marzo 2006.

Per tale parte il ricorso è infondato perché il giudizio espresso da una commissione di laurea è altamente discrezionale e può essere censurato solo per evidenti (ma qui non dimostrati) vizi di eccesso di potere.

7. Il Collegio premette che l’accoglimento di un ricorso, finalizzato alla tutela di un interesse pretensivo (qual è quello su cui si controverte), è condizionato dall’indicazione dei fatti e dalle conseguenti censure, che costituiscono le ragioni della domanda e il loro supporto. Un vizio del procedimento che non sia stato censurato con apposito motivo non può essere preso in considerazione dal giudice e determinare l’annullamento del provvedimento impugnato.

8. Il ricorrente domanda, attraverso la rinnovazione del procedimento, un voto di laurea più elevato di quello attribuitogli dall’amministrazione.

Dall’esame complessivo del ricorso in appello si evince che l’interessato chiede l’annullamento della determinazione finale della commissione di laurea, affinché l’Università degli studi di Firenze possa esprimere una nuova valutazione sul proprio elaborato. Dall’intero ricorso non emerge però in alcun modo che il ricorrente, ormai edotto del giudizio negativo espresso dal prof. *******, abbia accettato questo per rinunciare alla discussione ed elaborare una nuova tesi di laurea da svolgere sotto la guida anche di altro docente. A tale conclusione si perviene sulla base dell’affermazione contenuta nell’atto d’appello secondo cui “la tesi di laurea è stata realizzata con capillare ricerca, anche su materiale in lingua originale (spagnolo) e il suo contenuto è tale per forma, approfondimenti e conclusioni da non meritare la valutazione resa dallo stesso relatore nel 2006”.

9. Il ricorrente ritiene che il voto di laurea non possa essere inferiore a un voto, espresso in 110/110, pari alla media conseguita negli esami speciali o di profitto.

Tale opinione, fondata solo su assunti correnti, rivela la sua fragilità ove si consideri che qualsiasi esame, ivi compreso l’esame di laurea, è distinto e può avere un esito negativo per il candidato. Se effettivamente esistesse con forza giuridica il principio invocato dal ricorrente, qualsiasi studente sarebbe disincentivato dal redigere, e con diligenza, la tesi di laurea, risultando sufficiente per il conseguimento del titolo accademico (con un punteggio noto ed accettato dal candidato) la sua mera e muta presenza alla seduta conclusiva del corso di studi.

10. Nel caso di specie si è visto che il relatore aveva espresso un giudizio negativo sull’elaborato del ricorrente e tale circostanza poteva far presagire un esito per lui (parzialmente) negativo.

Può quindi affermarsi che la commissione costituita per l’esame di laurea è l’unica autorità abilitata ad esprimere, secondo la sua discrezionalità tecnica, il voto a seguito della discussione orale della tesi. Nell’espressione del voto essa non è condizionata né dalla media dei voti riportata dal candidato nei singoli esami di profitto nel corso degli studi, né dal nulla osta dello stesso relatore della tesi. Ne consegue l’infondatezza del motivo con il quale si censura il provvedimento perché “la commissione avrebbe dovuto, alla luce della sentenza 3 ottobre 2005, n. 4586, limitare la rinnovazione della valutazione alla sola prova finale sostenuta dal ricorrente”.

Il giudice adito non può poi valutare le concrete modalità di esecuzione della prima sentenza 3 ottobre 2005, n. 4586, perché tale aspetto non ha formato oggetto di apposita censura. Può osservare invece che il giudizio favorevole del relatore è solamente un tratto endoprocedimentale di formazione del giudizio della commissione, che non può assumere alcun valore provvedimentale, attribuibile solamente al giudizio espresso dalla stessa commissione di laurea.

A ciò deve aggiungersi che la peculiarità dell’esame di laurea impedisce la frammentazione di valutazioni che vorrebbe il ricorrente: del resto, se la commissione deve valutare l’intero corso di studi, può valutare anche l’elaborato scritto del candidato.

11. Il ricorrente censura poi il comportamento del relatore estrinsecatosi in atti (nulla-osta) od omissioni (tardiva comunicazione del giudizio negativo) che costituiscono il presupposto del provvedimento finale impugnato.

Dell’irrilevanza del giudizio individuale favorevole del relatore sul voto di laurea già si è detto. Per quanto attiene all’incidenza di una presunta tardiva conoscenza del giudizio negativo il ricorrente cerca di stabilire un nesso logico tra l’ipotetico vizio del procedimento e il voto di laurea conseguito.

Ma un tale nesso non esiste, perché un’eventuale vizio del procedimento non si risolve in un accertamento della fondatezza della pretesa. Il ricorrente avrebbe tutt’al più potuto, ma ciò non ha fatto davanti alla Commissione, chiedere di poter presentare una nuova tesi di laurea.

12. Il motivo relativo alla condanna alle spese è infondato perché la valutazione del giudice è ampiamente discrezionale (Cons. Stato, IV, 19 novembre 2012, n. 5854).

13. Il motivo relativo alla revoca del’ammissione al gratuito patrocinio è invece inammissibile perché l’atto che il giudice ha inteso revocare, in realtà, era atto privo di qualsiasi effetto e, quindi, inidoneo a giovare al ricorrente e a nuocere all’amministrazione tenuta al pagamento degli onorari al difensore.

Infatti l’ammissione era stata disposta dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Reggio Calabria con deliberazione del 5 aprile 2006.

Orbene, alla luce dell’art. 124, comma 2, del d.lgs. 30 maggio 2002, n. 113, applicabile alla fattispecie ratione temporis, “il consiglio dell’ordine competente è quello del luogo in cui ha sede il magistrato davanti al quale pende il processo, ovvero, se il processo non pende, quello del luogo in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito”.

Poiché alla competenza del consiglio dell’ordine deve riconoscersi natura funzionale, nessuna efficacia poteva attribuirsi all’atto deliberativo del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Reggio Calabria per una lite instaurata successivamente innanzi il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana.

14. In conclusione il ricorso va respinto con compensazione delle spese del presente grado di giudizio per giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione