Carta di soggiorno (Cons. Stato n. 130/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 16/01/12
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FATTO e DIRITTO
1. La presente controversia trae origine dalla domanda presentata dall’odierno appellante nel 2002 – all’epoca già residente in Italia con regolare permesso di soggiorno – per ottenere la “carta di soggiorno” di cui all’art. 9 (nel testo allora vigente) del t.u. n. 286/1998.
La domanda è stata respinta con la motivazione che l’interessato risultava avere riportato una condanna penale per furto aggravato, emessa nel 1998 e confermata in appello nel 2002.
2. L’interessato ha presentato ricorso gerarchico, e dopo il rigetto di questo ha proposto ricorso giurisdizionale al T.A.R. Piemonte.
Il T.A.R. ha respinto il ricorso, in base alla considerazione che l’art. 9 del t.u. n. 286/1998 (nel testo anteriore alla modifica apportata con d.lgs. n. 3/2007) configura come cause tassativamente ostative al rilascio della carta di soggiorno, fra l’altro, le condanne penali per determinati reati, fra i quali rientra quello di furto aggravato.
3. L’interessato propone appello, deducendo fra l’altro che dopo la proposizione del ricorso al T.A.R. egli aveva chiesto ed ottenuto la riabilitazione penale.
Resiste all’appello l’Amministrazione dell’Interno.
4. Il Collegio osserva che non si può seriamente discutere della correttezza della sentenza appellata, considerato il chiaro disposto dell’art. 9 del t.u., nel testo anteriore alle modifiche apportate nel 2007.
Peraltro, nel presente giudizio amministrativo di legittimità si deve avere riguardo esclusivamente alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento dell’emanazione dell’atto impugnato. Ogni fatto sopravvenuto (nella fattispecie, la riabilitazione penale nonché la stessa modifica normativa del 2007) potrà e dovrà essere preso in considerazione soltanto in sede di riesame da parte dell’autorità competente.
In questo caso, poi, va considerato che la domanda di carta di soggiorno (ora denominata permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) ancorché respinta può sempre formare oggetto di una nuova istanza in rapporto alle mutate condizioni della persona ed alla evoluzione del quadro normativo. Tale possibilità non è ovviamente preclusa dalla presente decisione.
5. In conclusione, l’appello va respinto. Si ravvisano tuttavia giusti motivi per compensare le spese.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione