Azione di risarcimento da ritardo della P.A. (TAR Lazio, Roma, n. 9470/2013)

Redazione 06/11/13
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SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3674 del 2012, proposto da:
Impresa Individuale T. Mariano, rappresentato e difeso dall’avv. ****************, con domicilio eletto presso **************** in Roma, corso Trieste, 16;

contro

Comune di Marcellina, rappresentato e difeso dall’avv. **************, con domicilio eletto presso ************** in Roma, via Buonarroti, 40;

nei confronti di

Soc. ******* a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. *******************, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Sistina,42;

per l’annullamento

del silenzio-rifiuto serbato dall’Amministrazione comunale e dalla concessionaria del servizio pubblico cimiteriale di ********** sulle istanze del 15.11.2011 e del 6.12.2011 volte all’adozione degli atti necessari a consentire e disciplinare le modalita’ di intervento degli operatori privati nell’attività di ornamento delle lapidi del cimitero comunale,

e per il conseguente risarcimento dei danni.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Marcellina e di Soc. ******* a r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2013 il dott. **************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso introduttivo, la parte ricorrente esponeva di aver ottenuto dal Comune di Marcellina l’autorizzazione a eseguire alcuni lavori inerenti all’ornamento (nomi, foto e vasi) di alcuni loculi siti nel nuovo cimitero comunale, e di trovarsi nell’impossibilità di eseguire detti lavori a motivo sia dei comportamenti asseritamente ostruzionistici dell’impresa concessionaria del servizio, odierna controinteressata, la quale non metteva a disposizione le lapidi e i loculi indicati nelle autorizzazioni comunali, sia dell’inerzia dell’Amministrazione comunale nell’adottare gli atti necessari a disciplinare le modalità di intervento degli operatori privati nell’attività di ornamento delle lapidi (in attuazione di precedenti delibere della medesima Amministrazione), e comunque nell’adoperarsi nei confronti del concessionario per rimuovere gli ostacoli dallo stesso frapposti allo svolgimento dell’attività dell’istante.

Conseguentemente parte ricorrente agiva per la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione, chiedendo altresì il risarcimento dei danni cagionati in conseguenza dell’inosservanza del dovere di provvedere in materia e del termine di conclusione del relativo procedimento.

In particolare, l’istante chiedeva il risarcimento del danno da ritardo nell’adozione del provvedimento, deducendo di aver avuto una perdita di guadagno derivante dai contratti sottoscritti con la clientela per complessivi euro 9.950,00 (riferiti ai vari preventivi di cui all’allegato 12 al ricorso).

Si costituivano in giudizio il Comune di Marcellina e la Soc. ******* a.r.l., resistendo al ricorso.

In particolare la controinteressata sosteneva di essere l’unico soggetto titolato alla gestione esclusiva dei servizi cimiteriali, quale legittimo concessionario.

Il Comune rappresentava di aver autorizzato la parte ricorrente all’esecuzione delle opere richieste e di aver diffidato la ditta concessionaria a consentire alla ditta richiedente l’accesso all’interno dei cimitero per l’esecuzione delle installazioni degli ornamenti sulle lapidi, contestando alcun inadempimento da parte dell’amministrazione.

Con sentenza parziale n. 744 del 2013, questo Tribunale – ritenuta la propria giurisdizione – premesso che l’art. 67 del regolamento cimiteriale del Comune di Marcellina prevede che gli interessati possano avvalersi dell’opera di privati imprenditori “a loro libera scelta” per lo svolgimento di una serie di attività all’interno del cimitero e che la deliberazione di G.C. n. 63/2010 specifica che il concessionario debba consegnare i loculi “completi di lapidi in travertino, borchie escluso le scritte, i vasi, le foto”, che la successiva deliberazione di G.C. n. 68/2010 ribadisce la libertà per ciascun interessato di avvalersi dell’opera di privati imprenditori (all’uopo autorizzati) per l’ornamento delle lapidi e che la successiva deliberazione n. 27/2011 del Commissario straordinario, al punto 2 del dispositivo, rinviava a una successiva determinazione del Responsabile del Servizio la disciplina delle relative modalità, accoglieva il ricorso per quanto attiene all’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di provvedere espressamente sull’istanza della ******à ricorrente, adottando la predetta determinazione generale, nonché i connessi e conseguenti atti di vigilanza sull’operato del concessionario, in contraddittorio con lo stesso, nonché della ******à controinteressata, in quanto responsabile del rilascio del permesso di cui all’art. 67, comma 5, del regolamento cimiteriale, di porre in essere i conseguenti atti in ottemperanza alle determinazioni dell’Amministrazione comunale.

Era, invece, rinviata alla sede del rito ordinario, la trattazione della domanda risarcitoria.

In esecuzione della sentenza di questo TAR n. 744 del 2013, il Responsabile del Servizio emanava, in data 20 febbraio 2013, provvedimento con cui stabiliva che “Nell’area del nuovo cimitero l’installazione di parti ornamentali.. è subordinata alla presentazione di comunicazione scritta al Responsabile dell’Area Urbanistica e Politiche del Territorio…con indicazione dei dati dell’impresa esecutrice” e che la domanda vistata “dovrà essere altresì presentata al Gestore del cimitero insieme alla documentazione richiesta dal Regolamento cimiteriale” e dettava le modalità di disciplina delle attività di ornamento.

Rimessa la domanda risarcitoria all’esame in sede di rito ordinario, dunque, la Ditta istante precisava, in sede di discussione, di essere riuscita a seguito dell’adempimento all’ordine del giudice da parte dell’Amministrazione, a dare seguito ai lavori commissionati, salvo per quanto riguarda gli ornamenti cimiteriali relativi a due dei preventivi allegati all’atto introduttivo e precisati in sede di verbale, per complessivi 1750,00 euro. A tale somma circoscriveva, pertanto, la pretesa risarcitoria.

Alla pubblica udienza del 10 ottobre 2013, pertanto, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1 – Osserva il Collegio che, in via del tutto prioritaria, deve essere definito l’ambito della domanda risarcitoria svolta dalla Ditta istante. Infatti, la ricorrente chiamava in giudizio l’Amministrazione inadempiente e la Ditta controinteressata, concessionaria del servizio, domandando la dichiarazione dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione, nonché di condannare alle spese sia il Comune che la controinteressata, nonché chiedendo il risarcimento del danno da ritardo nell’adozione del provvedimento da parte del Comune e lamentando a riguardo la perdita del guadagno derivante dai contratti sottoscritti ed il fermo dell’attività.

Come precisato in sede di udienza, la perdita subita risulta circoscritta alla somma di euro 1.750,00 a seguito dell’adozione del provvedimento da parte dell’Amministrazione, secondo quanto ricordato in fatto.

Orbene, va dunque, rilevato che l’azione per danno da ritardo deve ritenersi promossa unicamente nei confronti dell’Amministrazione rimasta lungamente inerte, essendo gli atti del Concessionario conseguenti all’assunzione della determinazione da parte dell’Amministrazione resistente. Sul punto, con la richiamata sentenza parziale, questo Tribunale ha accolto la domanda di parte ricorrente, ordinando all’Amministrazione di provvedere e riconoscendo, dunque, l’obbligo della stessa di adottare la mancante determinazione generale, nonché i connessi e conseguenti atti di vigilanza sull’operato del concessionario. Al concessionario, la pronunzia ordina di adottare gli atti conseguenti ai provvedimenti assunti dall’Amministrazione.

Va, altresì, premesso che la parte ricorrente propone la domanda risarcitoria, qualificandola come diretta al ristoro di un danno da ritardo, in cui la contestazione si appunta – pertanto – sulla mancata attivazione dei poteri autoritativi in termini tempestivi.

Ne deriva che l’illegittimità va primariamente ascritta alla violazione di una norma procedimentale propriamente riferibile all’esercizio tempestivo del potere.

2 – Va ancora premesso – come più volte ricordato da questo Tribunale – che l’ordinamento giuridico ha ormai riconosciuto il così detto ‘danno da ritardo’.

A fronte della prima affermazione giurisprudenziale, esso ha trovato il suo primo riconoscimento, con l’art. 2 della l. n. 241 del 1990, che ha introdotto il principio della certezza temporale dell’azione della P.A. ed il principio di doverosità dell’esercizio del potere amministrativo, e cioè dell’obbligo di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso.

Ed a distanza di dieci anni, il legislatore è intervenuto nuovamente introducendo nella legge Tar del 1971 l’art. 21- bis (art. 2, l. n. 205 del 2000) un apposito rito sul silenzio rifiuto. Di seguito con la l. n. 15 del 2005 è stata eliminata la necessità della previa diffida per attribuire un significato al silenzio, prevedendosi un termine annuale di decadenza. Con la successiva l. n. 80 del 2005 si dettava un’articolata disciplina del termine per provvedere, disponendo, peraltro, che nei giudizi contro il silenzio–rifiuto il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dall’istanza.

La richiamata evoluzione legislativa sul comportamento inerte dell’amministrazione e sulle conseguenze per il suo ritardo nella conclusione del procedimento si è conclusa, con la l. 18 giugno 2009 n. 69, che ha apportato modifiche alla normativa sul procedimento stesso, introducendo una ulteriore semplificazione dell’azione amministrativa.

Con riferimento al termine per la conclusione del procedimento l’art.2 della l. n. 241 del 1990, come modificato dall’art.7 della l. n. 69 del 2009, ha reintrodotto il termine di 30 giorni dall’avvio del procedimento stesso, in mancanza di un diverso termine previsto dalla legge o dalle amministrazioni pubbliche.

A ciò si aggiunga l’espresso riconoscimento dell’azione di condanna nel Codice del processo amministrativo.

A fronte della tripartizione elaborata dalla giurisprudenza amministrativa ( cfr. Cons. St., ord., sez.IV, marzo 2005, n. 875) sulle ipotesi di ‘danno da ritardo’ – il c.d. danno da ritardo mero concerne l’adozione tardiva di un provvedimento legittimo ma sfavorevole al destinatario, il danno derivante dall’adozione tardiva di una atto favorevole all’interessato e l’inerzia dell’amministrazione e quindi la mancata adozione del provvedimento richiesto – pare doversi inquadrare l’odierna fattispecie nell’ambito della terza tipologia, pur se il provvedimento richiesto aveva la forza e l’effetto di ‘sbloccare’ indirettamente il “fermo lavori” della Ditta richiedente.

3 – A queste premesse, va aggiunto che l’azione di risarcimento da ritardo della P.A. come questa Sezione ha già avuto modo di precisare – deve essere ricondotta nell’ambito dell’art. 2043 c.c., per l’identificazione degli elementi costitutivi dell’illecito, e a quello del successivo art. 2236 c.c., per delineare i confini della responsabilità.

Detta azione di risarcibilità del danno, inquadrandosi nella sua natura “extracontrattuale”, comporta che il bene della vita conseguito in modo differito sia avvenuto per il fatto altrui, quanto meno colpevole. È pacifico, per giurisprudenza ormai costante, che non è sufficiente la illegittimità (del provvedimento o) dell’inerzia amministrativa per ritenere integrata una fattispecie di responsabilità aquiliana della P.A., essendo essenziale ad integrare la fattispecie il giudizio di imputabilità soggettiva, quantomeno a titolo di colpa dell’apparato amministrativo procedente (cfr. da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 2008, n. 4242; idem, 2 marzo 2009, n. 1162).

Ne deriva che, per riconoscere la fondatezza della domanda così avanzata è necessario che il difettoso funzionamento dell’apparato pubblico sia riconducibile ad un comportamento negligente o ad una volontà di nuocere o si ponga in contrasto con le prescrizioni di legalità, imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 della Cost., non essendo riconducibile il superamento dei termini di conclusione del procedimento in violazione dell’art. 4 della Legge n. 493 del 1993, attesa la natura acceleratoria degli stessi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7623; Tar Lombardia, Milano, sez. III,17 gennaio 2007, n. 71; Tar Lazio, Roma, sez. III quater, 31 marzo 2008, n. 2704; Tar Piemonte, sez. I, cit. n. 2901/2008)” (TAR Lazio – Roma, Sez. II bis, 4 dicembre 2008 – 16 marzo 2009, n. 2694).

4 – Orbene, in forza di tali considerazioni va ulteriormente precisato che nella specie che occupa il primo accertamento va svolto in ordine al nesso causale tra il lamentato danno e l’inerzia della P.A..

Con la menzionata sentenza n. 744 del 2013, questo Tribunale ha accertato l’obbligo del Comune di emanare la determinazione precipuamente destinata a prevenire e a facilitare la risoluzione dei potenziali conflitti nell’attuazione delle disposizioni, discendendone ‘de plano’ un negligente comportamento dell’Amministrazione medesima, che pur sollecitata a tal fine, era rimasta inerte, consentendo, peraltro, al concessionario di mettere in atto comportamenti ostativi all’attività delle altre Ditte, sulla base del convincimento di essere l’unico soggetto legittimato ad operare nell’area cimiteriale.

Peraltro, nella specie, la parte ricorrente risulta aver azionato gli strumenti predisposti dall’ordinamento per sollecitare l’azione dell’ Amministrazione.

Ritiene, pertanto, il Collegio che la domanda di risarcimento dei danni vada accolta, tuttavia nei limiti di seguito precisati.

5 – Innanzitutto, appare palese che la stessa sia indirizzata – come già evidenziato – unicamente nei confronti della pubblica amministrazione e che – secondo quanto risulta dalle dichiarazioni rese a verbale – si sostanzi unicamente nella domanda della somma di 1.750,00 euro complessivi pari a due contratti rimasti ineseguiti.

6 – E’ stato rilevato che l’azione di risarcimento del danno, inquadrandosi nella sua natura extracontrattuale, richiede la prova della quantificazione dello stesso con riferimento sia al danno emergente che al lucro cessante, in quanto elementi costitutivi della relativa domanda, ai sensi dell’art. 2697 (cfr. Tar Puglia, Bari, sez. I, 26 giugno 2008, n. 1555; Tar Lazio, Roma, cit. n. 2704/2008).

Passando, dunque, alla quantificazione del danno, sulla base degli elementi non contestati prodotti dalla parte ricorrente (i due preventivi allegati al ricorso) e sulla base dell’asserito fermo di attività che esclude la sussistenza dell’ “aliunde perceptum” – stante peraltro la mancata richiesta di oneri specificamente derivanti dalla mancata esecuzione dei lavori – va rilevato che la somma di euro 1.750,00 necessariamente è comprensiva delle spese per i materiali e la mano d’opera che sarebbero stati impiegati dalla Ditta nell’esecuzione degli ornamenti e di una quota parte di guadagno.

La somma, pertanto, va equitativamente decurtata – in mancanza di ulteriori elementi probatori forniti dalla parte ricorrente – del 50%, riconducendo la pretesa unicamente alla componente della voce destinata al guadagno della ditta per un totale di euro 875,00.

Tale somma, altresì, deve essere ulteriormente abbattuta del 50% , poiché – secondo quanto affermato dalla stessa parte ricorrente – la perdita subita in vero non è addebitabile unicamente alla condotta inerte dell’Amministrazione, come accertata con la menzionata sentenza parziale da questo Tribunale, ma altresì al comportamento tenuto dal concessionario. Ne deriva che non può essere ritenuta responsabile l’Amministrazione della complessiva perdita di gadagno subita dalla parte istante.

Per quanto sin qui considerato, il Comune di Marcellina è condannato al pagamento a favore della Ditta ricorrente a titolo risarcitorio della somma complessiva di euro 437,50.

7 – In conclusione il ricorso deve essere accolto, secondo quanto specificato in precedenza.

8 – Le spese – anche con riferimento al definito rito speciale secondo quanto disposto dalla sentenza n. 744 del 2013 – seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie secondo i termini e le modalità specificati in motivazione.

Per l’effetto condanna il Comune di Marcellina al pagamento a favore della Ditta ricorrente a titolo risarcitorio della somma complessiva di euro 437,50.

Condanna il Comune di Marcellina ed il concessionario al pagamento in parti eguali delle spese di giudizio in favore della ricorrente, che sono determinate nella misura di Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione