Atto amministrativo nullo (TAR Puglia, Bari, n. 1506/2013)

Redazione 06/11/13
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SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 1074 del 2013, proposto da ********************, rappresentato e difeso dall’avv. ***************, con domicilio eletto presso lo studio legale **** – Papa in Bari, via Calefati, 133;

contro

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;

per l’ottemperanza e l’esatto adempimento

della sentenza del T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, n. 865/2013, regolarmente notificata in data 12.6.2013, con cui è stato accolto il ricorso r.g. n. 837/2012;
nonché, ove occorra, per l’annullamento del provvedimento dell’11.7.2013 prot. n. 333.D/45742;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. ****************** e udito nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013 per la parte ricorrente il difensore avv. ***************;
Visto l’art. 36, comma 2 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con l’atto introduttivo del giudizio r.g. n. 837/2012 l’odierno ricorrente ******************** (assistente capo presso la Sezione di Polizia Stradale di Bari) impugnava il provvedimento del 3.5.2012 di rigetto dell’istanza del 25.9.2010 di trasferimento ex artt. 55 d.p.r. n. 335/1982 e 33, comma 5 legge n. 104/1992 al fine di assistere la propria nonna *********** (portatrice di handicap grave).
Il citato provvedimento del 3.5.2012 giustificava il diniego di trasferimento presso qualsiasi comando e ufficio ubicati in Lecce e Provincia, unicamente in considerazione della esistenza di altri parenti che potevano prendersi cura della sig.ra *****.
Con sentenza n. 865/2013 questo Tribunale accoglieva il ricorso r.g. n. 837/2012 così motivando:
«… Come correttamente evidenziato da parte ricorrente, la giurisprudenza amministrativa di primo e di secondo grado, alla cui conclusioni questo Collegio ritiene di aderire, ha ormai riconosciuto il definitivo superamento dei requisiti della esclusività e della continuità della assistenza ai fini della fruizione dei benefici di cui all’art. 33 legge n. 104/1992 a seguito della novella legislativa di cui all’art. 24 legge n. 183/2010 (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 11 gennaio 2013, 252; Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2012, n. 5716; Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047).
Peraltro, la citata giurisprudenza amministrativa non ha mancato di sottolineare l’immediata operatività della previsione normativa di cui all’art. 24 legge n. 183/2010 anche con riferimento al pubblico impiego non contrattualizzato, pur in mancanza della disciplina attuativa richiamata dall’art. 19 legge n. 183/2010.
Conseguentemente, la presenza di altri familiari non impossibilitati alla prestazione della dovuta assistenza in favore del soggetto portatore di handicap non può più costituire di per sé ostacolo alla concessione del beneficio richiesto, nel caso di specie, dal *****.
Erra, pertanto, l’Amministrazione nel porre a fondamento del censurato diniego la presenza di altri familiari del disabile oggettivamente non impossibilitati a fornire la dovuta assistenza. …».
Successivamente, il Ministero dell’Interno adottava il provvedimento dell’11.7.2013 prot. n. 333.D/45742 contestato in questa sede.
Con detto provvedimento l’Amministrazione resistente respingeva nuovamente l’istanza del *****, questa volta tenendo conto delle modifiche normative di cui all’art. 24 legge n. 183/2010 (i.e. definitivo superamento dei requisiti della esclusività e della continuità della assistenza ai fini della fruizione dei benefici di cui all’art. 33 legge n. 104/1992 ed immediata operatività della novella anche con riferimento al pubblico impiego non contrattualizzato) e ponendo in essere un bilanciamento degli interessi in gioco (pubblici e privati), con prevalenza assegnata all’interesse pubblico alla funzionalità dell’ufficio (per via del sottorganico della Sezione di Bari).
Con il presente ricorso il ***** censurava il menzionato provvedimento dell’11.7.2013, sostenendone la nullità per violazione/elusione del giudicato di cui alla sentenza n. 865/2013 ovvero l’annullabilità.
A tal proposito, l’interessato poneva in discussione la sussistenza della situazione di sottorganico dell’ufficio di Bari (posta a fondamento del nuovo provvedimento di rigetto).
Si costituiva il Ministero dell’Interno, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che la domanda di ottemperanza di cui al ricorso debba essere respinta.
Invero, come recentemente evidenziato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 2 del 15 gennaio 2013, il giudizio di ottemperanza – in forza delle nuove disposizioni del codice del processo amministrativo (cfr. artt. 112 e seguenti) – assume carattere di “polisemicità”, con la conseguenza che il giudice dell’ottemperanza è ormai il giudice naturale della conformazione dell’attività amministrativa successiva al giudicato e delle obbligazioni che da quel giudicato discendono e che in esso trovano il proprio presupposto.
È, quindi, possibile esperire avverso un provvedimento adottato successivamente al giudicato di annullamento con un unico ricorso – come appunto accaduto nel caso di specie – un’azione impugnatoria ed un’azione di ottemperanza finalizzata ad ottenere la declaratoria di nullità del provvedimento per violazione/elusione del giudicato.
Nel caso di specie, tuttavia, non si può affermare che il provvedimento di rigetto dell’11.7.2013 costituisca violazione/elusione del giudicato, venendo in rilievo una riedizione del potere conseguente ad una nuova valutazione.
Per giurisprudenza costante (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 25 giugno 2013, n. 3439; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 27 ottobre 2010, n. 3842) perché possa ravvisarsi il vizio di violazione o elusione del giudicato – che comporta ai sensi degli artt. 21 septies legge n. 241/1990 e 114 cod. proc. amm. la radicale nullità dei provvedimenti che ne sono affetti ed è deducibile direttamente in sede di ottemperanza, indipendentemente dalla loro impugnazione nel termine di decadenza – “non è sufficiente che la nuova attività posta in essere dall’amministrazione dopo la formazione del giudicato alteri l’assetto degli interessi definito dalla pronuncia passata in giudicato, essendo necessario che l’amministrazione eserciti nuovamente la medesima potestà pubblica, già illegittimamente esercitata, in contrasto con il puntuale contenuto precettivo del giudicato amministrativo, oppure cerchi di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l’esercizio di una potestà pubblica formalmente diversa in palese carenza dei presupposti che lo giustificano; di conseguenza non è prospettabile tale vizio qualora l’amministrazione incida sull’assetto degli interessi definiti dal giudicato esercitando, per un fine suo proprio, un potere diverso da quello già utilizzato ovvero utilizzando un nuovo istituto giuridico e al di fuori della figura del manifesto sviamento di potere.”.
Permane, pertanto, in capo all’Amministrazione, in sede di riesercizio del potere, la potestà di stabilire un diverso assetto degli interessi coinvolti, fermo restando, naturalmente, l’eventuale azione impugnatoria per l’accertamento dei vizi di legittimità del nuovo provvedimento, da far valere nei modi, termini e garanzie proprie del giudizio ordinario di cognizione.
Il nuovo provvedimento reca, infatti, una differente motivazione rispetto al precedente del 3.5.2012 annullato con la sentenza n. 865/2013 ed una differente valutazione degli interessi in gioco.
Viceversa, se il menzionato provvedimento dell’11 luglio 2013 avesse nuovamente posto ad esclusivo fondamento del diniego l’esistenza di altri parenti che potevano prendersi cura della sig.ra *****, lo stesso sarebbe stato affetto da nullità per violazione/elusione del giudicato.
La domanda di ottemperanza deve, pertanto, essere disattesa.
Conseguentemente, dovrà disporsi la conversione dell’azione per la prosecuzione del giudizio dianzi a questo Tribunale con il rito ordinario (cfr. Ad. Plen. n. 2/2013).
Come evidenziato dalla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 2/2013, ciò appare consentito dall’art. 32, comma 2, primo periodo cod. proc. amm., in base al quale “il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali”, e la conversione dell’azione è ben possibile – ai sensi del secondo periodo del medesimo comma – “sussistendone i presupposti”.
Ciò, peraltro, presuppone che tale azione “impugnatoria” sia proposta non già entro il termine proprio dell’actio iudicati (dieci anni, ex art. 114, comma 1 cod. proc. amm., cui rinvia l’art. 31, comma 4 cod. proc. amm.), bensì entro il termine di decadenza previsto dagli artt. 29 e 41 cod. proc. amm.: il rispetto del termine decadenziale per la corretta instaurazione del contraddittorio è reso necessario, oltre che dalla disciplina del giudizio impugnatorio, anche dall’espresso richiamo alla necessità della sussistenza dei “presupposti” (tra i quali occorre certamente comprendere l’osservanza del termine decadenziale), effettuato dall’art. 32, comma 2 cod. proc. amm.
Giova osservare, infine, che la conversione dell’azione può essere disposta dal giudice dell’ottemperanza e non viceversa, perché solo questo giudice, per effetto degli artt. 21 septies legge n. 241/1990 e 114, comma 4, lett. b) cod. proc. amm., è competente, in relazione ai provvedimenti emanati dall’Amministrazione per l’adeguamento dell’attività amministrativa a seguito di sentenza passata in giudicato, per l’accertamento della nullità di detti atti per violazione o elusione del giudicato, e dunque della più grave delle patologie delle quali gli atti amministrativi possono essere affetti (cfr. Ad. Plen. n. 2/2013).
Nella fattispecie in esame, il presente ricorso (notificato in data 25.7.2013) è stato proposto dinanzi al giudice amministrativo dell’ottemperanza avverso un provvedimento dell’11.7.2013, così rispettando il termine decadenziale di cui agli artt. 29 e 41 cod. proc. amm.
In conclusione, dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione dell’azione di ottemperanza.
Deve, infine, disporsi la prosecuzione del giudizio per la definizione della domanda impugnatoria secondo il rito ordinario ai sensi dell’art. 32 cod. proc. amm.
La statuizione in ordine alle spese di giudizio viene rinviata alla decisione finale.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, non definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, così provvede:
1) respinge l’azione di ottemperanza;
2) dispone la prosecuzione del giudizio per la definizione della domanda impugnatoria secondo il rito ordinario ai sensi dell’art. 32 cod. proc. amm.
Spese al definitivo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013

Redazione