Appalti pubblici – Qualificazione per eseguire lavori pubblici – SOA (Cons. Stato, n. 5213/2013)

Redazione 29/10/13
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SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2001 del 2012, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio di Stato, Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, Conferenza Unificata Stato Regioni, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dello Sviluppo Economico (Ora Ministero dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti), Ministero per le Politiche Europee, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero per i **** e le Attività Culturali, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero degli Affari Esteri, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura gen. dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Rina Services Spa, rappresentata e difesa dagli avv. ***************, *********************, *************************, con domicilio eletto presso ************************* in Roma, corso Vittorio Emanuele, 349;

sul ricorso numero di registro generale 2003 del 2012, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio di Stato, Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, Conferenza Unificata Stato Regioni, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dello Sviluppo Economico (ora Ministero dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti), Ministero per le Politiche Europee, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero per i **** e le Attività Culturali, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero degli Affari Esteri, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura gen. dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Rina Spa, rappresentata e difesa dagli avv. *********************, ***************, **********************, con domicilio eletto presso ************************* in Roma, corso Vittorio Emanuele, 349;

sul ricorso numero di registro generale 2004 del 2012, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio di Stato, Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, Conferenza Unificata Stato Regioni, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dello Sviluppo Economico (ora Ministero dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti), Ministero per le Politiche Europee, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero per i **** e le Attività Culturali, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero degli Affari Esteri, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura gen. dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Soa Rina Organismo di Attestazione Spa, rappresentata e difesa dagli avv. **********************, *********************, ***************, con domicilio eletto presso ********************** in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 349;
per la riforma:
quanto al ricorso n. 2001 del 2012:
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma: Sezione I n. 09717/2011, resa tra le parti, concernente REGOLAMENTO DI ESECUZIONE ED ATTUAZIONE CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI RELATIVI A LAVORI, SERVIZI E FORNITURE IN ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE 2004/17/CE E 2004/18/CE;
quanto al ricorso n. 2003 del 2012:
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma: Sezione I n. 09715/2011, resa tra le parti, concernente REGOLAMENTO DI ESECUZIONE ED ATTUAZIONE CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI RELATIVI A LAVORI, SERVIZI E FORNITURE IN ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE 2004/17/CE E 2004/18/CE;
quanto al ricorso n. 2004 del 2012:
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma: Sezione I n. 09716/2011, resa tra le parti, concernente REGOLAMENTO DI ESECUZIONE ED ATTUAZIONE CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI RELATIVI A LAVORI, SERVIZI E FORNITURE IN ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE 2004/17/CE E 2004/18/CE.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di *****************, di ******** e di ****************** di Attestazione Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 luglio 2012 il Cons. **************** e uditi per le parti gli avvocati ***************, *************************, *********************, *************** e **************** (gli ultimi due avv.ti St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con l’appello r.g. n. 2001 del 2012, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le altre amministrazioni pubbliche indicate in epigrafe, impugnano la sentenza 13 dicembre 2011 n. 9717, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I, non definitivamente pronunciando, ha accolto il ricorso della ************* s.p.a., nella parte in cui è impugnato l’art. 64, co. 1, DPR n. 207/2010, il quale impone che la sede legale della SOA deve essere nel territorio della Repubblica.
La sentenza appellata – rigettata, in particolare, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse attuale e concreto della ricorrente, rispetto alle norme regolamentari impugnate – ha tra l’altro affermato:
– l’art. 64, co. 1, DPR n. 207/2010, nella parte in cui impone che la sede legale delle società organismo di attestazione deve essere nel territorio della Repubblica, concretizza una prescrizione ingiustificata, gravosa e in contrasto con i preminenti interessi della tutela della concorrenza; inoltre, esso integra una ipotesi di requisito discriminatorio ai fini dell’applicazione dei principi di stabilimento e libera prestazione dei servizi. E ciò in violazione degli artt. 14 e 16 direttiva 2006/123/CE;
– se è vero che, ai sensi dell’art. 40, co. 3, d. lgs. n. 163/2006, “le SOA, nell’esercizio dell’attività di attestazione per gli esecutori di lavori pubblici, svolgono funzioni di natura pubblicistica, è altrettanto vero che le stesse sono organismi di diritto privato che operano su un mercato completamente concorrenziale. Ne consegue che non trova applicazione l’art. 2 d. lgs. n. 59/2010, il quale prevede che le disposizioni del decreto non si applicano alle attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri;
– è rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 41 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 40, co. 3, d. lgs. n. 163/2006, nella parte in cui, ponendo il principio di esclusività dell’oggetto delle SOA, ha il duplice corollario di vietare ad un medesimo soggetto di svolgere contemporaneamente attività di organismo di certificazione e di SOA e di vietare ad un organismo di certificazione di avere partecipazioni azionarie in una SOA.
Avverso tale decisione, le amministrazioni appellanti propongono i seguenti motivi di ricorso:
a) error in iudicando, carenza di interesse al ricorso, poiché “appare solo ipotetico ed eventuale il pregiudizio per la sfera giuridica della società ricorrente, che tra l’altro, allo stato, ha sede a Genova . . e non risulta essere stata avanzata richiesta di apertura di una sede all’estero”;
b) error in iudicando; difetto di legittimazione passiva, poiché sussiste la legittimazione del solo Ministero delle nfrastrutture e dei trasporti, atteso che “le funzioni istituzionali svolte dalle altre amministrazioni nel procedimento di emanazione dell’atto impugnato sono di concerto o consultive”;
c) violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 40 d. lgs. n. 163/2006, art. 41 Cost., artt. 14 e 16 direttiva 2006/123/CE; artt. 2 e 11 d. lgs. n. 59/2010; insufficiente e/o contraddittoria motivazione; ciò in quanto “l’attività di qualificazione è attività soggetta a regime autorizzatorio ed a stringenti controlli da parte dell’Autorità di vigilanza”; esse svolgono “una funzione pubblica di certificazione che sfocia nell’emissione degli attestati di qualificazione, con valore di atto pubblico”. Ne consegue che “la tutela che il legislatore assicura a siffatta attività di attestazione . . . trova fondamento nell’esigenza di garantire e tutelare l’affidamento pubblico”, e la specificità della prestazione “ha condotto il legislatore a restringere i margini concorrenziali tra le SOA, mediante la regolamentazione di aspetti che ineriscono l’autonomia negoziale tra le parti . . . ed in termini di autonomia organizzativa interna e sul territorio delle stesse società”. Trova, dunque, applicazione l’art. 2 d. lgs. n. 59/2010, trattandosi di società che “partecipano all’esercizio di pubblici poteri e rientrano a pieno titolo nell’ipotesi in cui, secondo il Trattato, è possibile derogare al principio della libertà di stabilimento”.
Si è costituita in giudizio la ************* s.p.a., che ha concluso richiedendo comunque il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
In subordine, l’appellata (v. memoria 11 giugno 2012) chiede che questo Giudice disponga un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, al fine di ottenere la corretta interpretazione della normativa comunitaria (artt. 49 e 56 TFUE; artt. 14 e 16 direttiva 2006/123/CE, cd. direttiva servizi), “onde verificare se possa con essa essere compatibile una normativa nazionale come quella dell’art. 64 DPR n. 207/2010”.
Con ordinanza 14 aprile 2012 n. 1427, questo Consiglio di Stato, sez. IV, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
Dopo il deposito di ulteriori memorie e repliche, all’odierna udienza la causa è stata riservata in decisione.
2. Con l’appello r.g. n. 2003 del 2012, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le altre amministrazioni pubbliche indicate in epigrafe, impugnano la sentenza 13 dicembre 2011 n. 9715, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I, non definitivamente pronunciando, ha accolto il ricorso della ************* s.p.a., nella parte in cui è impugnato l’art. 64, co. 1, DPR n. 207/2010, il quale impone che la sede legale della SOA deve essere nel territorio della Repubblica.
La sentenza appellata – rigettata, in particolare, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse attuale e concreto della ricorrente, rispetto alle norme regolamentari impugnate – ha tra l’altro, anche in questo caso, dichiarata rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 41 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 40, co. 3, d. lgs. n. 163/2006, nella parte in cui, ponendo il principio di esclusività dell’oggetto delle SOA, ha il duplice corollario di vietare ad un medesimo soggetto di svolgere contemporaneamente attività di organismo di certificazione e di SOA e di vietare ad un organismo di certificazione di avere partecipazioni azionarie in una SOA.
Avverso tale decisione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le altre Amministrazioni appellanti propongono i medesimi motivi di appello proposti avverso la coeva sentenza n. 9717/2011 (sub lett. da a) a c) sub 1) dell’esposizione in fatto). Si precisa, in relazione al secondo motivo di appello, che vi è stata omessa pronuncia sull’eccezione di difetto di legittimazione passiva.
Si è costituita in giudizio la **** s.p.a., che ha concluso richiedendo comunque il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
In subordine, l’appellata chiede, anche in questo giudizio (v. memoria 11 giugno 2012), che questo Giudice disponga un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, al fine di ottenere la corretta interpretazione della normativa comunitaria (artt. 49 e 56 TFUE; artt. 14 e 16 direttiva 2006/123/CE, cd. direttiva servizi), “onde verificare se possa con essa essere compatibile una normativa nazionale come quella dell’art. 64 DPR n. 207/2010”.
Con ordinanza 14 aprile 2012 n. 1428, questo Consiglio di Stato, sez. IV, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
Dopo il deposito di ulteriori memorie e repliche, all’odierna udienza la causa è stata riservata in decisione.
3. Con l’appello r.g. n. 2004 del 2012, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le altre amministrazioni pubbliche indicate in epigrafe, impugnano la sentenza 13 dicembre 2011 n. 9716, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I, non definitivamente pronunciando, ha accolto il ricorso della SOA Rina Organismo di attestazione s.p.a., nella parte in cui è impugnato l’art. 64, co. 1, DPR n. 207/2010, il quale impone che la sede legale della SOA deve essere nel territorio della Repubblica.
La sentenza appellata – rigettata, in particolare, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse attuale e concreto della ricorrente, rispetto alle norme regolamentari impugnate – ha anche in questo giudizio, come nei precedenti, sollevato la identica questione di legittimità costituzionale (v. sub punti 1 e 2 dell’esposizione in fatto).
Avverso tale decisione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le altre Amministrazioni appellanti propongono i medesimi motivi di appello proposti avverso la coeva sentenza n. 9717/2011 (sub lett. da a) a c) sub 1) dell’esposizione in fatto).
Si è costituita in giudizio la SOA Rina Organismo di attestazione s.p.a., che ha concluso richiedendo comunque il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
In subordine, l’appellata chiede, anche in questo giudizio (v. memoria 11 giugno 2012), che questo Giudice disponga un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, al fine di ottenere la corretta interpretazione della normativa comunitaria (artt. 49 e 56 TFUE; artt. 14 e 16 direttiva 2006/123/CE, cd. direttiva servizi), “onde verificare se possa con essa essere compatibile una normativa nazionale come quella dell’art. 64 DPR n. 207/2010”.
Con ordinanza 14 aprile 2012 n. 1429, questo Consiglio di Stato, sez. IV, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
Dopo il deposito di ulteriori memorie e repliche, all’udienza di trattazione la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

4. Il Collegio deve innanzi tutto procedere alla riunione dei ricorsi, ex art. 70 Cpa, stante la evidente connessione dei medesimi, di modo che in ordine agli stessi possa essere pronunciata una unica decisione.
5. Il Collegio ritiene, innanzi tutto, infondati i primi due motivi di ricorso (intendendosi, quanto al secondo motivo come articolato nel giudizio r.g. n. 2003/2012, che lo stesso è esaminato per la prima volta nella presente sede di appello, stante l’omessa pronuncia sul medesimo da parte della sentenza impugnata).
Con i predetti motivi di impugnazione, le amministrazioni appellanti ripropongono, in sostanza:
– la domanda di declaratoria di inammissibilità del ricorso instaurativo del giudizio di I grado, stante il difetto di interesse attuale;
– la domanda di declaratoria di inammissibilità del ricorso instaurativo del giudizio di I grado per difetto di legittimazione passiva, nei confronti delle Amministrazioni diverse dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti.
Quanto al primo dei motivi ora richiamati – ed in relazione ai presupposti e condizioni perché una norma regolamentare possa essere immediatamente impugnata (indipendentemente, cioè, dall’adozione di un successivo provvedimento applicativo, ponendosi lo stesso regolamento, per tale parte, come atto sostanzialmente provvedimentale) – questo Consiglio di Stato (sez. IV, 16 febbraio 2012 n. 812) ha già avuto modo di pronunciarsi, con considerazioni che devono intendersi ribadite nella presente sede.
Nel caso di specie, giova inoltre osservare che il I giudice ha condivisibilmente ritenuto immediatamente lesive le norme regolamentari impugnate (artt. 66 e 64 DPR n. 207/2010, posto che (in particolare per ciò che riguarda nella presente sede) l’obbligo per le SOA di avere la sede legale nel territorio della Repubblica costituisce un precetto cogente, che si applica ai destinatari a prescindere da qualunque provvedimento applicativo.
Né a tali fini rileva che – come osservato dalle amministrazioni appellanti – la società appellata ha attualmente sede in Italia, posto che l’utilità immediatamente ricavabile dall’annullamento della norma impugnata (ancora condividendo quanto affermato dal I giudice), “è quella di poter spostare liberamente la propria sede legale, attualmente nel territorio nazionale, all’interno dell’Unione Europea, continuando a poter svolgere l’attività di attestazione anche nel territorio italiano”.
Quanto al secondo dei motivi sopra richiamati – afferente al difetto di legittimazione passiva delle amministrazioni statali diverse dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, il Collegio ritiene che lo stesso sia infondato, posto che le amministrazioni evocate in giudizio – che sono tutte amministrazioni statali, e pertanto sono unitariamente costituite in giudizio per il tramite del patrocinio ex lege dell’Avvocatura dello Stato – hanno comunque (come condivisibilmente rilevato dalla sentenza di I grado) “partecipato al procedimento di formazione, approvazione e pubblicazione del regolamento”.
Occorre solo aggiungere, in via generale, che l’essere intervenuti in un procedimento amministrativo esplicando funzioni “di concerto o consultive”, contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, non esclude ex se la legittimazione passiva in sede processuale delle amministrazioni intervenienti, posto che detta legittimazione non è riconoscibile alla sola amministrazione emanante il provvedimento finale, ma anche a quelle adottanti atti endoprocedimentali, ritenuti illegittimi e pertanto impugnati unitamente al provvedimento finale.
6. Con il terzo motivo di ricorso, le amministrazioni appellanti lamentano l’error in iudicando della sentenza impugnata (e dunque, in particolare, violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 40 d. lgs. n. 163/2006, art. 41 Cost, artt. 14 e 16 direttiva 2006/123/CE; artt. 2 e 11 d. lgs. n. 59/2010), in quanto “l’attività di qualificazione è attività soggetta a regime autorizzatorio ed a stringenti controlli da parte dell’Autorità di vigilanza”; esse svolgono “una funzione pubblica di certificazione che sfocia nell’emissione degli attestati di qualificazione, con valore di atto pubblico”.
Da ciò consegue che “la tutela che il legislatore assicura a siffatta attività di attestazione . . . trova fondamento nell’esigenza di garantire e tutelare l’affidamento pubblico”, e la specificità della prestazione “ha condotto il legislatore a restringere i margini concorrenziali tra le SOA, mediante la regolamentazione di aspetti che ineriscono l’autonomia negoziale tra le parti . . . ed in termini di autonomia organizzativa interna e sul territorio delle stesse società”.
Trova, dunque, applicazione l’art. 2 d. lgs. n. 59/2010, trattandosi di società che “partecipano all’esercizio di pubblici poteri e rientrano a pieno titolo nell’ipotesi in cui, secondo il Trattato, è possibile derogare al principio della libertà di stabilimento”.
In ordine a tali profili, l’appellata (v. memoria 11 giugno 2012) chiede che questo Giudice disponga un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, al fine di ottenere la corretta interpretazione della normativa comunitaria (artt. 49 e 56 TFUE; artt. 14 e 16 direttiva 2006/123/CE, cd. direttiva servizi), “onde verificare se possa con essa essere compatibile una normativa nazionale come quella dell’art. 64 DPR n. 207/2010”.
Orbene, l’art. 64, co. 1, DPR 5 ottobre 2010 n. 207, prevede, tra l’altro, che, per le “società organismi di attestazione” (costituite nella forma delle società per azioni), “la sede legale deve essere nel territorio della Repubblica”.
In tale previsione, la società ricorrente in I grado (ed il primo giudice) individuano una norma limitativa delle libertà di stabilimento e di concorrenza, di cui devono godere le imprese appartenenti a Paesi dell’Unione Europea nell’ambito del territorio dell’Unione.
Questo Collegio, quindi, in ragione dei motivi dei ricorsi instaurativi dei giudizi di I grado, nonché dei conseguenti ricorsi in appello proposti dalle Amministrazioni, deve giudicare della legittimità della predetta norma regolamentare, anche in relazione a precise disposizioni del Trattato per il funzionamento dell’Unione Europea.
Ed infatti:
– per un verso, l’art. 49 del Trattato, relativo al “diritto di stabilimento”, vieta “restrizioni” alla libertà di stabilimento dei cittadini e delle imprese di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato, affermando espressamente che “la libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio”;
– per altro verso, l’art. 56 vieta le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione;
– per altro verso ancora, l’art. 51 del Trattato esclude dall’applicazione di talune disposizioni (tra le quali il citato art. 49) le attività che, nell’ambito dello Stato, partecipano, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri.
Occorre, dunque, comprendere (e per questo si rende necessario rimettere preliminarmente la questione interpretativa alla Corte di giustizia dell’Unione Europea), se il divieto di restrizioni di cui ai citati artt. 49 e 56 del Trattato possa riferirsi anche alle SOA.
E ciò in quanto questi organismi, pur a fronte della loro natura giuridica (società per azioni) e la loro operatività sul libero mercato in regime di concorrenza, partecipano tuttavia dell’esercizio di pubblici poteri (in specie, certificativi) e sono pertanto sottoposti a controlli da parte delle Pubbliche Autorità competenti (e quindi potrebbe configurarsi, in relazione all’attività degli stessi, l’applicazione dell’esclusione dai divieti, prevista dal citato art. 51).
Tanto premesso, il Collegio ritiene di dover rimettere alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale in ordine alla compatibilità dell’art. 64 DPR n. 207/2010 con gli articoli 49 e 56 Trattato di funzionamento dell’Unione Europea e con gli artt. 14 e 16 della direttiva 2006/123/CE, in particolare sottoponendo i seguenti quesiti:
– se i principi del Trattato sulla libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) e sulla libera prestazione di servizi (art. 56 TFUE), nonché quelli di cui alla direttiva 2006/123/CE, ostino alla adozione ed applicazione di una normativa nazionale che sancisce che per le SOA, costituite nella forma delle società per azioni, “la sede legale deve essere nel territorio della Repubblica”;
– se la deroga di cui all’art. 51 TFUE debba essere interpretata nel senso di ricomprendere una attività come quella di attestazione svolta da organismi di diritto privato, i quali: per un verso, devono essere costituiti nella forma delle società per azioni ed operano in un mercato concorrenziale; per altro verso, partecipano dell’esercizio di pubblici poteri e, per questo, sono sottoposti ad autorizzazione e a stringenti controlli da parte dell’Autorità di vigilanza.
Nelle more della pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione Europea, si rende necessario disporre, ai sensi dell’art. 79 Cpa, la sospensione del presente processo, riservando alla sentenza definitiva ogni pronuncia in merito alle spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
non definitivamente pronunciando sugli appelli proposti dalla Presidenze del Consiglio ed altri, come in epigrafe indicati (r.g. nn. 2001, 2003 e 2004 del 2012):
a) riunisce gli appelli;
b) rigetta i primi due motivi di ciascuno degli appelli riuniti;
c) rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale indicata in motivazione, e pertanto ordina di trasmettere alla medesima Corte copia conforme all’originale della presente sentenza non definitiva, nonché copia integrale dei fascicoli delle cause riunite;
d) dispone, nelle more della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la sospensione del presente giudizio;
e) riserva alla sentenza definitiva ogni pronuncia in ordine alle spese, diritti ed onorari del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2012

Redazione