Animali maltrattati: il proprietario del circo è responsabile penalmente (Cass. pen. n. 11606/2012)

Redazione 26/03/12
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Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 7 febbraio 2011, il Tribunale di Pistoia sez. dist. di Monsummano Terme, ha assolto C.V. dal reato di cui all’art. 544-ter cod. pen. perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

2. Il predetto era stato chiamato a rispondere del reato contestato per avere, quale gestore e titolare del “(omissis)” senza necessità, ovvero con condotte omissive derivanti da incuria e inosservanza dei principi riconducibili alle caratteristiche etologiche delle singole specie animali, cagionato lesioni a quelli detenuti e, in particolare, per aver provocato agli stessi uno stato di grave sofferenza e decadimento dello stato di salute ed, in ad alcuni volatili, vere e proprie lesioni dell’integrità psicofisica e per aver detenuto ed adibito a spettacoli detti animali in condizioni incompatibili con la loro natura, procurando loro gravi sofferenze.

3. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia.

Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando che la sentenza impugnata si fonda sull’erronea lettura dell’art. 19 ter disp. coord. c.p., che il giudice ha considerato quale vera e propria immunità, normativamente prevista, per i reati di cui al Titolo 9^ – bis del Libro Secondo del codice penale, mentre, al contrario, tale disposizione altro non è se non l’esplicitazione del principio di specialità di cui all’art. 15 e della scriminante dell’esercizio di un diritto di cui all’art. 51.

Osserva, altresì, che l’interpretazione offerta dal giudice consentirebbe, in teoria, agli esercenti le attività menzionate dall’art. 19 ter citato, di commettere impunemente i reati disciplinati dal Titolo 9^ – bis e mal si concilierebbe con il disposto dell’art. 544 sexies c.p., il quale, per i reati previsti dagli articoli precedenti, prevede confisca e pene accessorie che inequivocabilmente riguardano anche attività, quali quelle di allevamento e trasporto, che la sentenza impugnata ritiene immuni da sanzioni.

Inoltre, quale ulteriore conseguenza, a fronte della impunità per i suddetti reati, resterebbe paradossalmente intatta la possibilità di sanzionare le meno gravi condotte previste dall’art. 727 c.p., comma 2 non essendo tale disposizione contemplata tra quelle richiamate dall’art. 19 ter disp. coord. c.p..

Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

L’art. 19 ter disp. att. c.p. è stato introdotto dalla L. 20 luglio 2004, n. 189, recante “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali nonchè l’impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate” la quale ha profondamente innovato la disciplina della tutela degli animali, in precedenza affidata, in via principale, all’art. 727 c.p., che, rispetto alla originale stesura, aveva già subito alcune modifiche ad opera della L. 22 novembre 1993, n. 473 “Nuove norme contro il maltrattamento di animali”.

Esso stabilisce che le disposizioni del Titolo 9^-bis del Libro Secondo del codice penale non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di attività circense, di giardini zoologici, nonchè dalle altre leggi speciali in materia di animali e che le medesime disposizioni non si applicano, altresì, alle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla regione competente.

2. E’ di tutta evidenza, perchè lo si desume dal tenore letterale della disposizione, come correttamente osservato in ricorso, che l’eccezione deve ritenersi operante solo nel caso in cui le attività in essa menzionate vengano svolte entro l’ambito di operatività delle disposizioni che le disciplinano e che ogni comportamento che esuli da tale ambito è suscettibile di essere penalmente valutato.

Come osservato in dottrina, infatti, la ratio ispiratrice della norma è quella di escludere l’applicabilità delle norme penali poste a tutela degli animali con riferimento ad attività obbiettivamente lesive della loro vita o salute a condizione che siano svolte nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano perchè considerate socialmente adeguate al consesso umano.

La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di rilevare, con riferimento alla disciplina sulla caccia, che costituisce ipotesi di sevizia configurante maltrattamento l’utilizzazione come richiamo per la caccia di una cesena viva, imbracata con una cordicella e costretta mediante strattoni a levarsi in volo per poi ricadere pesantemente al suolo o su un albero e che l’uso a scopo venatorio di richiami vivi con tali modalità che, se anche non vietate espressamente dalla L. n. 157 del 1992, debbono ritenersi illecite, non costituisce alcuno dei casi previsti dalla legge speciale in materia cui si riferisce l’art. 19 ter disp. coord. c.p. (Sez. 3 n. 46784, 21 dicembre 2005).

In altra occasione, sempre con riferimento alla disciplina dell’attività venataria, si è ulteriormente precisato che le norme di cui alla L. n. 157 del 1992 non si pongono in rapporto di specialità con tutte le disposizioni del codice penale, in quanto l’art. 19 ter disp. coord. c.p. richiama solo quelle di cui al Titolo 9^-bis del Libro Secondo, senza alcun riferimento alle ipotesi contravvenzionali di cui all’art. 727 c.p. come modificato dalla L. n. 189 del 2004, rispetto al quale la diversa oggettività giuridica e l’assenza di rapporto di specialità, consentono di ritenere il concorso con il reato di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30 (Sez. 3 n. 41742, 30 ottobre 2009).

3. Tra i casi richiamati dall’art. 19 ter disp. coord. c.p. rientra, come si è già detto, l’attività circense, riguardo alla quale è dunque necessario rinvenire la normativa di riferimento.

Detta attività risulta disciplinata, in primo luogo, dalla L. 18 marzo 1968, n. 337 recante “Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo viaggiante” che riconosce a tale attività una funzione sociale, sostenendo il consolidamento e lo sviluppo del settore (articolo 1) e fornisce la definizione di “spettacoli viaggianti”, individuando come tali le “attività spettacolari, i trattenimenti e le attrazioni allestiti a mezzo di attrezzature mobili, all’aperto o al chiuso, ovvero i parchi permanenti, anche se in maniera stabile” ed escludendo gli apparecchi automatici e semi-automatici da trattenimento.

La legge non prende però in esame gli aspetti concernenti la detenzione degli animali, così come le successive L. 26 luglio 1975, n. 375; L. 29 luglio 1980, n. 390 e L. 9 febbraio 1982, n. 37 che riguardano l’assegnazione di contributi economici.

E’ tuttavia espressamente consentita la detenzione di animali pericolosi ai sensi della L. 7 febbraio 1992, n. 150 “Disciplina dei reati relativi all’applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla L. 19 dicembre 1975, n. 874, e dei regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonchè norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica” ai sensi dell’art. 6, comma 6, lett. b) (come modificato dalla Legge 426/1998) ai circhi ed alle mostre faunistiche permanenti o viaggianti, dichiarati idonei dalle autorità competenti in materia di salute e incolumità pubblica, sulla base dei criteri generali fissati previamente dalla commissione scientifica competente.

3.1. Detta Commissione Scientifica è stata successivamente istituita con D.M. Ambiente 27 aprile 1993 ed ha fornito alcune “linee guida per il mantenimento degli animali nei circhi e nelle mostre itineranti” oggetto di successive rivisitazioni.

La funzione meramente consultiva della Commissione e l’ambito di operatività delimitato dalla specifica materia disciplinata dalla L. n. 150 del 1992 evidenziano un’efficacia particolarmente contenuta, pur consentendo l’utilizzazione di tali linee guida come utile criterio di riferimento per eventuali valutazioni anche riguardanti il rilievo penale di determinate modalità di detenzione.

Nell’Allegato A viene peraltro espressamente specificato che la valutazione sullo stato di benessere dell’animale deve, in ogni caso, essere effettuata in modo globale, da personale qualificato, tenendo anche conto di particolari esigenze locali, stagionali o legate a singoli animali, che, sebbene possano portare ad un parziale scostamento dai requisiti stabiliti, non compromettano il benessere animale, con la conseguenza che il mancato rispetto di uno o più dei requisiti non integra automaticamente il reato di maltrattamento, la cui valutazione la Commissione rimette al personale qualificato e incaricato dall’Autorità competente, richiamando la L. n. 189 del 2004.

Detta Legge viene successivamente menzionata nel successivo “Protocollo operativo”, stabilendo: “… qualora si riscontrasse che, contrariamente a quanto indicato nella documentazione preventivamente presentata, le strutture di detenzione degli animali non siano adeguate a quanto prescritto, i Servizi veterinari, nel caso che tali carenze non siano sanabili in tempi brevi con adeguate prescrizioni, richiederanno al Comune, se i tempi io consentono, un’ordinanza di sospensione dell’attività circense in toto o limitatamente alla struttura inadeguata. Contemporaneamente, potranno procedere a norma di legge per “Dichiarazione mendace” o, qualora ne esistano gli estremi, ai sensi della L. n. 189 del 2004 (Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali)”. 3.2. Va osservato che detta formulazione appare fuorviante, in quanto sembra voler attribuire ai soggetti preposti ai controlli, in presenza di fatti costituenti reato, la mera facoltà di segnalarli, in contrasto con l’obbligo di denuncia imposto dall’art. 331 c.p.p. ai pubblici ufficiali e agli incaricati di un pubblico servizio.

3.4. La menzionata L. n. 150 del 1992 impone inoltre ai circhi anche la tenuta del registro di detenzione delle specie animali istituito con D.M. Ambiente Tutela Territorio 8 gennaio 2002. 3.5. Altre disposizioni cui devono attenersi gli esercenti attività circense svolta mediante utilizzo di animali possono essere rivenute, ad esempio, nel D.Lgs. 5 Luglio 2007, n. 151 recante “Disposizioni sanzionatorie per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1/2005 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate” e nel Regolamento (CE) n. 1739/2005 della Commissione, del 21 ottobre 2005, che stabilisce norme sanitarie per la circolazione degli animali da circo tra gli Stati membri.

4. Va ulteriormente osservato che le richiamate disposizioni, oltre a non contemplare tutte le specie animali eventualmente utilizzate negli spettacoli circensi, prendono in considerazione solo alcune delle attività correlate all’utilizzo degli animali, come il trasporto o la mera detenzione, tralasciandone altre certamente non secondarie, come nel caso dell’addestramento, in occasione del quale la violazione delle disposizioni penali poste a tutela degli animali potrebbe comunque verificarsi.

5. L’insieme delle disposizioni in precedenza richiamate risulta, dunque, frammentano e, per quel che qui interessa, sicuramente inidoneo a delineare l’attività circense nel suo complesso.

Ne consegue che l’ambito di operatività dell’art. 19 ter disp. coord. c.p., nei termini come sopra individuati, risulta particolarmente contenuto per quanto riguarda dette attività, lasciando così ampio spazio all’applicazione delle disposizioni penali di cui agli artt. 544-bis e ss. c.p..

6. In conclusione, può quindi affermarsi il principio secondo il quale “l’art. 19 ter disp. coord. c.p non esclude in ogni caso l’applicabilità delle disposizioni del Titolo 9^-bis del Libro Secondo del codice penale all’attività circense ed alle altre attività menzionate, ma esclusivamente a quelle svolte nel rispetto delle normative speciali che espressamente le disciplinano”.

La sentenza impugnata deve dunque essere annullata con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Pistoia.

Redazione