Al committente la condanna se manca il Duvri (Cass. pen. n. 42470/2013)

Redazione 16/10/13
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Ritenuto in fatto

1. M. R., propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale il tribunale di Novara, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, lo ha condannato alla pena dell’ammenda avendolo ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 7 comma 3 e 89 comma 2 lettera b) DLGS 626/a 94 perché, nella qualità di datore di lavoro e dirigente della T. S.p.A. divisione cargo esercizio cargo area Torino e coordinamento Piemonte Liguria non provvedeva ad elaborare in collaborazione con N. e E. un unico documento di valutazione dei rischi indicante le misure da adottare per eliminare i rischi e le interferenze per le attività da svolgersi presso il piazzale del terminal.
Il fatto risulta accertato il 26 ottobre 2007 all’esito degli accertamenti avviati in occasione di un infortunio sul lavoro.
2. Deduce in questa sede il ricorrente la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione nonché l’erronea applicazione di legge.
Le questioni poste dal ricorrente si incentrano sull’interpretazione dell’articolo 7 comma 3 dlgs 626/94 all’epoca vigente, sostituito oggi dall’articolo 26 del DLgs 81/2008, che impone al datore di lavoro committente la redazione del documento unico di valutazione dei rischi di interferenza (DUVRI). Si fa rilevare al riguardo che la titolarità dell’obbligo di redigere il documento unico spetta al datore di lavoro committente, che il reato ha quindi natura propria e che nella specie la committenza andava individuata in capo alla società E. cui andava ricondotta la disponibilità giuridica dell’interporto ove venivano eseguiti i lavori. La posizione di T., secondo il ricorrente, era invece assimilabile a quella di un’impresa appaltatrice in quanto ad essa erano state affidate dalle altre due società le attività inerenti alla movimentazione merci sul binario. Si aggiunge che la società T. avrebbe potuto al più essere chiamata a rispondere della violazione del comma 2 dell’articolo 7 ma che ciò non aveva formato oggetto di contestazione e si sottolinea anche l’omissione della motivazione sugli aspetti indicati.

Considerato in diritto

Questa Sezione ha avuto modo di recente di puntualizzare con la sentenza n. 2285 del 14/11/2012 (Rv. 254836), alle cui motivazioni deve farsi richiamo, che a seguito della introduzione dell’art. 26 dlgs n. 81}2008, che ha sostituito l’art. 7 dlgs 626/94, la contravvenzione di omessa elaborazione del documento di valutazione dei rischi in caso di contratto d’appalto, d’opera o di somministrazione – già denominato come piano di sicurezza e coordinamento nel d.lgs. n. 626 del 1994 – deve ritenersi, un reato proprio del committente e non può pertanto più essere imputata anche al datore di lavoro appaltatore.
L’assunto difensivo circa l’esclusiva responsabilità della società committente per la violazione dell’art. 7 co. 3 dlgs 626194 trova in tale pronunciamento implicita smentita in punto di principio.
Al tempo stesso, tuttavia è innegabile che proprio dalla decisione di questa Sezione si rileva come nella specie si dovrebbe affrontare il diverso problema, anch’esso rilevante per la punibilità della condotta contestata, della rilevanza penale del fatto per effetto della successione di leggi.
Il problema non è tuttavia allo stato dl immediata risoluzione.
A monte di tutto si pone, infatti, la necessità di ricostruire esattamente i termini fattuali della vicenda.
Si impone, infatti la verifica circa la effettiva posizione di committente da parte della società E., che il ricorrente sostiene in punto di fatto senza che nella sentenza sia possibile rinvenire elementi certi di riscontro.
Il ricorrente si limita infatti a dare per scontato il quadro di riferimento fattuale che la Corte non è in alcun modo in grado di verificare.
Né si rende possibile alcun rinvio sul punto essendo nelle more maturata la prescrizione del reato alla data del 25.12.2012.
Non rimane in questa sede che annullare, quindi, la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma in data 1 ottobre 2013

Redazione