“Scappatella” coniugale e addebito della separazione

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L’articolo 143 del codice civile  rubricato “diritti e doveri reciproci dei coniugi” recita:

Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.

Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.

Il vincolo del matrimonio, si realizza firmando un vero e proprio contratto con il coniuge, che implica diritti e doveri.

A norma del comma 2 dell’articolo sopra riportato, c’è il dovere relativo alla fedeltà reciproca.

Il tradimento rappresenta una violazione dei doveri che nascono dal connubio.

Il giudice che decide, potrebbe addebitare la separazione “al traditore”, che sarebbe indicato come il responsabile del fallimento del rapporto, perché ha violato i doveri coniugali, e sarebbe chiamato a subire le conseguenze.

Con il tradimento è possibile subire l’addebito della separazione per infedeltà.

La “scappatella” o una relazione, potrebbero essere indice di una crisi coniugale in atto e non provocata dal tradimento stesso.

Se le incomprensioni e divergenze della coppia sono imputabili a qualche altro motivo, ad esempio,  il frequente venir meno, con gli anni, dell’affetto tra i coniugi.

Andare a letto con un altra persona, anche se moralmente inaccettabile, non può essere qualificato in modo così grave da giustificare l’addebito della separazione, come ha di recente confermato un Tribunale di merito (Trib. di Larino sent. n. 398/2017), giustificando, in questo senso, la doppia vita sessuale di un uomo.

Se la crisi di coppia è stata causata dal tradimento, anche se occasionale, l’addebito appare ammissibile ed inevitabile.

Sarà compito e onere del coniuge infedele provare, nel giudizio di separazione, che la propria infedeltà non ha provocato la crisi, essendo la stessa avvenuta per altri motivi (Cass. civ. sent. 10823/2016).

La prima e più grave conseguenza è quella della perdita dell’assegno di mantenimento.

Il cosiddetto “coniuge più debole” (ad esempio, una casalinga) ha diritto al mantenimento a carico dell’altro, se ha provocato la separazione, il coniuge infedele perde questa possibilità, anche se ne avrebbe diritto (ex art. 156 c.c.).

Altra importante perdita è quella dei diritti ereditari.

Il traditore o la traditrice che con il proprio comportamento ha provocato la separazione, subendone l’addebito, non può succedere al proprio coniuge alla morte di costui.

Al coniuge responsabile della rottura del matrimonio non spetta nessun diritto in materia previdenziale (ad esempio la pensione di reversibilità).

Il coniuge che ha subito la separazione potrebbe agire, in risarcimento (ex art, 2043 c.c.), contro il responsabile della crisi coniugale.

La moglie o il marito infedeli, a seguito della separazione addebitata, potrebbero versare in uno stato di bisogno.

In questo caso, nonostante siano stati individuati come responsabili, hanno diritto a un assegno alimentare a carico dell’altro coniuge.

In presenza di questa circostanza (lo stato di bisogno e l’assegno alimentare), alla morte del partner incolpevole, avranno diritto a un assegno successorio, così come alle prestazioni previdenziali.

L’addebito della separazione non influisce sul versamento del mantenimento a favore dei figli, eventualmente e prevalentemente affidati al coniuge che ha subito l’addebito della separazione per infedeltà.

Il dovere di mantenere, educare e indirizzare i figli grava sempre su entrambi i coniugi, compreso il incolpevole della rottura del matrimonio.

Se non avrà l’affidamento dei figli, avrà l’onere di versare il mantenimento in proporzione dovuta per la sua prole.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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