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Indice
- 1. La questione: mancata considerazione, da parte della Corte territoriale, della richiesta di rito partecipato proposta nell’atto di appello
- 2. La soluzione adottata dalla Cassazione
- 3. Conclusioni: pur dovendo essere proposta con istanza separata e successiva alla fissazione dell’udienza, la richiesta di rito partecipato non è automaticamente irricevibile se contenuta nell’atto di appello, né la Corte di Appello è obbligata a esaminarla
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1. La questione: mancata considerazione, da parte della Corte territoriale, della richiesta di rito partecipato proposta nell’atto di appello
La Corte di Appello di Lecce confermava una sentenza emessa dal Tribunale della medesima città, con cui l’imputato era condannato per il reato di cui all’art. 4, comma 2, L. n. 110 del 1975 alla pena di quattro mesi di arresto e 667 euro di ammenda.
Ciò posto, avverso questa decisione ricorreva per Cassazione il difensore dell’accusato il quale, tra i motivi ivi addotti, eccepiva che, sebbene, con l’atto di appello, fosse stata formulata richiesta di trattazione in presenza, tuttavia, tale richiesta era stata disattesa in quanto i giudici di seconde cure avevano proceduto con udienza non partecipata. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon, il Codice di Procedura Penale e norme complementari, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon, e il Codice Penale e norme complementari 2026 – Aggiornato a Legge AI e Conversione dei decreti giustizia e terra dei fuochi, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, si osservava innanzitutto che – a fronte della censura formulata dal ricorrente secondo la quale una richiesta di discussione orale, presentata ancor prima della fissazione dell’udienza, e segnatamente nello stesso atto di appello, avrebbe dovuto essere presa in considerazione dalla Corte di Appello, che non avrebbe potuto esimersi dal disporre che l’udienza si svolgesse con la partecipazione delle parti – tale linea difensiva non fosse in alcun modo confortata dal dato testuale delle norme applicabili che, collocando temporalmente la possibilità di chiedere il rito partecipato ad un momento successivo alla fissazione dell’udienza, evidentemente escludono che la richiesta possa essere contenuta sin dall’inizio nell’atto di impugnazione o quantomeno che, ove presentata in queste forme, debba essere esitata, deducendosi al contempo che la previsione della formulazione della richiesta con una successiva istanza autonoma risponde alla ratio di consentire la migliore organizzazione delle udienze (Sez. 5, n. 34695 dell’11/7/2024).
In effetti, per vero, con tale ratio non confligge irrimediabilmente la presentazione della richiesta di rito partecipato con lo stesso atto di appello, tanto è vero che la stessa Relazione illustrativa della riforma c.d. Cartabia (p. 168), nella parte dedicata al rito camerale “non partecipato” in appello (che con il d.lgs. n. 150 del 2022 è appunto divenuto la regola nel giudizio di appello, in sostanziale continuità con la normativa emergenziale per il contrasto alla pandemia da Covid-19 che ne aveva determinato la genesi), afferma espressamente che ‹‹resta invece affidata alle “prassi virtuose” l’eventuale soluzione di far precedere la citazione in giudizio da un “interpello”, ove ritenuto utile ai fini di una più ordinata calendarizzazione delle udienze›› e, dunque, per il Supremo Consesso, la richiesta di partecipazione, antecedente alla fissazione dell’udienza e salvaguardia delle esigenze organizzative della Corte territoriale, non sono, nella stessa visione del legislatore, tra loro incompatibili, restando, tuttavia, il fatto che, da un lato, l’auspicio della Relazione illustrativa sopra richiamata non si sia tradotto in una apposita previsione normativa e, dall’altro, che in ogni caso esso era limitato alla fase intercorrente tra l’impugnazione e la fissazione dell’udienza.
Pertanto, per i giudici di piazza Cavour, è necessario che la richiesta di rito partecipato, conformemente al dettato legislativo, sia proposta con un’istanza separata dall’atto di appello e dopo la fissazione dell’udienza, fermo restando però che, se ciò non comporta che, di per sé, la richiesta avanzata con lo stesso atto di appello sia irricevibile e che i giudici di piazza Cavour non ne possano per ciò solo tenerne eventualmente conto, ad ogni modo, l’appellante che, differentemente da quanto previsto dalla legge, chieda il rito partecipato con l’atto di appello, si espone al rischio che l’istanza non sia esaminata, assumendo su di sé l’onere – ove sulla stessa non si sia provveduto, senza che ne derivi alcuna sanzione processuale – di riproporla con atto autonomo nei termini decorrenti dopo la fissazione dell’udienza.
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3. Conclusioni: pur dovendo essere proposta con istanza separata e successiva alla fissazione dell’udienza, la richiesta di rito partecipato non è automaticamente irricevibile se contenuta nell’atto di appello, né la Corte di Appello è obbligata a esaminarla
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che la richiesta di rito partecipato in appello va proposta con istanza separata e dopo la fissazione dell’udienza.
Tuttavia, per la Corte di legittimità, quanto appena esposto non comporta però che di per sé tale richiesta avanzata con lo stesso atto di appello sia irricevibile e che la Corte di Appello non ne possa per ciò solo tenerne eventualmente conto ma, trattandosi per l’appunto di una mera eventualità, la Corte territoriale non ha l’obbligo di esaminarla, potendosi astenere da fare ciò, senza che ciò determini alcuna conseguenza processuale.
Tale provvedimento, quindi, proprio per codesto interessante chiarimento, deve essere tenuto nella dovuta considerazione ogni volta si faccia una richiesta di questo genere.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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