Riscossione dei tributi: responsabilità del cessionario d’azienda

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In materia di riscossione dei tributi, è molto importante stabilire le condizioni ed i limiti della responsabilità fiscale del cessionario d’azienda, soprattutto alla luce della recente giurisprudenza della Cassazione, che è andata di contrario avviso ad altre sentenze di legittimità.

Il tema dibattuto si inscrive nelle questioni afferenti la solidarietà passiva del cessionario di azienda per debiti inerenti l’esercizio dell’azienda stessa.

Il quadro normativo di riferimento è costituito dall’art. 2560 cod. civ., che disciplina in sede civile gli effetti della cessione di azienda sui debiti, e dall’art.14 del d.lgs. n. 472/1997, specifico per la materia tributaria.

L’art. 2560 cod. civ. (Debiti relativi all’azienda ceduta) prevede:

«(1) L’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. (2) Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori».

L’art. 14 del d.lgs. n. 472/1997 (vigente ratione temporis) stabilisce:

«1. Il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.

2. L’obbligazione del cessionario è limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell’amministrazione finanziaria e degli enti preposti all’accertamento dei tributi di loro competenza.

3. Gli uffici e gli enti indicati nel comma 2 sono tenuti a rilasciare, su richiesta dell’interessato, un certificato sull’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti. Il certificato, se negativo, ha pieno effetto liberatorio del cessionario, del pari liberato ove il certificato non sia rilasciato entro quaranta giorni dalla richiesta.

4. La responsabilità del cessionario non è soggetta alle limitazioni previste nel presente articolo qualora la cessione sia stata attuata in frode dei crediti tributari, ancorché essa sia avvenuta con trasferimento frazionato di singoli beni.

5. La frode si presume, salvo prova contraria, quando il trasferimento sia effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante».

I primi tre commi riguardano la cessione di azienda conforme a legge; gli ultimi due commi afferiscono, invece, alla cessione di azienda in frode alla legge.

 

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La disciplina civilistica contempla una fattispecie di accollo cumulativo ex lege (Cass. nn.4367/1998, 8786/2017) dei debiti aziendali a seguito di cessione di azienda ed una conseguente solidarietà passiva, tra cedente e cessionario: si tratta di una disposizione di carattere generale che trova applicazione anche per quei debiti tributari che, al pari degli altri debiti, siano stati regolarmente documentati nei libri contabili.

In merito alla valenza della disposizione di cui all’art. 2560, secondo comma, cod. civ., in ragione della quale l’acquirente risponde dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta soltanto se essi risultino dai libri contabili, è stato precisato che la stessa è dettata non solo dall’esigenza di tutelare i terzi creditori, già contraenti con l’impresa e peraltro sufficientemente garantiti pure dalla norma di cui al primo comma del medesimo art. 2560 cod. civ., ma è intesa anche a consentire al cessionario di acquisire adeguata e specifica cognizione dei debiti assunti (Cass. n. 23828/2012).

Il confronto tra la disciplina civilistica e la norma tributaria consente, quindi, di delineare i differenti ambiti applicativi, così come di individuarne i punti di contatto, al fine di pervenire ad una convincente interpretazione del complessivo quadro normativo.

Dall’esame dell’art. 14, comma 1, cit., si evince, infatti, che il legislatore, con questa norma, non ha inteso regolare la responsabilità solidale per i debiti fiscali conseguenti alla normale attività dichiarativa delle parti private per i quali vale la disciplina civilistica ex art.2560 cod. civ., ma la ha espressamente prevista per i debiti conseguenti alle violazioni tributarie compiute dal cedente, rispetto alle quali l’Amministrazione deve avviare una propria complessa attività accertativa, di guisa che non è nemmeno ipotizzabile che possano risultare dai libri contabili.

Proprio per tale ragione questa disciplina prescinde dalla condizione prevista invece dall’art.2560, secondo comma, cod. civ., come si è visto a tutela dei creditori, ma anche del cessionario e cioè dalla annotazione della debitoria sui libri contabili obbligatori.

L’art.14, comma 1, cit., quindi, tutela la pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, conseguente a violazioni poste in essere dal contribuente cedente, in modo ampio, consentendole di farla valere nei confronti di entrambi i soggetti coinvolti nell’operazione di cessione di azienda, in ragione della garanzia patrimoniale che deriva dalla disponibilità dell’azienda, in via solidale a condizione che riguardi:

  • imposte e sanzioni inerenti a violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento e nei due anni precedenti, sebbene non ancora contestate dall’Amministrazione finanziaria;
  • imposte e sanzioni già irrogate e contestate, anche se riferite a violazioni commesse in periodi precedenti al secondo anno precedente a quello in cui è avvenuto il trasferimento d’azienda.

La ratio legis è volta ad evitare che, attraverso le diverse forme negoziali di trasferimento dei beni costituenti il complesso aziendale, venga ad essere sottratta al Fisco la originaria garanzia patrimoniale dei crediti tributari vantati nei confronti del cedente, quando questi conseguano a violazioni che comportano un aggravio per l’Amministrazione tenuta a svolgere un’attività accertativa per farli emergere e per conseguire il riconoscimento delle proprie pretese; tale finalità viene perseguita mediante la previsione di una estesa responsabilità solidale del cessionario.

Con riferimento a questa solidarietà passiva, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che non si tratta di una responsabilità solidale paritetica, bensì una solidarietà dipendente (cd. responsabilità di imposta), che si realizza quando la legge prevede la responsabilità solidale di un soggetto che, pur non avendo realizzato il fatto indice di capacità contributiva, risulta collegato al fatto imponibile, ovvero al contribuente, sulla base di un rapporto (nella specie la cessione di azienda titolo di conferimento sociale) al quale il Fisco rimane estraneo (Cass. nn. 255/2012, 1379/2014); tuttavia è indiscutibile che questa fattispecie ha una portata più estesa di quella conseguente alle emergenze contabili (art.2560 cod. civ.) in quanto comprende anche gli effetti fiscali di violazioni ascrivibili al cedente anche non ancora accertate.

Orbene, la responsabilità solidale del cessionario a favore del Fisco è contemperata dalla previsione di alcuni limiti e dalla disciplina di operatività degli stessi, che, alla luce dell’esame del complessivo quadro normativo e dei principi ai quali è informato, impongono una lettura combinata dei primi tre commi dell’art.14 cit., diversamente da quanto ritenuto in precedenti pronunce della Corte di Cassazione (Cass. n.5979/2014, 9219/2017).

Il legislatore ha introdotto con l’art.14, comma 1, del d.lgs. n.472/1997, anche alcune limitazioni della responsabilità:

  • di tipo soggettivo, sussidiarietà della responsabilità (beneficium escussionis, non previsto in sede civile);
  • di tipo oggettivo:

a) una di natura quantitativa: limitazione della stessa al valore dell’azienda o del ramo d’azienda oggetto di cessione (non prevista in sede civile);

b) una di natura temporale: limitazione al pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti; nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.

Quindi, il legislatore al comma 2 ha fissato un ulteriore limite oggettivo quantitativo, rapportato all’attività dell’Amministrazione, stabilendo che l’obbligazione del cessionario è limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell’Amministrazione finanziaria e degli enti preposti all’accertamento dei tributi di loro competenza.

 

Dal raffronto con la disciplina civilistica, si desume che questi interventi normativi sono intesi a mitigare una responsabilità solidale molto più ampia ed afflittiva rispetto a quella ricavabile dall’art. 2560 cod. civ., attraverso criteri del tutto originali, attesa la non applicabilità del criterio limitativo della responsabilità dell’acquirente ivi previsto con riferimento alla evidenze dei libri contabili, che assolvono funzione probatoria nei rapporti tra imprenditori, e sono conoscibili anticipatamente, appunto mediante la consultazione dei libri contabili obbligatori (artt.2214 e ss. cod. civ.).

Tale considerazione impone di verificare se il criterio legale di perimetrazione della responsabilità solidale per debiti dell’azienda stabilito in sede civile, individuabile nella certezza e conoscibilità del debito, possa essere un utile e convincente strumento di interpretazione dei primi tre commi dell’art. 14 cit. e la risposta è positiva (Cassazione – Sez. Tributaria – sentenza n. 17264 depositata il 13 luglio 2017).

In particolare, il comma 2, ove è detto “L’obbligazione del cessionario è limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell’amministrazione finanziaria e degli enti preposti all’accertamento dei tributi di loro competenza” chiaramente è inteso a recuperare un dato di certezza ricavabile in sede civile dall’esame dei libri contabili della cedente, mediante il rinvio agli atti del creditore, e deve essere letto in combinato disposto con l’ultima parte del comma 1, di guisa che saranno rilevanti al fine della quantificazione dell’obbligazione del cessionario le imposte e le sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore, sempre che le stesse “risultino dagli atti degli uffici”; in tal modo questi atti assolvono una funzione latamente sovrapponibile a quella svolta dai libri contabili sul piano della certezza e della conoscibilità della pretesa tributaria.

In questo senso, e proprio in considerazione della previsione contenuta al primo comma, non saranno rilevanti solo le violazioni per le quali sia intervenuta già la contestazione e la irrogazione di imposte e sanzioni, ma anche quelle in corso di accertamento che risultino agli atti dell’Amministrazione finanziaria e che rientrino nell’arco temporale ivi indicato.

Tale interpretazione trova conferma nel successivo comma 3, dell’art. 14 cit., che introduce uno strumento atto a rafforzare la posizione del cessionario sul piano della conoscibilità della debitoria, in quanto gli consente di richiede all’Amministrazione il rilascio di un certificato dei carichi pendenti, dal quale risulti l’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati ancora soddisfatti, oltre che a circoscriverne la responsabilità, atteso che questa certificazione di debenza, se negativa o rilasciata tardivamente, assolve anche e comunque ad una funzione liberatoria anticipata.

Deve, infatti, rilevarsi che quest’ultima disposizione è focalizzata sul dovere dell’Amministrazione di fornire la certificazione e non sull’obbligo del cessionario, che appare invece destinatario di un favor, di richiederla.

Risulta, inoltre, intesa a ribadire che il debito tributario non va identificato solo con quanto già accertato, ma anche con quanto in corso di accertamento (sia pure nei limiti temporali anzidetti).

Non può, pertanto, ritenersi che sia stato posto a carico del cessionario l’onere di diligenza di richiedere la certificazione di carichi pendenti, atteso che la norma attribuisce una facoltà chiaramente di favore per il contribuente, in quanto gli riconosce la possibilità di conseguire una liberatoria anticipata, né che la limitazione della responsabilità solidale del cessionario al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell’Amministrazione finanziaria sia riservata solo al cessionario che abbia preventivamente comunicato l’operazione di cessione di azienda agli Uffici finanziari, richiedendo l’attestazione della posizione debitoria del cedente (così Cass. n. 5979/2014), poiché questa interpretazione comporterebbe un effetto sostanzialmente sanzionatorio, che confligge con la ratio di favore della norma e pone seri problemi di conciliabilità con i principi in tema di predeterminazione delle sanzioni e dei rispettivi criteri di quantificazione.

D’altro canto va considerato che le limitazioni della responsabilità stabilite dai primi tre commi della norma sono, invece, espressamente escluse nel caso di cessione di azienda in frode (art.14, commi 4 e 5, cit.), laddove è prevista la responsabilità solidale presunta “quando il trasferimento sia effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante”.

Una interpretazione dall’art.14, commi 2 e 3, che faccia conseguire alla mancata richiesta del certificato di debenza una ancor più estesa responsabilità del cessionario, finirebbe per avvicinare il regime della cessione conforme a legge, ingiustificatamente e in contrasto con il dettato normativo, a quello previsto per il caso di frode.

Sulla scorta di questa ermeneutica, la Corte di Cassazione, con la citata sentenza n. 17264/2017, ha stabilito il seguente importante e nuovo principio di diritto “In tema di riscossione dei tributi, l’art. 14, commi 1, 2 e 3, del d.lgs. n. 472 del 1997, che riguarda la cessione di azienda conforme a legge, è norma speciale rispetto all’art. 2560, comma 2, cod. civ., che, per evitare che sia dispersa la garanzia patrimoniale del contribuente in pregiudizio dell’interesse pubblico, estende la responsabilità solidale e sussidiaria del concessionario anche alle imposte e alle sanzioni riferibili alle violazioni commesse dal cedente nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché alle imposte ed alle sanzioni già irrogate e contestate nel medesimo periodo, anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore, sempre che risultino dagli atti dell’Ufficio. La mancata richiesta del certificato di debenza da parte del cessionario non comporta un’estensione della sua responsabilità rispetto a quella delineata dal combinato disposto dei commi 1 e 2, ma gli impedisce di avvalersi dell’eventuale effetto liberatorio anticipato.”

E’ importante seguire il suddetto principio di diritto in sede contenziosa quando si tratta di difendere il cessionario d’azienda.

 

Lecce, 22 luglio 2017

Avv. Villani Maurizio

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