La questione della separazione delle carriere nella magistratura è storicamente oggetto di dibattito in Italia sin dalla stesura della Costituzione repubblicana. L’attuale assetto prevede l’unicità dell’ordine giudiziario (art. 104 Cost.), che comprende sia i giudici che i pubblici ministeri, i quali accedono mediante un unico concorso, condividono la stessa carriera e sono sottoposti alla disciplina del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). In terza lettura, l’Aula della Camera ha dato il via libera alla separazione delle carriere con 243 sì e 109 no (leggi l’articolo sul voto)
Indice
- 1. Cos’è la separazione delle carriere
- 2. Le motivazioni alla base della riforma
- 3. Critiche e preoccupazioni
- 4. La proposta di legge e il percorso parlamentare
- 5. Implicazioni e scenari futuri
- 6. Prospettive ordinamentali: indipendenza e imparzialità
- 7. Considerazioni conclusive
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1. Cos’è la separazione delle carriere
Attualmente, in Italia, giudici e pubblici ministeri appartengono allo stesso ordine giudiziario, sono assunti tramite lo stesso concorso, possono passare da una funzione all’altra nel corso della loro carriera (seppur con limiti) e sono sottoposti alla giurisdizione del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM).
La separazione delle carriere propone invece la creazione di due distinti ordini di magistratura:
- Uno per i giudici, che hanno il compito di decidere le controversie in modo imparziale.
- Uno per i pubblici ministeri, che esercitano l’azione penale e rappresentano l’accusa nei processi.
Questa distinzione comporterebbe concorsi separati, percorsi formativi diversi, e due organi di autogoverno distinti (uno per ciascun ordine), al fine di garantire maggiore imparzialità e separazione tra chi giudica e chi accusa
2. Le motivazioni alla base della riforma
I sostenitori della riforma affermano che la separazione delle carriere sia una garanzia di terzietà del giudice, in linea con il principio costituzionale del giusto processo. Tra le principali motivazioni:
- Evitare promiscuità tra giudici e PM, che oggi condividono percorso professionale e organo di autogoverno.
- Garantire l’imparzialità del giudice, che non dovrebbe appartenere allo stesso corpo del pubblico ministero.
- Allinearsi ai modelli di altri Paesi europei, dove le carriere sono nettamente separate (es. Francia, Germania).
Chi sostiene la riforma ritiene che oggi il PM abbia una posizione troppo vicina al giudice, il che può creare una percezione – o rischio – di mancata imparzialità, soprattutto nei processi penali.
3. Critiche e preoccupazioni
Dall’altro lato, una parte consistente della magistratura e del mondo accademico esprime forti perplessità sulla riforma. Le principali critiche sono:
- Indipendenza del PM a rischio: separare le carriere potrebbe essere il primo passo verso una maggiore dipendenza del PM dal potere esecutivo, compromettendo la sua autonomia.
- Rischio di un PM “gerarchico”: la riforma potrebbe spingere verso un modello in cui i PM siano soggetti a direttive, con il rischio di un utilizzo politico dell’azione penale.
- Non necessaria ai fini del giusto processo: secondo alcuni giuristi, la terzietà del giudice è già garantita dalle regole processuali e dall’imparzialità soggettiva, indipendentemente dalla carriera condivisa con il PM.
Inoltre, viene fatto notare che la riforma richiederebbe modifiche costituzionali, non realizzabili con semplice legge ordinaria.
4. La proposta di legge e il percorso parlamentare
Nel 2024 il Governo ha presentato una proposta di legge costituzionale per la separazione delle carriere. I punti salienti includono:
- Due concorsi distinti per giudici e PM.
- Due CSM separati, ciascuno con competenza sul proprio ordine.
- Limitazioni al passaggio da una funzione all’altra.
- Ridefinizione dell’articolo 104 e seguenti della Costituzione.
La riforma è attualmente in fase di discussione parlamentare. Trattandosi di una legge costituzionale, dovrà essere approvata due volte da ciascuna Camera a distanza di almeno tre mesi e, in assenza di una maggioranza qualificata, potrà essere sottoposta a referendum confermativo.
5. Implicazioni e scenari futuri
La riforma della separazione delle carriere ha il potenziale di modificare profondamente l’equilibrio tra i poteri dello Stato. Se da un lato può rafforzare la percezione di imparzialità del giudice, dall’altro potrebbe creare un sistema più “rigido” e meno integrato, con possibili ricadute sulla gestione della giustizia penale.
L’esito del percorso parlamentare e, eventualmente, del referendum popolare sarà determinante. In ogni caso, il dibattito sulla giustizia resterà centrale nel panorama politico italiano, perché tocca valori fondamentali dello Stato di diritto: indipendenza, terzietà, efficienza e garanzia per i cittadini.
6. Prospettive ordinamentali: indipendenza e imparzialità
6.1. Il rischio di compromissione dell’autonomia del PM
Una delle principali critiche rivolte alla riforma riguarda la possibile perdita di autonomia del pubblico ministero, nel caso in cui si creasse un assetto gerarchizzato e potenzialmente subordinato al potere esecutivo, simile a quello vigente in altri ordinamenti (es. Francia). In Italia, il PM è attualmente indipendente e soggetto soltanto alla legge (art. 107, comma 3, Cost.).
Una separazione non accompagnata da solide garanzie costituzionali rischia di compromettere il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.), già oggetto di discussione per la sua attuazione concreta, e aprire la strada a un’azione penale discrezionale o selettiva, soggetta a direttive esterne.
6.2. L’imparzialità del giudice: problema percepito o reale?
Secondo i fautori della riforma, l’appartenenza a un unico ordine favorirebbe una vicinanza “culturale” tra giudici e PM, con rischi per l’imparzialità. Tuttavia, come rilevato anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (es. sent. n. 224/2009), la garanzia di terzietà non deriva tanto dalla struttura dell’ordine giudiziario, quanto dalla rigorosa applicazione delle regole processuali e dall’etica della funzione giurisdizionale.
7. Considerazioni conclusive
La riforma della separazione delle carriere rappresenta un intervento strutturale che tocca il delicato equilibrio tra i poteri dello Stato, l’autonomia della magistratura e la natura pubblica e imparziale del processo penale. Se da un lato risponde a un’esigenza di rafforzamento della terzietà, dall’altro solleva questioni di grande rilevanza sull’autonomia del pubblico ministero e sulla possibilità di derive autoritarie o di strumentalizzazione politica dell’azione penale.
Ogni intervento in materia dovrebbe essere accompagnato da una riforma organica del sistema giustizia, che tenga conto dell’effettività dell’azione penale, delle garanzie difensive, dei tempi dei processi e della reale equidistanza tra accusa e difesa, nell’interesse superiore della tutela dei diritti fondamentali.
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