Sopraelevazione e lesione dell’aspetto architettonico: il ricorso cautelare interrompe la prescrizione ventennale dell’azione di riduzione in pristino? Per un approfondimento in materia condominiale, consigliamo la “Guida pratica al condominio dalla A alla Z”, con oltre 230 quesiti e soluzioni., disponibile sullo shop Maggioli e su Amazon.
riferimenti normativi: art. 1127
precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza del 05/10/2012, n. 17035
Indice
1. La vicenda: la sopraelevazione e il ricorso cautelare
Un condomino, proprietario di un appartamento al terzo piano di un condominio, citava in giudizio alcuni condomini dei piani superiori, accusandoli di aver realizzato verande e coperture abusive sui terrazzi. Secondo l’attore, queste opere non solo erano illegittime, ma mettevano a rischio la stabilità dell’edificio e ne compromettevano l’aspetto architettonico. Per questo chiedeva la conferma di una precedente ordinanza cautelare, la demolizione dei manufatti e, in alternativa, il pagamento dell’indennità di sopraelevazione prevista dall’art. 1127 c.c., oltre al risarcimento dei danni.
Il Tribunale respingeva la richiesta di demolizione e di conferma dell’ordinanza cautelare, ritenendo che non vi fosse una reale lesione dell’aspetto architettonico, anche alla luce delle fotografie prodotte e della presenza di elementi vegetali che attenuavano l’impatto visivo. Il Tribunale, pur respingendo la richiesta di demolizione, condannava i convenuti al pagamento di due somme distinte: una a titolo di risarcimento dei danni arrecati all’appartamento dell’attore e l’altra quale indennità di sopraelevazione, riferita ad una sola veranda chiusa di circa 28 mq realizzata al quarto piano. La sentenza di primo grado veniva impugnata dall’attore, il quale, con il quarto motivo di appello, insisteva nel denunciare la violazione dello stile architettonico, sostenendo che tutte le opere realizzate al quarto e al quinto piano avevano alterato le linee originarie dell’edificio. I convenuti, invece, proponevano appello incidentale contro la condanna al pagamento dei danni arrecati all’appartamento dell’attore.
La Corte d’appello riteneva fondato il motivo principale, osservando che dalle fotografie prodotte emergeva una evidente disarmonia estetica: le verande e le chiusure in alluminio modificavano le linee architettoniche dello stabile, inserito in un contesto residenziale signorile, e risultavano visivamente incongrue rispetto all’estetica complessiva. Tuttavia i giudici di secondo grado precisavano che l’azione volta a ottenere la restitutio in integrum, nel caso di sopraelevazioni che alterino l’aspetto architettonico dell’edificio, è soggetta a prescrizione ventennale. Accogliendo l’eccezione formulata dagli appellati, la Corte ha limitato la condanna alla sola veranda di 28 mq realizzata al quarto piano, per la quale la domanda era tempestiva. I convenuti ricorrevano in cassazione. Resisteva con controricorso l’attore, che proponeva ricorso incidentale al quale resistono con controricorso i ricorrenti principali. Per un approfondimento in materia condominiale, consigliamo la “Guida pratica al condominio dalla A alla Z”, con oltre 230 quesiti e soluzioni., disponibile sullo shop Maggioli e su Amazon.
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2. La questione: incidenza sulla prescrizione ventennale
In che modo il ricorso cautelare presentato da un condomino per bloccare opere abusive può incidere sulla prescrizione ventennale dell’azione di riduzione in pristino prevista dall’art. 1127 c.c.?
3. La soluzione
I ricorrenti hanno sostenuto, tra l’altro, che la Corte d’appello aveva sbagliato nel riconoscere la lesione del decoro, perché tre delle quattro verande erano state costruite originariamente dalla società costruttrice dello stabile, e quindi il giudizio avrebbe dovuto riguardare solo la veranda di 28 mq.
La Corte d’appello, però, aveva già stabilito che l’azione per ottenere la riduzione in pristino (cioè la demolizione delle opere che alterano l’aspetto architettonico) è soggetta a prescrizione ventennale. Per questo aveva accolto la domanda solo in relazione alla veranda di 28 mq, ritenendo che fosse l’unico manufatto realizzato entro i vent’anni precedenti alla citazione.
La Cassazione ha notato che l’attore già nel 2004 aveva presentato un ricorso cautelare (ai sensi dell’art. 688 c.p.c.) per bloccare le opere abusive e chiedere misure urgenti. Secondo i giudici supremi questo ricorso, anche se poi l’ordinanza fu revocata, ha comunque avuto efficacia interruttiva della prescrizione, perché la legge (art. 2943 c.c.) considera gli atti giudiziari, anche cautelari, come idonei a interrompere la prescrizione.
Come ha ricordato la Cassazione la tutela cautelare è strettamente collegata a quella di merito: se un condomino presenta un ricorso cautelare per impedire un danno e poi prosegue con l’azione ordinaria, la prescrizione si interrompe.
In ogni caso i giudici supremi hanno chiarito che le nozioni di decoro architettonico (art. 1120 c.c.) e di aspetto architettonico (art. 1127 c.c.) sono diverse ma complementari: ogni sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato e non creare disarmonia estetica.
La sentenza della Corte di Appello è stata cassata.
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4. Le riflessioni conclusive
L’art. 1127 c.c. sottopone il diritto di sopraelevazione del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio ai limiti dettati dalle condizioni statiche e dall’aspetto architettonico dell’edificio, oppure dalla conseguente notevole diminuzione di aria e luce per i piani sottostanti. La Cassazione ha precisato che l’aspetto architettonico cui si riferisce il comma 3 dell’art. 1127 c.c. quale limite alle sopraelevazioni, sottende il rispetto dello stile del fabbricato al fine che l’intervento edificatorio non rappresenti una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore (Cass. civ., sez. II, 22/10/2021, n. 29584). Si ricorda che, nel caso di sopraelevazione effettuata dal proprietario dell’ultimo piano che alteri l’aspetto o il decoro architettonico dell’intero immobile, l’azione diretta ad ottenere la “restitutio in integrum”, di cui gli altri condomini sono titolari, a differenza di quella diretta contro una sopraelevazione non consentita dalle condizioni statiche dell’edificio, è soggetta a prescrizione ventennale (Cass. civ., Sez. II, 05/10/2012, n. 17035). Al ricorso cautelare (nel caso in esame proposto ai sensi dell’art. 688 c.p.c.) va riconosciuta però efficacia interruttiva della prescrizione dell’azione del condomino volta, previo accertamento della illegittimità della sopraelevazione posta in essere da un altro condomino in violazione dell’aspetto architettonico dell’edificio condominiale, alla restitutio in integrum.
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