Ricongiungimento familiare e visto di soggiorno (Cass. n. 4984/2013)

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Massima

In tema di disciplina dell’immigrazione, il rilascio del visto di ingresso allo straniero richiedente il ricongiungimento familiare si configura come l’atto conclusivo di un procedimento amministrativo a formazione complessa nel quale, per il principio “tempus regit actum”, l’autorità amministrativa, cui spetta di applicare la legge vigente all’atto dell’adozione del provvedimento, è tenuta ad applicare la nuova legge sopravvenuta durante lo svolgimento del procedimento e fino alla sua definitiva conclusione.

 

 

1. Questione

La Corte d’appello, di conferma della sentenza di primo grado, respingeva il ricorso proposto dal Ministero degli affari esteri, avverso il rilascio di visto d’ingresso per ricongiungimento familiare, richiesto dal ricorrente e riconosciuto dal giudice di primo grado, in favore della propria madre, in applicazione dell’art. 29 del d.lgs n. 286 del 1998, così come modificato dall’art. 1 del d.lgs n. 160 del 2008, in quanto priva di mezzi di sostentamento e di altri figli nel paese d’origine (il Marocco). Quest’ultima, tuttavia, risultava coniugata con il padre del ricorrente, soggiornante in Italia, il quale aveva richiesto il riconoscimento del diritto al ricongiungimento familiare in favore di un’altra moglie. A causa della situazione di poligamia, vietata nel nostro ordinamento, che si sarebbe determinata con l’ingresso e il soggiorno nel nostro paese della madre del ricorrente, il Consolato Generale di Casablanca aveva negato il visto e il Ministero degli Esteri aveva resistito in primo grado e proposto appello.

La Corte d’Appello aveva respinto il ricorso osservando

a) che la norma di cui all’art. 29, comma primo ter del d.lgs n. 286 del 1998, la quale vieta il ricongiungimento familiare in favore di chi sia regolarmente coniugato con coniuge residente in Italia con altro coniuge, è entrata in vigore dopo la proposizione della domanda in questione;

b) la domanda è formulata dal figlio e non dal coniuge già convivente con altro coniuge.

Contro tale pronuncia è stato proposto ricorso per cassazione dal Ministero degli esteri fondato sui seguente motivi:

1) violazione dell’art. 29, comma primo ter del d.lgs n. 286 del 1998, così come modificato dall’art. 22, lettera b) della L. 94 del 2009. Il divieto espresso di ricongiungimento familiare previsto nella norma è entrato in vigore prima della conclusione dell’iter amministrativo destinato all’accertamento dei requisiti per il ricongiungimento familiare. Pertanto, anche alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la domanda deve essere scrutinata alla luce della norma applicabile al momento finale del rilascio del visto d’ingresso.

2) il divieto introdotto nella norma, peraltro preesistente, in via sistematica nell’ordinamento interno, opera oggettivamente ogni qual volta possa verificarsi una situazione di poligamia, contrastante con il diritto familiare italiano. Risulta, conseguentemente, irrilevante che a formulare la domanda sia stato il figlio e non il coniuge, già soggiornante in Italia con altra moglie.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, ritenendo fondato sia il primo che il secondo motivo.  E’ fondato il primo motivo, in quanto nella specie l’iter amministrativo è iniziato prima dell’entrata in vigore (8/8/2009) della norma novellata ma il rilascio del visto d’ingresso, cui bisogna riferirsi al fine di stabilire la disciplina applicabile, è ampiamente successivo a tale data, essendo intervenuto il (7/9/2010).

In ordine al secondo motivo, la norma applicabile (art. 29 comma primo ter d.lgs 286 del 1998) stabilisce un divieto che opera oggettivamente nei confronti delle richieste di ricongiungimento familiare proposte in favore del coniuge di un cittadino straniero già regolarmente soggiornante con altro coniuge in Italia, non distinguendo soggettivamente la provenienza della domanda, e al contrario mirando ad evitare l’insorgenza nel nostro ordinamento di una condizione di poligamia, contraria al nostro ordine pubblico anche costituzionale. Pertanto, non è necessario che l’Amministrazione dimostri che il richiedente abbia agito per conto del proprio genitore perché il divieto di poligamia non è condizionato da condizioni di fatto quali la coabitazione o la vivenza a carico, ma opera in sé e perdura fino alla cessazione legale di uno dei vincoli coniugali.

 

2. Ricongiungimento familiare e procedimento

Il procedimento di riconoscimento del diritto al ricongiungimento familiare è procedimento complesso, a formazione progressiva, nel quale le valutazioni accertative della Questura o dello Sportello Unico vengono seguite dagli accertamenti della Rappresentanza diplomatica (le prime sfocianti nel nulla osta e i secondi nel visto di ingresso, o nel suo diniego, impugnabile come atto terminativo innanzi al G.O. ed ex art. 30 comma 6 del T.U. (Cass. n. 209 del 2005 – n. 15247 del 2006 – n. 12661 del 2007).

E’ indiscutibile che gli atti dell’Amministrazione in materia siano privi di alcun profilo di discrezionalità ma attengano alla verifica della sussistenza/insussistenza dei requisiti delineati dalla legge per l’insorgenza del diritto al ricongiungimento, solo in tal quadro giustificandosi la disposizione dell’art. 30, comma 6 T.U. che radica in capo al Giudice Ordinario la giurisdizione e sol per effetto di tal quadro dovendosi predicare che la domanda dell’interessato che contesti il diniego del visto di ingresso del suo familiare non ha alcun carattere impugnatorio dell’atto di diniego ed in ragione dei suoi vizi.

E’ altrettanto indiscutibile che, alla luce della articolazione procedimentale per giungere all’accertamento del diritto al ricongiungimento e considerando che il diritto viene accertato essere insorto solo all’esito del procedimento, la sopravvenienza normativa sui requisiti di insorgenza sia di immediata applicazione ove essa intervenga nel corso della procedura. La disciplina dei requisiti di ricongiungimento a beneficio dei genitori dell’extracomunitario regolarmente soggiornante ha avuto un singolare avvicendarsi nel tempo: la disposizione di cui al T.U. approvato con l’art. 29, comma 1, lett. c), del d.lgs. 286/1998 (genitori a carico), è stata sostituita dall’art. 23 della L. 189/2002, con una integrazione costituita dalla condizione negativa della inesistenza di altri figli nel Paese ovvero, ma solo per i genitori ultrasessantacinquenni, della inidoneità al loro sostentamento da parte di altri figli per documentate gravi ragioni di salute, condizione eliminata dalla più permissiva previsione di cui all’art. 1, comma 1, lett. E, sub D), del d.lgs. 5/2007), (genitori a carico che non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel Paese di origine o di provenienza) ma poi ripristinata dalla meno permissiva previsione di cui art. 1, comma 1, lett. E, sub D), del d.lgs. 5/2007.

 

 

 

Rocchina Staiano
Dottore di ricerca; Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.

Staiano Rocchina

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