Ricerca e cancellazione dei propri dati online: la guida

Googlare se stessi è un rito comune: tracce, dati e identità digitale online. Questa mini-guida aiuterà a scoprirli e, nel caso, a cancellarli.

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Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non ha mai googlato il proprio nome. Googlare è diventato un verbo, il correttore del programma di video scrittura non lo segna nemmeno come errore, il che la dice lunga. Questo rito moderno, più diffuso del caffè la mattina appena svegli, ormai non riguarda più solo le persone famose, ma tutti noi. Tutti noi, infatti, chi più, chi meno, abbiamo una presenza online, fatta di tracce e di dati non cancellati, lasciati nel corso del nostro cammino come le briciole di Pollicino di ritorno dal bosco verso casa, e a tutti sarà venuta almeno una volta la tentazione di vedere quanto e che cosa la rete sa su di noi. Può essere un momento di noia, o di ben mascherato narcisismo, ma può anche finire con la sensazione che la nostra identità digitale ci sia scappata di mano da un pezzo.
Perché è altamente probabile che ci sia qualcosa online che ci riguarda. Forse un vecchio curriculum su un portale dimenticato. Forse la foto della laurea con la camicia troppo stretta. Forse (peggio) un vecchio indirizzo di casa, un numero di telefono, una multa notificata via PEC e pubblicata online dal Comune. Oppure, ancora peggio, immagini che non avremmo mai voluto vedere pubblicate. E invece sono lì, a disposizione di chiunque, indicizzate, condivise, scaricate, moltiplicate.
Il punto è: come facciamo a sapere se ci siamo? E se ci siamo, come ce ne liberiamo?
Vediamolo insieme, con questa mini-guida in cui affrontiamo un tema alla volta: dal metodo d’indagine personale alle leve giuridiche più efficaci, fino all’intervento del Garante per la protezione dei dati personali, che può ordinare la cancellazione e metterci al riparo, almeno da Google. Dai social un po’ meno, ma ci arriviamo.
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Indice

1. Come capire se i tuoi dati sono online


Cominciamo con la parte facile, almeno in apparenza: la diagnosi. Ovvero: sono o non sono su Internet?
1. Googla te stesso (e poi fallo ancora)
Sì, sembra banale. Ma farlo bene richiede metodo. Non limitarti al tuo nome e cognome: prova varianti, combinazioni, soprannomi, nickname, email, luoghi di lavoro, città, scuole frequentate. Aggiungi parole chiave come “foto”, “telefono”, “indirizzo”, “documento”, “blog”, “sentenza”. Passa a Google Immagini. Guarda nella sezione “notizie”. Poi cambia motore: Bing, DuckDuckGo, persino Yandex (se hai nervi saldi).
2. Usa la ricerca inversa per le immagini
Strumenti come Google Lens, TinEye, o Yandex Images ti permettono di caricare una tua foto (o una di cui sospetti la diffusione) e scoprire se è pubblicata altrove. È il metodo più efficace per scovare foto rubate, magari usate in profili falsi o siti poco raccomandabili.
3. Controlla i social e i portali
Fai un giro sui social (i tuoi, ma anche quelli degli altri: amici, colleghi, ex). Cerca il tuo nome nei gruppi pubblici. Controlla i siti delle scuole, delle università, delle aziende per cui hai lavorato. Cerca nei portali di annunci (Subito, Bakeca, Idealista). E non dimenticare i registri online delle pubbliche amministrazioni: quelli, purtroppo, sono una miniera.
4. Verifica le fughe dai data broker
Ci sono servizi – legittimi o borderline – che collezionano e rivendono dati personali: nomi, email, numeri di telefono, movimenti catastali, cronologie di navigazione. Alcuni (tipo Spokeo, Whitepages, BeenVerified) operano in USA. Altri sono in Europa, meno noti ma altrettanto attivi. Anche lì potresti esserci finito, magari per un consenso dato senza pensarci. Per approfondire questi temi consigliamo il volume Formulario commentato della privacy, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.

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2. E se mi trovo online cosa posso fare per cancellarmi?


La risposta è: molto. Ma servono calma, metodo e una buona dose di spirito combattivo. Perché Internet è il regno del moltiplicarsi, non del cancellare. Ma tu hai dalla tua parte la legge. E non una legge qualunque: il GDPR, comunemente noto come la legge sulla privacy, ma che in realtà è il Regolamento Europeo per la protezione dei dati personali.
1. Primo passo: contatta il titolare del trattamento
Hai trovato un sito che pubblica i tuoi dati senza autorizzazione? Scrivi. Formalmente. Gentilmente, ma con fermezza. Ricorda che, ai sensi degli articoli 15 e 17 del GDPR, hai diritto di ottenere:

  • accesso ai dati;
  • rettifica;
  • cancellazione;
  • limitazione del trattamento;
  • opposizione.

Il titolare ha 30 giorni per rispondere. Se tace o nega, puoi fare reclamo al Garante.
Esempio di testo:
“Buongiorno, ho riscontrato la presenza sul vostro sito del mio nominativo/fotografia/dato personale. In quanto interessato, ai sensi degli articoli 15 e 17 del Regolamento (UE) 2016/679, chiedo l’immediata rimozione del contenuto in questione e la conferma dell’avvenuta cancellazione entro il termine previsto di 30 giorni. In mancanza, mi riservo di adire il Garante per la protezione dei dati personali per la tutela dei miei diritti, ai sensi della normativa vigente.”
Non serve un avvocato e di solito funziona.
2. Secondo passo: deindicizzazione dai motori di ricerca
Se il contenuto è pubblicato altrove, ma visibile tramite Google, puoi chiedere la deindicizzazione. Attenzione: non significa cancellare la pagina, ma far sì che non compaia più nei risultati quando qualcuno cerca il tuo nome. Siccome c’è un detto, tra il serio e il faceto, che dice che “non c’è posto migliore, per nascondere qualcosa, della seconda pagina di Google”, deindicizzare un contenuto fa già molto nella lunga strada verso l’oblio.
Google offre un modulo specifico, differenziato per contenuti personali, immagini intime non consensuali, dati finanziari, documenti d’identità, ecc. (qui la pagina di supporto).
3. Terzo passo: reclamo al Garante Privacy
Se il sito non risponde, o se Google nega la deindicizzazione, puoi presentare reclamo al Garante per la protezione dei dati personali, anche in questo caso senza bisogno di un avvocato. Il modulo è disponibile sul sito ufficiale, nella sezione “Modulistica e servizi online”.
Il Garante può:

  • ordinare la cancellazione o la deindicizzazione;
  • sanzionare il titolare del trattamento;
  • imporre misure correttive;
  • notificare il provvedimento anche ad altri soggetti (es. Facebook, Google, X).

Il procedimento è gratuito, ma richiede una buona articolazione dei fatti e un po’ di pazienza.

3. Ma cosa dice esattamente il Garante?


Nel suo vademecum ufficiale (docweb 10163331), il Garante per la protezione dei dati personali ribadisce che non tutto può restare online per sempre. Non se riguarda dati personali non più attuali, lesivi, irrilevanti, sproporzionati. E soprattutto non se pubblicati contro la volontà dell’interessato.
Il documento evidenzia:

  • la possibilità per chiunque di controllare la presenza dei propri dati nel web;
  • il diritto di chiedere la rimozione agli amministratori di siti, blog, social network;
  • il ruolo attivo del Garante nel cancellare, deindicizzare, oscurare contenuti lesivi;
  • il riferimento all’articolo 17 del GDPR, sul diritto alla cancellazione (“diritto all’oblio”).

E non manca un monito: la responsabilità è anche di chi pubblica, con leggerezza, contenuti altrui. Foto, video, post, commenti: tutto può rivelarsi una violazione del GDPR. Anche se fatto “per gioco”.

4. Quali dati puoi far rimuovere?


I casi più frequenti riguardano:

  • foto intime pubblicate senza consenso (revenge porn, ma non solo);
  • numeri di telefono inseriti in annunci (es. “chiama questa ragazza, è single”);
  • indirizzi di casa o lavoro pubblicati senza motivo;
  • vecchie sentenze o procedimenti penali ormai estinti, ma ancora indicizzati;
  • commenti diffamatori o recensioni false;
  • documenti pubblicati da amministrazioni senza oscuramento di dati sensibili;
  • profili fake o account creati a nome tuo da terzi.

In tutti questi casi, il diritto alla cancellazione è pienamente esercitabile. E non è solo una facoltà: può diventare una necessità per la tua dignità e sicurezza.

5. I limiti del diritto all’oblio


Naturalmente, il diritto all’oblio non è assoluto. Secondo la Corte di Giustizia UE (sentenza Google Spain, C-131/12), va bilanciato con:

  • il diritto all’informazione;
  • la libertà di stampa;
  • l’interesse pubblico alla notizia.

In sintesi: se sei un personaggio pubblico, o se l’informazione ha rilievo sociale (es. un processo per reati gravi), non puoi sempre pretendere la cancellazione. Ma il bilanciamento va fatto caso per caso. E spesso, anche in casi borderline, la deindicizzazione è concessa almeno in parte (es. per limitare l’accesso da ricerche nominali).

6. Conclusione: no, non sei un dato


Siamo abituati a pensare che “tanto ormai è tutto online”, che “non si può fare nulla”, che “Internet non dimentica”. Io stessa ho pronunciato più volte questa frase.
Ma se è vero che Internet non dimentica, è anche vero che possiamo in qualche modo indurlo a farlo dimenticare a forza di legge. Perché la privacy, oggi, non è o per lo meno non dovrebbe essere più un lusso, ma una forma di autodifesa. E imparare a esercitarla è un atto politico, culturale e personale.
Come disse il compianto Garante europeo Giovanni Buttarelli: “Il diritto alla protezione dei dati è un diritto alla libertà. Senza privacy, non c’è dignità, non c’è autonomia, non c’è persona.”

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Avv. Luisa Di Giacomo

Laureata in giurisprudenza a pieni voti nel 2001, avvocato dal 2005, ho studiato e lavorato nel Principato di Monaco e a New York.
Dal 2012 mi occupo di compliance e protezione dati, nel 2016 ho conseguito il Master come Consulente Privacy e nel 2020 ho conseguito il titolo…Continua a leggere

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