Responsabilità diretta dei giudici: le toghe si sollevano

Redazione 07/02/12
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Anna Costagliola

Nel corso della seduta del 2 febbraio scorso, la Camera dei Deputati ha approvato a scrutinio segreto un emendamento alla Legge Comunitaria 2011 che introduce la responsabilità civile diretta dei magistrati. L’emendamento prevede infatti che chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento di un magistrato in violazione manifesta del diritto o con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni o per diniego di giustizia possa rivalersi facendo causa allo Stato e al magistrato per ottenere un risarcimento dei danni.

Due sono le novità di spicco che si traggono dal nuovo emendamento:

a) la responsabilità è genericamente estesa alla «manifesta violazione del diritto»;

b) il cittadino può citare in giudizio direttamente il magistrato e non solo lo Stato.

La legge attuale prevede invece che sia lo Stato e non il singolo magistrato a risarcire una persona che abbia subito un danno a causa di un errore giudiziario commesso per dolo o colpa grave. Estendendosi i confini della responsabilità del giudice alle ipotesi di «manifesta violazione del diritto» si intende colmare il vuoto normativo esistente nel nostro ordinamento con riguardo alle conseguenze della violazione, ad opera del magistrato, del diritto europeo. Di fronte a tale vuoto, infatti, la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione che ha condotto alla pronuncia di condanna del nostro Paese da parte della Corte di Giustizia, ritenendosi che la disciplina normativa interna, limitando la responsabilità dello Stato solo a quelle ipotesi in cui il magistrato abbia posto in essere un comportamento, un atto o un provvedimento giudiziario con «dolo» o «colpa grave», ovvero se vi è stato da parte sua «diniego di giustizia», si ponga in contrasto con il principio generale di responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto dell’Unione. Pertanto, in base alla sentenza della Corte europea, si chiedeva all’Italia di estendere la responsabilità dello Stato anche agli errori commessi dal magistrato per un’interpretazione errata delle norme europee e per una valutazione sbagliata di fatti o prove.

L’emendamento sulla responsabilità civile diretta dei magistrati, che, da un lato, ha inteso ricomprendere la violazione del diritto europeo nell’ambito della «manifesta violazione del diritto» e, dall’altro, rende il giudice direttamente responsabile nei confronti del cittadino, non ha mancato di suscitare da subito una dura reazione da parte delle toghe. In proposito, il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Michele Vietti, ha sottolineato come l’assenza di un meccanismo diretto di rivalsa del cittadino contro il giudice che può averlo danneggiato non implichi un privilegio del giudice, ma configuri, piuttosto, un presidio a garanzia della sua indipendenza e della sua imparzialità. Viceversa, di fronte al rischio di essere chiamati a risarcire chi venga danneggiato da una propria pronuncia, non appare peregrina la prospettiva per cui il giudice possa essere indotto a non inimicarsi la parte più forte ed influente, minandosi alla base il requisito della imparzialità, ovvero della indipendenza da qualsivoglia condizionamento, da timori ed influenze che lo possano portare a decidere in un senso piuttosto che in un altro.

Sottolinea ancora Vietti come il sistema attualmente vigente, che impone la richiesta di danni allo Stato, sia coerente con la considerazione per cui è per conto dello Stato che il giudice si pronuncia, salvo poi il primo a rivalersi sul secondo. Ed è in questa prospettiva che va inteso anche il richiamo della Corte di Giustizia, per cui occorre introdurre il principio di responsabilità anche in ipotesi di disapplicazione della normativa europea, ma pur sempre in capo allo Stato e non direttamente al giudice.

Il testo del provvedimento passa ora all’esame del Senato e da più parti si auspica un ravvedimento del legislatore.

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