Residenza e domicilio nel sistema tributario maltese

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Negli ultimi anni, Malta ha intrapreso un ambizioso progetto di modernizzazione e incrementato l’attività legislativa allo scopo di diventare uno dei centri finanziari ed economici più importanti al mondo. La sua posizione strategica, infatti, rappresenta una grande opportunità per tutte quelle imprese multinazionali che intendono operare nei mercati nordafricani, mediorientali e soprattutto europei.

Dal 1° maggio 2004, inoltre, la Repubblica di Malta è entrata a far parte dell’Unione Europea, dopo aver naturalmente proceduto ad una rivisitazione del proprio sistema tributario che prima di allora le impediva di soddisfare i requisiti richiesti per l’adesione e per attuare l’acquis dell’Unione[1].
All’ingresso nell’Unione Europea è poi seguita l’adozione dell’euro nel 1° gennaio 2008, fattore che è stato ritenuto fondamentale per l’attuale affermazione come centro internazionale d’affari[2].

Attraverso settori come quello farmaceutico, il turismo, l’e-Gaming, e un sistema di tassazione del reddito vantaggioso e capace soprattutto di attirare investimenti esteri, Malta rappresenta attualmente tra gli stati membri dell’Unione Europea una delle mete preferibili e sicuramente più vantaggiose da un punto di vista fiscale. Attenzione però: anche un’ottima conoscenza della lingua parlata sull’isola (che, sebbene secondo l’art. 5 della Costituzione sia ufficialmente il maltese, di fatto risulta essere prevalentemente l’inglese, soprattutto in campo commerciale e turistico) può non essere sufficiente per tradurre e applicare correttamente la normativa, ricca di false friends e conseguenti difficoltà interpretative. Soprattutto in ambito fiscale.

L’Income Tax Act e le convenzioni internazionali contro la doppia imposizione

La più importante fonte relativa al diritto tributario maltese è il capitolo 123 della Laws of Malta, ossia l’Income Tax Act, chiamato anche “ITA”, una fonte approvata nel 1948 con lo scopo iniziale di creare una tassa sul reddito di ampia portata.

Tale legge contiene le norme sostanziali che determinano le entrate imponibili, le aliquote d’imposta, le deduzioni, le esenzioni, le norme sulla giurisdizione e i soggetti passivi.

L’Income Tax Act, che può essere tradotto come “legge sulla imposta sul reddito”, in realtà non riguarda solamente l’imposta sul reddito, come si potrebbe ipotizzare dal nome, ma contempla tre distinti tributi colpendo, oltre varie tipologie di reddito, anche alcune plusvalenze e il valore del trasferimento delle proprietà immobiliari situate a Malta.

Proprio per le peculiarità geografiche ed economiche maltesi, l’applicazione dell’Income Tax Act viene sempre più frequentemente confrontata con le varie convenzioni internazionali contro la doppia imposizione, soprattutto alla luce della globalizzazione economica e quindi dell’incremento esponenziale di scambi e relazioni internazionali. Il progressivo sviluppo delle attività economiche e soprattutto del commercio e degli investimenti ad ampio raggio hanno infatti portato gli stati a estendere il proprio potere impositivo, anche a fattispecie che vanno al di là del proprio ambito territoriale.

Si è così creato il rischio che la medesima fattispecie reddituale venga assoggettata a tassazione in due o addirittura più stati: ed è a questo punto che entrano in gioco le convenzioni contro la doppia imposizione, che si occupano proprio di stabilire i limiti entro i quali la potestà impositiva di uno stato può esplicarsi, garantendo in questo modo la tutela del contribuente.

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La convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Malta

 Attualmente, Malta, ha firmato oltre 70 trattati contro la doppia imposizione in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, e tra questi vi è anche quello stipulato con l’Italia e firmato a Valletta il 16 luglio del 1981.
Tale trattato, ratificato con la legge numero 304 del 1983[3], è stato modificato attraverso un protocollo nel 2009[4], protocollo che comunque non modifica le linee essenziali del primo accordo e che si preoccupa principalmente di contestualizzare meglio alcuni concetti precedentemente disciplinati.

L’accordo è diviso in sei capitoli per un totale di 29 articoli.

Il I capitolo definisce l’ambito di applicazione dell’accordo, stabilendo all’articolo 1 che l’accordo si applica ai soggetti che sono residenti in uno degli stati contraenti, e all’articolo 2 le imposte considerate.
Quest’ultimo articolo è stato modificato nel 2009: infatti, mentre prima il paragrafo 3 menzionava solamente le imposte sul reddito delle persone fisiche e giuridiche, adesso trova spazio all’interno del campo di applicazione anche l’imposta regionale sulle attività produttive.

Il paragrafo 4 si preoccupa invece di stabilire che tutte le imposte future di natura identica o analoga che verranno istituite dopo la firma, ricadranno sotto la disciplina dell’accordo in questione, da ciò derivando la necessità che le autorità competenti italiane e maltesi si comunichino le modifiche rilevanti apportate alle rispettive legislazioni fiscali.

Il secondo capitolo fornisce una sequenza di definizioni al fine di permettere una corretta applicazione del trattato. Infatti, tenuto conto del fatto che le lingue ufficiali degli stati contraenti sono diverse, può accadere di imbattersi in termini la cui traduzione letterale non coincida perfettamente con il significato del termine corrispondente nel proprio ordinamento.

L’articolo 4 spiega per esempio ciò che si intende con l’espressione “residente di uno stato contraente”. Questo perché i concetti di residenza e domicilio dei rispettivi ordinamenti non coincidono, e ciò in particolari situazioni può creare delle incertezze circa lo status del contribuente.

Il paragrafo 2 a tal proposito predispone dei criteri attraverso cui determinare la posizione di una persona fisica che sia considerata residente da entrambi gli stati contraenti. Secondo tale previsione occorre in primo luogo considerare il luogo in cui si trova l’abitazione permanente del soggetto. Qualora esso disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli stati, si tiene conto del centro degli interessi vitali e quindi del luogo in cui le sue relazioni personali ed economiche sono più strette. Nel caso in cui neanche questo criterio sia esaustivo il soggetto sarà considerato residente dello stato contraente in cui soggiorna abitualmente o, come ultima possibilità, dello stato contraente del quale ha la nazionalità.

È prevista anche la possibilità che in casi di maggiore incertezza circa la residenza del soggetto le autorità competenti degli stati contraenti risolvano la questione di comune accordo.

Diversa è l’ipotesi in cui il soggetto considerato non sia una persona fisica. In tal caso la residenza sarà quella dello stato contraente in cui si trova la sede della sua direzione effettiva.

Residenza e domicilio: affinità e differenze tra il sistema tributario italiano e quello maltese

 I concetti di residenza e domicilio nei modelli di common law di origine britannica assumono un aspetto del tutto differente rispetto a quelli analogamente conosciuti in Italia.

Secondo il diritto tributario italiano la residenza fiscale viene riconosciuta, ai sensi dell’articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, al soggetto che è iscritto nell’anagrafe nazionale della popolazione residente per la maggior parte del periodo di imposta, e quindi per almeno 183 o 184 giorni a seconda che si tratti di anno bisestile o meno. La residenza fiscale viene inoltre riconosciuta a tutti quei soggetti che hanno fissato la propria residenza o il proprio domicilio in Italia.

Va precisato che i requisiti appena menzionati sono tra loro alternativi e che è quindi sufficiente la sussistenza di uno di questi per essere ritenuto un contribuente. L’amministrazione finanziaria italiana infatti vuole estendere il più possibile il significato di tali concetti in modo da poter contrastare più facilmente il fenomeno dell’evasione fiscale. A sostegno di tale intenzione è stato previsto che in caso di trasferimento del cittadino italiano all’estero nel corso dell’anno, non può mai essere prevista una tassazione “frazionata” ad anno che veda una parte dei redditi tassata in Italia ed un’altra parte tassata nel Paese di destinazione, salvo eventuali convenzioni bilaterali che lo permettano.[5]

Il domicilio fiscale coincide invece con il luogo dal quale la legge fa dipendere la competenza dell’ufficio tributario, e l’art. 58 del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973 numero 600 prevede che le persone fisiche residenti abbiano il domicilio fiscale nel comune di residenza anagrafica, e che le persone fisiche non residenti abbiano il domicilio fiscale nel comune dove si è prodotto il reddito.
I soggetti diversi dalle persone fisiche hanno invece il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la sede legale o in mancanza quella amministrativa. Se anche questa manchi, avranno il domicilio fiscale nel comune dove è stabilita una sede secondaria o una stabile organizzazione, o in via residuale nel comune in cui esercitano prevalentemente la propria attività.

Per quanto riguarda l’ordinamento maltese il testo di riferimento, come si è detto, è l’Income Tax Act, che tuttavia in certi casi risulta incompleto e che rende per questo indispensabile l’apporto giurisprudenziale.

Una prima definizione del termine “residenza” è contenuta all’art. 2. Tale disposizione prevede che per residente a Malta si intenda un individuo che generalmente risiede a Malta, tranne che per assenze temporanee che l’autorità fiscale ritenga ragionevoli.

Questa definizione non risulta completa, anche perché fondamentalmente rimette la questione alla discrezionalità delle autorità competenti. È per questo motivo che è intervenuto il Board of Special Commisioner, il quale si è espresso chiaramente sulla materia stabilendo che una persona è residente a Malta se la stessa vi trascorre più di sei mesi. Questa regola naturalmente non è priva di fondamento, infatti si ricollega all’articolo 13 dell’Income Tax Act, che si applica in riferimento alla residenza temporanea. Secondo quanto disposto da questo articolo si può parlare di residenza temporanea quando un soggetto si trova a Malta per fini esclusivamente temporanei e per un periodo complessivamente inferiore a sei mesi dell’anno considerato.
Altro concetto ancora è quello di residenza ordinaria, che è ricavato direttamente dalle pronunce dei tribunali maltesi poiché l’Income Tax Act non ne riporta una definizione, e quella dell’articolo 2 circa il concetto di residenza non coincide perfettamente[6]. La residenza ordinanza infatti richiede più che la mera residenza, accostando alla presenza fisica in un luogo con un certa continuità, alcuni elementi che contribuiscano a dare stabilità alla residenza, come ad esempio la famiglia e il lavoro.

Il sistema giuridico maltese non ha sviluppato neanche una propria nozione di domicilio, e per questo ha preso in prestito la nozione di domicilio dell’ordinamento britannico, come confermato dai tribunali maltesi che hanno costantemente sostenuto che la nozione di domicilio coincidesse perfettamente con la nozione del common law.

Il “domicile of choice”, come lo chiamano a Malta, si acquista così attraverso la combinazione tra la residenza e l’intenzione espressa di vivere in modo permanente in un paese. La giurisprudenza britannica ha inoltre stabilito che una persona deve sempre avere un domicilio e che questo può essere trasferito solo attraverso una dichiarazione del soggetto.

Approfondisci:”La differenza tra dimora, domicilio e residenza”

Lo status di “residente non domiciliato”

Circa i concetti di residenza e domicilio un caso peculiare maltese è quello rappresentato dallo status di “residente non domiciliato”.

Differentemente da quanto avviene in Italia, dove al cambiamento di residenza segue l’automatico cambiamento di domicilio con le relative conseguenze fiscali, nel diritto anglosassone, se si cambia residenza senza esprimere la volontà di rimanere a tempo indeterminato nel nuovo indirizzo, il domicilio continuerà ad essere quello di origine.

Questa discrepanza tra le due normative consente quindi a un soggetto residente in Italia di trasferire la residenza in un Paese regolato dal diritto anglosassone senza acquisirne il domicilio automaticamente ed al contempo, in Italia, essere considerato come non più residente né domiciliato. In questo modo, si acquisirà lo status di “residente non domiciliato”, status possibile solo in tre Paesi della Unione Europea: Gran Bretagna, Irlanda e naturalmente Malta.

Note

[1] D’ALFONSO G., Sistemi fiscali dei nuovi Stati Membri dell’UE, in Il Fisco, n. 28/2004, I, 4305 e seguenti.

[2] Investment Guide & Business Dictionary, in Finance Malta, 2012, 18.

[3] Legge 2 maggio 1983, n. 304, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 27 giugno 1983, n. 174: il Ministero degli affari esteri ha reso noto che lo scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo citato è avvenuto l’8 maggio 1985; di conseguenza il medesimo Accordo, a norma dell’art. 28 dello stesso, è entrato in vigore l’8 maggio 1985 (vedi comunicato in Gazzetta Ufficiale del 24 maggio 1985, n. 121).

[4] Protocollo all’Accordo tra Italia e Malta per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e prevenire evasioni fiscali, firmato a Roma il 13 marzo 2009 ed entrato in vigore il 24 novembre 2010.

[5] NATOLI L.F., Diritto tributario, Milano, Giuffrè, 2010, 75 e seguenti.

[6] ATTARD R., Principles of Maltese Income Tax Law, Malta, Malta Institute of Management, 2013, 170.

Roberto Sciacchitano

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