Recensione a: Salvatore Lordi, Quella striscia di pace…in Terrasanta, KOINè Nuove Edizioni, Roma, 2004

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Un libro atipico, quello di Salvatore Lordi, soprattutto in un momento in cui l?universo del giornalismo e ? pi? in generale ? quello della comunicazione si alimentano continuamente di suggestioni, di stati di emotivit? da indurre nell?interlocutore di turno; di immagini che ? si pensa ? contino pi? di tante parole.
Perch? l?immagine ci porta direttamente sul campo di battaglia senza farci sentire l?odioso sibilo delle pallottole, ci fa provare la paura e l?adrenalina, ci rende tutti guerrieri con la pancetta. Ma non riesce a spiegare i perch? ? che mai come oggi sono vari e aleatori ? di quello spiegamento di possenti carri armati. D?altronde, proprio per quel carattere di aleatoriet? che li permea, i perch? divengono scomodi, difficili da spiegare a tutti e difficili da comprendere per tutti. A noi basta la superficie degli eventi per farci discutere qualche minuto di fronte ad un telegiornale, ben consapevoli del fatto che dopo il telegiornale qualche comico ? o un film in prima visione ? allieter? le nostre ore serali.
La guerra ? la stessa idea di conflitto ? ? stata una delle poche cose che i processi di globalizzazione non sono riusciti a rendere parte integrante delle nostre vite.
Mi perdoni il lettore per questa sia pur breve digressione sul modus operandi con cui un qualsiasi conflitto viene presentato dai media, ma credo che questo sia uno dei punti centrali che il libro di Lordi bypassa in maniera efficace proponendo un alternativo modo di lettura di un conflitto ? quello del Medio Oriente ? che si trascina sin dal 1948 e che, ancora oggi, non vede una fine stabile e certa bens? solo un susseguirsi di apparenti tregue.
Una lettura che ? come gi? acutamente osservato da Andrea Margelletti nella prefazione al testo ? pone al posto della geopolitica i piccoli fatti della quotidianit?. Perch? ? proprio nella quotidianit? della vita dei protagonisti del libro che si avverte pi? forte il senso del disagio e l?urgenza di una soluzione che non stia n? da una parte n? dall?altra.
In tal senso la preoccupazione dell?Autore di evitare esasperazioni giornalistiche mi sembra fondata, anzi, mi sembra sia il nocciolo del problema come emerso dalla testimonianza del corrispondente Rai Paolo Longo. Perch? quando anche una parola rischia di compromettere il senso neutro di trasmissione della notizia si rischia di concentrare tutta l?attenzione su di un aspetto periferico smarrendo, nel contempo, l?essenza della notizia stessa.
? possibile un percorso di pace nel Medio Oriente?
Credo di si, e credo che in questo percorso vadano coinvolti molti interlocutori. Perch? la soluzione ? per essere definitiva – non deve essere solo politica, ma anche culturale e sociale. Ma per fare questo occorre una sensibilit? attenta capace di trasmettere il disagio in maniera neutrale ed efficace, concentrandosi sull?animus pi? che sul corpus.
E questo Salvatore Lordi lo ha compreso bene, attraverso un?opera che ? secondo le parole dell?Autore ? ?non si pu? definire un romanzo, perch? i racconti dei personaggi sono passaggi della loro vita e toccano momenti della storia pi? recente del Medio Oriente; ma non si pu? neanche collocarla tra la saggistica per l?assenza di analisi storiografiche?.
E allora come definirla?
Forse ? proprio qui il secondo merito dell?Autore che si libera in un solo colpo di una malattia che ? si dice ? affligge molti giornalisti: l?autoreferenzialit?.
Lui le chiama storie di pace in guerra. Ma ? riduttivo, Collega, il tuo libro ? giornalismo di pace in guerra. Ne ha tutti i requisiti.

Martello Stefano

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