I reati giovanili nella criminologia elvetica

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 1. Introduzione

La prevenzione della delinquenza giovanile è troppo spesso affidata all’inconcludenza populistica di certuni burocrati improvvisati e legati alle ideologie estemporanee dei vari Partiti. In realtà, << prendere i problemi alla radice sembra la via più razionale e più economica. Ma questa via presuppone di conoscere perfettamente le cause ed i processi che portano ad una determinata situazione da controllare. Di fronte ad una problematica così complessa e multifattoriale come la violenza, certe pretese sono poco realistiche. Un percorso preventivo serio, dunque, non si crea da solo e richiede basi solide >> (EISNER & RIBEAUD & LOCHER 2009). I lemmi criminologici << general-preventività >> e << special-preventività >> rinvengono la loro origine nella Letteratura medica e soltanto in un secondo tempo essi sono entrati a far parte del lessico tecnico giuridico. OMS (2002), a livello globale, ed OFSP (2006), in Svizzera, distinguono molto bene tra la prevenzione universale, rivolta all’intera collettività, la prevenzione selettiva, indirizzata ai gruppi sociali a rischio di criminogenesi, e, infine, la prevenzione specifica, che tenta di impedire la recidiva nel caso di soggetti aggressivi già presi in carico dall’AG e/o dalla rete dell’assistenza sociale. Nel contesto della prevenzione, esistono, successivamente, altri ulteriori settori e modalità d’intervento, come la riduzione dei rischi di devianza, il sostegno pedagogico, penitenziario e non, la protezione dai fattori diseducativi e l’annullamento dei percorsi comportamentali border-line.

Predisporre misure preventive contro i reati violenti giovanili non costituisce soltanto una finalità della prassi criminologica. Si tratta di una tematica cruciale anche per gli elettori nell’intera Confederazione. Ciononostante, << tanto in Svizzera quanto altrove, alcuni programmi sono stati finanziati e messi in pratica, per contribuire a ridurre la violenza [ … ] ma molti [ programmi ] non raggiungono l’obiettivo prefissato o addirittura provocano l’esatto contrario. Donde la necessità di fondare gli interventi futuri sulla base di pratiche concretamente esperimentate (evidence-based-prevention), così come si fa nel contesto della salute pubblica (per esempio nel caso della prevenzione dell’AIDS) >> (OFSP 2006). Nell’ambito della Common Law inglese, abbondano gli Studi criminologici seri ed affidabili, ma la ratio di qualsivoglia analisi scientifica deve sempre scartare da subito le strategie inutili o nocive, valutare gli effetti pratici e non esclusivamente quelli teorici e, infine, adeguare la prevenzione alle peculiarità specifiche dei gruppi sociali interessati all’/ dall’intervento preventivo (EISNER & RIBEAUD & LOCHER, ibidem). Eliminare culturalmente gli approcci intellettualoidi privi di concretezza serve per impedire inutili sprechi di denaro pubblico, poiché, anche nel caso della Confederazione, sovente si è preteso di mettere in pratica Progetti non autoctoni e sterilmente esterofili nonché inapplicabili al tessuto collettivo giovanile elvetico. In buona sostanza, a prescindere dalle personali tendenze politiche, l’autentica e perenne sfida consiste nel coniugare bontà teorica ed efficacia empirica. Ciascuna comunità locale rappresenta un caso autonomo ricco di specificità altrettanto autonome, che possono essere conosciute esclusivamente dall’interno.

 

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Un primo aspetto non adeguatamente valutato consiste nella pluralità di cause e con-cause cagionanti la delittuosità violenta in età adolescenziale e non. Esiste una multi-fattorialità che impone di prendere in considerazione un ampio ventaglio eziologico non limitabile ad un semplicistico elenco svogliatamente ed eccessivamente sintetico. P.e., un ragazzo border-line figlio di una famiglia di immigrati disagiati presenterà simultaneamente dei bisogni criminologici strettamente personali, come la stabilità abitativa, l’innalzamento del livello di reddito ed un inserimento scolastico idoneo. Esisteranno, inoltre, decine di ulteriori fattori di rischio non previsti e nemmeno prevedibili, in una Scienza tutt’altro che matematica come la Criminologia. Altrettanto aleatoria sarà l’efficacia special-preventiva della Pubblica Amministrazione locale, la quale darà, o, viceversa, non darà risposte concrete utili. Altre volte ancora, esisteranno o, all’opposto, non esisteranno, per la singola fattispecie, Autorità centrali più preparate rispetto a quelle di rango cantonale o comunale. Prevenire l’anti-socialità giovanile illecita non è come la soluzione di un teorema geometrico impeccabile ed assolutamente dimostrabile. A tutto ciò, si aggiunga pure la pluralità connaturata alle varie fasce dell’età giovanile, che non è omogenea e che contiene gruppi e sotto-gruppi. Inoltre, va affrontata anche la tematica della non secondaria differenza tra adolescenti maschi e giovani devianti femmine.

La prevenzione della violenza giovanile coinvolge tutti i soggetti criminologicamente individuabili, ovverosia rei, Parti Lese, individui, persone giuridiche o Enti morali terzi direttamente o indirettamente coinvolti. Ciononostante, la Criminologia elvetica tende sempre a distinguere il tasso reale di devianza dalle dispercezioni sociologiche provocate dalla cronaca giornalistica e dalla propaganda politica. Oltretutto, a livello ontologico, il tessuto collettivo è da sempre propenso ad amplificare gli allarmi sociali afferenti alle devianze anti-giuridiche tipiche dell’età adolescenziale. Pertanto, tale discrasia tra realtà oggettiva e realtà soggettiva va superata attraverso l’elaborazione di Statistiche ragionate e seriamente scientifiche, che non lascino spazio ai malumori popolari a-tecnici ed ipertrofici. Un’analisi corretta dei reati violenti giovanili richiede un approccio ermeneutico estremamente articolato e minuzioso. Anzitutto, necessita prevenire, ma tale profilassi comportamentale va contestualizzata all’interno di ciascun specifico contesto. P.e., l’aggressività dei ragazzi svizzeri non può essere paragonata a quella dei coetanei di strada di un qualsivoglia Ordinamento economicamente meno sviluppato. La Confederazione reca certune particolarità interne che vanno analizzate alla luce dei singoli contesti cantonali, regionali e micro-regionali. Qui non si pone la questione dell’efficacia o meno del Federalismo politico, ma è egualmente vero ed incontestabile che le esigenze pedagogiche debbono essere adattate alla Heimat locale. Viceversa, sono inevitabili i fallimenti tipici del generalismo astratto, pieno di buoni progetti preventivi ma privo di risultati concreti.

 

2. Le politiche criminologiche per il contrasto alla delittuosità violenta giovanile.

Tanto nella Confederazione quanto negli altri Ordinamenti giuridici occidentali, la Criminologia contrasta l’aggressività anti-normativa degli adolescenti operando su molteplici aspetti comportamentali, in tanto in quanto la prevenzione e/o la repressione della delinquenza giovanile non è un fenomeno monolitico o riconducibile a schematizzazioni vagamente generiche e semplicistiche. Infatti, sotto il profilo strutturale, l’infra-25enne infrattore necessita di politiche di sostegno non soltanto individuali, ma anche finalizzate a riparare gli squilibri criminologici familiari, sanitari, scolastici e securitari, per non parlare poi delle condizioni di estrema fragilità e vulnerabilità dei ragazzi stranieri non integrati. Un altro tema assai spinoso è costituito dal consumo di alcool e di stupefacenti, giacché le sostanze d’abuso riducono l’apprendimento ed aumentano le situazioni di disagio già presenti. D’altronde, la PG e l’AG, in Svizzera, hanno voluto e dovuto adeguarsi alle specifiche Norme penali e processual-penalistiche inerenti il Diritto Minorile e la tutela dei giovani adulti (Art. 61 StGB). Questo complesso panorama de jure condito, a sua volta, è gestito non soltanto a livello della Pubblica Amministrazione federale, bensì anche grazie al necessario contributo istituzionale dei Cantoni e dei Comuni, i quali sono tenuti pure a valorizzare gli apporti socio-assistenziali delle Ong private, delle Associazioni e delle Agenzie di Controllo religiose e scolastiche.

Molto importante, dal punto di vista tanto legislativo quanto criminologico, è stato il Rapporto / Programma edito da DFJP (2008). In tale rendiconto, il Dipartimento federale di Giustizia e Polizia ha commentato la nuova Normativa penitenziaria sul trattamento pedagogico degli infra-25enni recidivi, senza dimenticare la fondamentale importanza di un apposito Codice di Procedura Penale Minorile. Anzi, il DFJP (ibidem) non cessa di rimarcare la basilarità (ri)educativa di tutte le Istituzioni pubbliche, dalla Scuola alla Magistratura, passando per le Polizie cantonali e le Famiglie d’origine. Provvidenzialmente, dagli Anni Duemila, esistono Statistiche ufficiali sulla criminalità degli adolescenti, la cui mappatura metodica è stata resa possibile dalla fruttuosa sinergia tra il Dipartimento federale di Giustizia e l’Ufficio federale di Statistica di Neuchatel.

Il Diritto Penale Minorile svizzero presenta purtroppo molte lacune. Opportunamente, alla luce della complessità e varietà del DPMin, l’Art. 386 StGB, novellato nel 2005, statuisce che <<la Confederazione può prendere misure di informazione, di educazione o altre misure intese ad evitare i reati o a prevenire la criminalità [ … ] può partecipare ad organizzazioni che eseguono misure ai sensi del capoverso 1, oppure istituire e sostenere simili organizzazioni. Il Consiglio federale disciplina il contenuto, gli obiettivi ed il genere delle misure preventive >>. Il comma 4 del testé menzionato Art. 386 StGB si è rivelato prezioso nell’ambito del miglioramento pratico del DPMin nonché nel contesto della riabilitazione penitenziaria del maggiorenne minore degli anni 25 (Art. 61 StGB). Anzi, tra il 2008 ed il 2010, il Consiglio federale, ex Art. 386 StGB, ha novellato le Normative federali per la tutela dei minorenni di origine straniera e dei ragazzi coinvolti in tristi dinamiche legate alla prostituzione minorile, alla pedopornografia ed alla violenza domestica.

La ratio della prevenzione dei reati giovanili ha rinvenuto la sua prima asserzione esplicita nel 2008, con il Rapporto al Consiglio Federale rubricato << Per una politica svizzera dell’infanzia e della gioventù >>. Molto pertinentemente, si è voluto affrontare il problema alla radice, estirpando, già in età infantile, ogni causa che potesse provocare aggressività ed anti-socialità nella fase adulta. Secondo la Pubblica Amministrazione di livello federale, è indispensabile prevenire non soltanto nella Scuola e nella Famiglia, ma anche e soprattutto negli spazi comuni in cui i giovani vivono il loro tempo libero e lo svago. Il CONSIGLIO FEDERALE (2008) precisa che << [ il Consiglio Federale ] accorda da sempre una grande importanza agli spazi delle attività legate alla formazione ed al divertimento, poiché reputa che essi possiedono un forte potenziale di integrazione e di prevenzione. La più grande difficoltà sarà quella di proporre nell’insieme della Svizzera delle offerte bastevoli nella quantità e nella qualità, vegliando particolarmente sull’integrazione dei bambini e dei giovani immigrati nonché dei giovani appartenenti alle classi sociali meno istruite e più povere >>

           Un settore prioritario e fondamentale rimane sempre quello dell’assistenza sanitaria (OMS 2002). OFSP (2006) e OFSP (2008) hanno realizzato un Progetto a cadenza quinquennale contro l’abuso di bevande alcooliche, che alterano e pregiudicano la normalità dei rapporti sociali e dell’equilibrio individuale. Gli adolescenti debbono limitare il consumo di alcool, ma l’astinenza totale rappresenta o rappresenterebbe la finalità maggiormente ambita. Senza dubbio, la scolarità obbligatoria costituisce il luogo principale per la tutela sanitaria contro gli alcoolici e gli stupefacenti, come dimostrano i Programmi anti-droga di lungo periodo avviati nella Svizzera romanda ed in quella germanofona.

Un campo operativo estremamente delicato è pure la lotta contro la discriminazione razziale, il che vale specialmente in un Ordinamento sociale irreversibilmente multi-etnico come quello elvetico. ODM (2007) reputa che << occorre monitorare, in primo luogo, gli ambiti della lingua, della formazione e del mercato del lavoro, al fine di dare ai giovani [ immigrati ] prospettive per il loro avvenire. [ Occorre ] dare agli stranieri le stesse occasioni e potenzialità degli Svizzeri per poter partecipare alla vita del gruppo sociale di appartenenza, ovverosia [ occorre ] aprire delle prospettive di integrazione professionale e sociale, proponendo ai ragazzi stranieri delle misure adatte alla situazione del mercato del lavoro >>.

Nella fattispecie degli adolescenti (auto)esclusi dal mondo scolastico, il Consiglio Federale ha investito denaro ed energie a beneficio dell’apprendistato e delle altre tipologie di tirocinio e di formazione professionale. In effetti, l’inserimento lavorativo costituisce un notevole elemento di contrasto alla criminogenesi giovanile. A tal proposito, l’Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia ha delegato ai Cantoni l’applicazione fattuale della LF 13/12/2002, seguita dalla relativa OF 19/11/2003. Tali Normazioni fanno parte di una più ampia strategia contro la povertà ed il disagio, coordinata dalla Commissione per la sicurezza sociale e per la salute pubblica, incardinata, a sua volta, presso il Consiglio Federale. L’inadeguatezza patrimoniale e salariale, comunque, è oggettivamente una delle con-cause dei reati giovanili e, d’altra parte, l’inserimento scolastico può non essere all’altezza degli obiettivi prestabiliti. Nella Confederazione, negli Anni Duemila, purtroppo si è intensificato il fenomeno dei ragazzi devianti working poor, lavorativamente inadeguati e appartenenti a nuclei familiari monoparentali.

 

3. Il ruolo della Famiglia nella delittuosità degli infra-25enni.

Il ruolo della Famiglia nel contesto della criminogenesi è imprescindibile, a cominciare dalla prima infanzia. Nella Teoria dell’Attaccamento, PERREZ & AHNERT (2007) affermano che <<gioca un ruolo centrale l’esperienza interpersonale della relazione che il bambino piccolo stabilisce con i propri genitori (o con la/le persona/e di riferimento), con i propri fratelli e con le proprie sorelle. Le modalità di relazione che il bambino costruisce progressivamente in funzione delle risposte al proprio bisogno … di sicurezza … sono decisive per le sue percezioni ed i suoi comportamenti. Un attaccamento di tipo sicuro è un fattore di protezione estremamente importante per uno sviluppo positivo >>. Assai simile è la Teoria dell’Apprendimento sociale di REID & PATTERSON & SNYDER (2002), giacché << i comportamenti problematici del bambino e dell’adolescente sono [ sempre ?, ndr ] un effetto del trascinamento che viene esercitato in seno alla famiglia. In funzione della reazione dei membri della famiglia [ o delle/della persone/a di riferimento ], il bambino è incoraggiato o no alla continuazione di tali dinamiche. Per reciprocità, i comportamenti aggressivi dei genitori e dei figli possono essere rinforzati a vicenda. Purtroppo, i comportamenti anti-sociali dell’infanzia vengono frequentemente ignorati o sottovalutati rispetto agli altri comportamenti nella famiglia >>. Come universalmente noto, di solito i nonni o i vicini di casa o gli educatori spesso sostituiscono i genitori perennemente o disinteressatamente assenti o, comunque, impossibilitati a stabilire rapporti di confidenza con il bambino, il quale, per quanto appaia strano o incomprensibile, esce dall’infanzia ed entra nella fase delle ordinarie resilienze adulte soltanto se idoneamente protetto nei primi o primissimi anni d’età.

In maniera anche troppo schematica, EISNER & RIBEAUD LOCHER (ibidem) sostengono che, sotto il profilo biologico, il giovane deviante sarebbe stato [ sempre ?, ndr ] un bambino maschio, irritabile, ipoteso, figlio di Madre tossicodipendente in gravidanza e nato con gravi complicazioni al cranio. Chi scrive reputa totalmente, vergognosamente, radicalmente ed assolutamente erroneo un simile approccio disgustosamente e lombrosianamente eugenetico. Non è necessariamente prostituta la figlia di una prostituta Viceversa, EISNER & RIBEAUD & LOCHER (ibidem) giustamente considerano criminogeno un nucleo familiare segnato da agitazione costante, impulsività, propensione abnorme al rischio, mancanza di sopportazione, aggressività, a-moralità materialistica e valorizzazione delle soluzioni violente dei problemi quotidiani. Altrettanto indubitabile risulta la negatività pedagogica di una famiglia composta da tossicomani o da genitori ossessivamente litigiosi e con scarso auto-controllo. Il bimbo non sorvegliato o sorvegliato senza coerenza educativa patirà il rischio di potenziali devianze criminose. Ognimmodo, il reddito mensile della Famiglia, a parere di chi redige, non influenza la criminalità post-adolescenziale, come, del resto, molto ben dimostrato da Sutherland con afferenza allo white-collar-crime.

Il bambino imita le modalità genitoriali o familiari di risolvere i problemi più o meno gravi della vita quotidiana. Giustamente, è stato rimarcato da RIBEAUD & EISNER (2008) che <<uno stile autoritario in cui gli ordini, i controlli e le sanzioni dominano non ottiene affatto il risultato perseguito. Viceversa, un’educazione non violenta che incoraggia la scoperta e la compartecipazione favorisce l’attenzione, l’apertura agli altri e diminuisce l’aggressività … è più importante la coerenza dello stile di educazione che l’imposizione di regole ben definite … un conflitto ben risolto in modo non violento costituisce un’importante occasione di apprendimento. Non bisogna evitare il confronto …. a volte una moderata aggressività può costituire una sana reazione preferibile ad una serie malsana di ordini >>. Quando il bambino o l’adolescente ricevono troppe imposizioni, si crea quella che in Pedagogia è chiamata << trasmissione intergenerazionale della violenza >>, in tanto in quanto << una volta diventato adulto, il bambino [ maschio ] che è stato testimone di maltrattamenti [ verso la propria Madre ] tenderà ad essere, a sua volta, un compagno maltrattante nella relazione di coppia >> (KILLIAS & SIMONIN & DE PUY 2005). Tale asserto non vale soltanto per la violenza fisica nella famiglia, ma anche per l’aggressività verbale e gestuale esasperata e priva del necessario equilibrio. Tutto ciò premesso, è indispensabile precisare che le tesi di KILLIAS & SIMONIN & DE PUY (ibidem) concernono le condotte violente e non la precarietà economica ed abitativa. Mai e poi mai, le Statistiche sulla delinquenza giovanile hanno recato alla prova scientifica di una maggiore criminogenesi connessa alla povertà o ad altre forme di disagio patrimoniale. Il reddito non (dicesi: non) influenza la nascita di devianze anti-normative giovanili, come ben dimostrato dai mille vizi occulti dell’alta borghesia occidentale.

De jure condito, nel Diritto federale svizzero e a livello codicistico, manca una definizione autentica della violenza domestica, tranne qualche sciappo contributo di rango cantonale in tema di häusliche Gewalt. Sotto il profilo fattuale, l’infante è vittima anche quando non è direttamente percosso, bensì assiste ad aggressioni fisiche e lesioni in danno della Madre di famiglia. GREBER & KRANICH (2008) distinguono, nello zurighese, almeno quattro tipologie differenti di häusliche Gewalt: quella tra coniugi (o ex coniugi), quella dei genitori verso i figli, quella dei figli adulti verso i genitori e quella tra fratelli e sorelle. In tutti questi casi, << la situazione è particolarmente difficile, perché nessuno osa domandare aiuto verso l’esterno e le autorità hanno bisogno di essere avvisate da soggetti terzi ed è necessario un intervento professionale >> (GREBER 2008). Gli effetti della violenza domestica sono noti: ritardo nello sviluppo, regressione mentale, sindrome ansioso-depressiva, confusione, inadeguatezza psico-sociale, comportamenti suicidari, tossicodipendenza, alcoolismo, criminalità, disturbi dell’alimentazione ed insuccessi scolastici. Nella Confederazione, mancano Censimenti idonei sulla häusliche Gewalt. Secondo l’interessante Studio germanofono di SCHÖBI & PERREZ (2004), l’uso della violenza fisica nelle famiglie è più diffuso di quanto si possa pensare, anche se l’abbandono, in tutta Europa, delle punizioni corporali sui bambini ha recato, prevalentemente, a forme alternative di aggressione. Le Parti Lese sono oggi soprattutto le bambine e le figlie minorenni in età post-puberale, che vengono sovente coinvolte in dinamiche parafiliache di matrice incestuosa, con conseguenti e gravi danni mentali, come la selezione ossessiva degli alimenti e molti altri disagi psico-fisici manifestantisi nell’età adulta. Il nocciolo problematico della questione rimane, comunque, la cifra oscura provocata dalla vergogna o dall’eccessiva risevatezza intra-familiare. Esistono pochi Censimenti, in Svizzera, insufficienti dal punto di vista quantitativo nonché qualitativo.

I più volte menzionati Dottrinari franco-germanofoni EISNER & RIBEAUD & LOCHER (2009) hanno eseguito un’apprezzabile mappatura criminologica di nove Municipi elvetici altamente rappresentativi dell’intera situazione nazionale svizzera. A livello cantonale, nella Confederazione, la prevenzione della delittuosità degli adolescenti è curata dai Dipartimenti Cantonali della Salute, dell’Istruzione e della Giustizia e Polizia. A livello comunale, nelle nove cittadine analizzate, i punti di riferimento sono i Medici Pediatri ed i Ginecologi. Assai notevole, in Svizzera, risulta pure l’attività assistenziale, tanto pubblica quanto privata e religiosa, a beneficio delle famiglie composte da immigrati stranieri, soprattutto a Ginevra e a Basilea. Purtroppo, il quadro d’insieme rivela prospettive tutt’altro che idilliache, nel senso che, anche nella Confederazione, la criminogenesi rinviene una prevenzione di stampo eminentemente ed iper-troficamente medico, con un supporto erogato soprattutto durante la Scolarità dell’Obbligo, ma certamente le lacune rivelano un contesto lontano dall’Assistenzialismo metodico di Paesi come la Norvegia o la Svezia, ammessa e non concessa la tanto decantata impeccabilità dei Sistemi sociali scandinavi. Può confortare sapere, almeno, che la Medicina Pediatrica elvetica eroga offerte molto valide e sistematiche a beneficio di bambini/e e ragazzi/e fino ai 16 anni d’età.

 

4. Il ruolo della Scuola nella delittuosità degli infra-25enni.

Nella Scuola, la special-preventività e la general-preventività sono possibili giacché i giovani vivono molte ore del giorno a stretto contatto con i loro coetanei, dunque socializzano e sono guidati dai Docenti tanto a livello culturale quanto a livello comportamentale. Il periodo della scolarità è decisivo e segnerà per sempre, nel bene o nel male, lo sviluppo pedagogico del ragazzo. Lo scolaro e lo studente imparano non soltanto nozioni astratte, ma anche regole di convivenza, purché non prevalgano l’ansia, lo spirito di competizione ed il bullismo. Il che non autorizza a caricare gli Insegnanti di tutte le responsabilità preventive, nel senso che le devianze anti-normative si sviluppano anche al di fuori delle Istituzioni formative, le quali non sono le uniche Agenzie di Controllo esistenti.

In CLEMENCE & CORTOLEZZIS & DUMONT & EGLOFF & KAISER & ROCHAT (2001), la criminogenesi scolastica è legata ad alcuni fattori come l’assenteismo frequente, la de-motivazione del giovane, gli insuccessi percepiti come ingiusti, oppure ancora la mancata instaurazione di un rapporto normale con i Docenti. Inoltre, è sempre necessario distinguere le Scuole cittadine da quelle ubicate nelle periferie o nelle zone rurali, ove la composizione etnico-linguistica si differenzia ed assume caratteristiche diverse. Il summenzionato Studio criminologico francofono del 2001 ha rilevato che gli Studenti reputano pericolose le violenze morali subite, mentre i Professori manifestano più spesso il timore di atti vandalici o altre forme di aggressività materiale. Nella Svizzera germanofona degli Anni Duemila, si parla molto di << bullying >>, denominato pure << Mobbing unter Kindern >>. Si tratta di condotte vessatorie tra ragazzi/e, gravemente danneggiati non soltanto sotto il profilo psico-fisico, ma anche sotto il profilo del livello di apprendimento. Il bullismo scolastico tra adolescenti incide negativamente a livello motivazionale e provoca abbandoni drammatici nel percorso della formazione culturale. Secondo la Ricerca scientifica di ALSAKER (2003), in Svizzera, il 6 % dei bambini delle primarie è << vittima passiva >> di bullying, un 12 % è composto da responsabili << attivi >>, un 7 % è formato da << vittime aggressive >>, quasi sempre maschi, ed un 20 % è costituito da <<autori / vittime occasionali >>. Assai simile è pure il Censimento criminologico di RIBEAUD & EISNER (ibidem), eseguito tra il 1999 ed il 2007. Da tale Statistica ragionata, edita nel 2008, emerge che il bullismo si manifesta tendenzialmente attraverso la violenza fisica o gestuale, la minaccia, gli atti vandalici e le sempre più frequenti umiliazioni psicologiche tra studentesse minorenni ultra-14enni. Queste aggressioni giovanili si esprimono anche sotto forma di ingiurie ed intimidazioni verso Docenti oggetto di mobbing da parte degli scolari e persino dei genitori degli allievi. Purtroppo, la prevenzione criminologica nelle Scuole elvetiche è lasciata alla retorica delle asserzioni di Principio vaghe e generiche. Stanchevolmente e ripetitivamente, EISNER & RIBEAUD & LOCHER (2009) notano che << le scuole che hanno una buona cultura della direzione hanno meno problemi di violenza. Una buona direzione è essa stessa una misura preventiva. E’meglio formulare poche regole ed applicarle sistematicamente, piuttosto che elaborare regolamenti complessi e difficili da far rispettare. Inoltre, la partecipazione degli allievi e dei genitori alle decisioni importanti avrebbe forse un effetto secondario di prevenzione della violenza >>

 

 

B  I  B  L  I  O  G  R  A  F  I  A

 

ALSAKER, Quälgeister und ihre Opfer. Mobbing unter Kindern – und wie man damit umgeht,

Huber Verlag, Bern, 2003

CLEMENCE  &  CORTOLEZZIS  &  DUMONT  &  EGLOFF  &  KAISER  &  ROCHAT,

                         Scolarité et adolescence. Les motifs de l’ insécurité, Haupt Verlag, Berne, 2001

CONSIGLIO  FEDERALE, Pour une politique suisse de l’ enfance et de la jeunesse. Rapport du

                         Conseil fédéral du 27 aout 2008 en réponse aux postulats Janiak ( 00.3469 ) du 27

                         septembre 2000, Wyss ( 00.3400 ) du 23 juin 2000 et Wyss ( 01.3350 ) du 21 juin

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GREBER  &  KRANICH, Schutz vor Häuslicher Gewalt. Broschüre der IST Interventionsstelle

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PERREZ  &  BAUMANN, Lehrbuch: Klinische Psychologie Psychotherapie, Huber

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                         end 2004, Université de Fribourg, Fribourg, 2004

Dott. Andrea Baiguera Altieri

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