Rapporti genitori e figli e previsioni legislative sulle vendite tra loro

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A volte ci si chiede se un genitore può vendere a un figlio e che cosa preveda in merito la legge.

L’argomento deve essere affrontato in modo diverso secondo le finalità che persegue il genitore.

In questa sede cercheremo di scriverne procedendo con ordine.

I rapporti di convivenza tra genitori e figli minorenni

I genitori hanno l’obbligo di mantenere e assistere i figli sino a quando riescono ad essere indipendenti dal lato economico, anche dopo il raggiungimento della maggiore età.

A dire il vero la questione non è esclusivamente economica.

Sino al compimento dei 18 anni, i ragazzi non hanno la cosiddetta “capacità d’agire”, non possono concludere contratti e obbligarsi.

In simili circostanze, le loro questioni legali sono a carico dei genitori che li rappresentano.

Gli stessi, dal lato civile sono anche responsabili dei danni che causano i figli, che dovrebbero ricevere un’adeguata educazione da padre e madre.

L’articolo 30 della Costituzione, recita:

È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.

L’articolo 147 del codice civile, rubricato “doveri vero i figli”, recita:

Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni.

La giurisprudenza ha successivamente esteso la stessa norma anche alle coppie non sposate, fenomeno non presente quando nel 1942 fu scritto il codice.

 

La norma principale che regola i doveri e i diritti dei genitori verso i figli, sempre contenuta nel codice civile, è l’articolo 315 – bis, rubricato “diritti e doveri del figlio”, che recita:

Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

Genitori figli maggiorenni e rapporti di convivenza

Il raggiungimento della maggiore età non basta a liberare i genitori dall’obbligo di mantenimento dei figli, se non sono presenti due condizioni.

Insieme al raggiungimento della maggiore età, il raggiungimento dell’indipendenza stabile dal lato economico, non un contratto precario oppure una retribuzione di poche centinaia di euro.

Se il figlio dovesse riuscire a fare un lavoro adeguato alle sue capacità e agli studi che ha fatto, può costituire un nucleo familiare a parte, andare a vivere per conto suo, e non dipendere più  dai genitori.

Quando viene raggiunta l’indipendenza economica, gli eventi sopravvenuti non hanno più rilevanza.

Se il giovane dovesse perdere il lavoro pochi mesi dopo l’assunzione, a seguito di un licenziamento o delle dimissioni, non potrebbe richiedere ai genitori di essere mantenuto da loro e riaccolto a casa, essendosi interrotto ogni legame.

Si possono distinguere due ipotesi.

I figli maggiorenni non autosufficienti, che hanno il diritto di abitare a casa dei genitori e di essere da loro mantenuti, e i figli maggiorenni autosufficienti,  che possono anche essere mandati fuori di casa.

Legalità della vendita tra padre e figlio

Non esiste nessuna norma che vieti la possibilità che tra padre e figlio si possa stipulare un contratto di compravendita, anche se la stessa dovesse essere simulata, vale a dire, nascondere un intento diverso, come ad esempio una donazione.

Un genitore può vendere a un figlio una casa, un terreno o qualsiasi altro bene.

Se si dovesse trattare di un immobile, le parti si dovranno recare da un notaio.

In assenza dell’atto pubblico, il passaggio di proprietà è nullo e non si produce nessun effetto.

Lo stesso vale per la vendita di diritti su immobili come la superficie, la servitù, l’usufrutto.

Negli altri casi, la vendita può essere fatta in modo non formale, anche verbalmente oppure con una scrittura privata.

La vendita illegale tra padre e figlio

Se l’intento perseguito dalle parti è fraudolento e dietro la vendita si nasconde una finalità lesiva dei diritti di terzi, la vendita può essere impugnata.

In simili circostanze si dovrà verificare chi sono i soggetti lesi.

Iniziamo dai creditori.

La vicenda più emblematica appartiene al Fisco, quando il contribuente finge di vendere un immobile per sfuggire alla riscossione esattoriale.

In una simile ipotesi, se il debito è superiore a 50 mila euro e le imposte non versate sono l’Irpef o l’Iva, chi simula la vendita della casa può essere denunciato per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

In altri casi, quando si tratta di un creditore privato, lo stesso potrà al più intraprendere l’azione revocatoria, un giudizio civile che mira all’ottenimento della dichiarazione di inefficacia dell’atto di compravendita.

In questo modo il bene potrà lo stesso essere pignorato.

A questo scopo, però, il creditore deve dimostrare che il patrimonio del debitore, all’esito della vendita, è rimasto svuotato e non presenta altri beni utili da pignorare sui quali potersi soddisfare,  soddisfarsi.

L’acquirente deve essere consapevole della condizione debitoria del venditore, avendo in questo modo accettato il rischio di subire l’azione revocatoria da parte del creditore.

L’azione revocatoria può però essere intrapresa entro massimo cinque anni dal rogito.

C’è anche il caso di chi vende la casa al figlio per sottrarla agli altri eredi legittimari che, per legge, hanno diritto a una quota minima del patrimonio del defunto.

Sono eredi legittimari il coniuge e i figli o, in assenza degli stessi, gli ascendenti (genitori e nonni).

Gli eredi hanno 10 anni di tempo dall’apertura della successione, vale a dire dalla morte, per impugnare la vendita e dimostrare che è simulata, vale a dire fittizia, e dovranno fornire le prove che il trasferimento del possesso del bene non è mai avvenuto, che non c’è mai stato un passaggio del denaro tra il venditore o l’acquirente o che lo stesso do po averlo pagato se l’è visto restituire.

Se il giudizio dovesse fare emergere simili circostanze, l’immobile, anche se sia stato venduto in modo fittizio a uno dei figli, ritornerà alla successione e andrà diviso con gli altri eredi.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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