La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, co, 5 cod. pen. (bilanciamento tra rapina e vizio parziale di mente): vediamo in che modo. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
1. Il fatto
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Macerata stava procedendo, con giudizio abbreviato, nei confronti di una persona imputata, tra l’altro, di rapina aggravata ai sensi dell’art. 628, terzo comma, numeri 1) e 3-quater), cod. pen. oltre che dalla recidiva semplice, nonché di tentata rapina, sempre aggravata ex art. 628, terzo comma, numeri 1) e 3-quater), cod. pen. oltre che dalla recidiva semplice.
Dalla perizia disposta dal rimettente emergeva però come l’imputato fosse, all’epoca dei fatti, parzialmente incapace di intendere e di volere, a causa di un disturbo di personalità antisociale. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
Formulario annotato del processo penale 2025
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2. La questione prospettata nell’ordinanza di rimessione: illegittimità costituzionale dell’art. 628 c.p. dove non consente di bilanciare la circostanza attenuante del vizio parziale di mente
In relazione alla vicenda giudiziaria suesposta, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Macerata sollevava, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, del codice penale, censurandolo nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante del vizio parziale di mente, prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), dello stesso art. 628.
In particolare, quanto alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, il giudice a quo richiamava estesi brani della sentenza n. 217 del 2023, con cui la Consulta aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consentiva di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis), dello stesso art. 628, citandosi all’uopo le motivazioni con cui sempre la Consulta ha ritenuto che l’art. 628, quinto comma, cod. pen. violasse il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), perché – nel prevedere un generale divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti diverse dalla minore età rispetto a talune aggravanti, tra cui quella, allora rilevante, dell’aver commesso la rapina in un luogo di privata dimora – introduceva una deroga in favore dei soli condannati minorenni e non anche degli imputati affetti da vizio parziale di mente, benché per entrambe le categorie soggettive sussistesse una condizione di ridotta rimproverabilità e colpevolezza.
Ebbene, ad avviso del giudice rimettente, le considerazioni svolte dalla Corte sarebbero riferibili anche al caso di specie, in cui il testo vigente dell’art. 628, quinto comma, cod. pen. ancora prevede, al cospetto della circostanza l’aggravante di cui all’art. 628 terzo comma, numero 3-quater), una deroga al divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti riferita solo alla minore età e non anche al vizio parziale di mente.
Precisato ciò, per il giudice a quo, la questione sarebbe, infine, rilevante in cui questo organo giudicante era chiamato a «valutare le conseguenze in ordine alla determinazione della pena a seguito del raffronto tra la aggravante di cui all’art. 628 terzo comma, numero 3-quater) e la attenuante di cui all’art. 89 cp, non implausibilmente riconoscibile all’imputato alla luce della CTU e del complessivo quadro emergente dagli atti».
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3. La soluzione adottata dalla Consulta
La Corte costituzionale reputava la questione suesposta fondata.
In particolare, il Giudice delle leggi osservava prima di tutto che, con la sentenza n. 217 del 2023, la Consulta aveva già dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., l’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consentiva di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis), dello stesso art. 628, ritenendo sussistente un’irragionevole disparità rispetto al trattamento riservato alla circostanza attenuante della minore età di cui all’art. 98 cod. pen., espressamente sottratta dal legislatore al divieto di equivalenza o prevalenza rispetto alle circostanze aggravanti elencate dall’art. 628, quinto comma, evidenziandosi a tal riguardo come in quella occasione sia stato fatto presente che lo scopo perseguito con il quinto comma dell’art. 628 cod. pen. è quello di assicurare a talune ipotesi di rapina aggravata – ritenute dal legislatore produttive di particolare allarme sociale – una pena più severa di quella cui condurrebbe, nella generalità dei casi, l’applicazione dell’ordinario meccanismo di bilanciamento tra circostanze eterogenee del reato previsto dall’art. 69 cod. pen., fermo restando che, se la ratio della deroga a tale disciplina in favore dei condannati minorenni «non può che sottendere la valutazione, da parte del legislatore, di una più ridotta meritevolezza di pena di chi abbia commesso il fatto essendo ancora minorenne, per quanto già giudicato imputabile dal giudice», tale ratio, fondata sulla ridotta rimproverabilità e colpevolezza, però, «non può […] non essere affermata» anche con riferimento a chi, essendo affetto da vizio parziale di mente, abbia agito trovandosi in «tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere e di volere» (art. 89 cod. pen.) visto che una simile condizione «sottende (…) un’anomalia psichica significativa, che comprende – in base alla consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità – le vere e proprie malattie mentali, nonché i disturbi della personalità “di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere sulla capacità di intendere e di volere” […] (Cass., n. 9163 del 2005)»; e comporta «una rilevante compromissione della capacità di intendere e di volere dell’agente […] sì da determinare un “minore grado di discernimento circa il disvalore della propria condotta” e una “minore capacità di controllo dei propri impulsi” (sentenza n. 73 del 2020, punto 4.2. del Considerato in diritto)».
Identica, dunque, risulta, per la Corte, la ratio delle due diminuenti, così come la conseguenza sulla commisurazione della sanzione collegata alle due situazioni poste a raffronto; situazioni del resto equiparate, nell’ordinamento penale, a vari altri fini, tra cui, precipuamente, la disciplina del bilanciamento eterogeneo con circostanze aggravanti cosiddette privilegiate (art. 577, terzo comma, cod. pen., come introdotto dall’art. 11, comma 1, lettera c, della legge 19 luglio 2019, n. 69, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»), in guisa tale che da ciò la medesima Corte costituzionale ne ha tratto che la scelta del legislatore «non super[asse] lo scrutinio di legittimità costituzionale al metro dell’art. 3 Cost.» e che «un imperativo di coerenza, per linee interne al sistema», imponesse l’applicazione della deroga prevista dall’art. 628, quinto comma, cod. pen. per gli imputati minorenni, anche a quelli affetti da vizio parziale di mente; imputati rispetto ai quali, anzi, «le ragioni dell’attenuazione di pena valgono a fortiori», dal momento che la notevole riduzione della capacità di intendere e di volere della persona è in questa ipotesi oggetto di un accertamento caso per caso da parte del giudice, mentre per il minorenne la minore colpevolezza è presunta in via generale dal legislatore.
Orbene, nella pronuncia qui in commento, il Giudice delle leggi affermava come non vi fossero ragioni per discostarsi, nell’esame della questione oggi sottopostale, da quanto affermato nella sentenza n. 217 del 2023.
Stante infatti la diversità tra la circostanza aggravante cosiddetta privilegiata che veniva allora in considerazione (commissione del fatto nei luoghi di cui all’art. 624-bis cod. pen. o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa: art. 628, terzo comma, numero 3-bis, cod. pen.) e quella considerata rilevante nella fattispecie in esame (commissione del fatto nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro: art. 628, terzo comma, numero 3-quater, cod. pen.), ciò non giustifica, per la Corte, una soluzione di segno differente.
In effetti, quella pronuncia ha censurato la mancata estensione all’attenuante del vizio parziale di mente della deroga – invece contemplata per la diminuente della minore età – al meccanismo di “blindatura”, ex art. 628, quinto comma, cod. pen., dell’aggravante cosiddetta privilegiata di cui al terzo comma, numero 3-bis), del medesimo articolo, sulla base di considerazioni fondate non già sulla natura di tale aggravante, ma sull’equiparabilità tra la condizione dell’infermo parziale di mente e quella del minorenne; considerazioni che risultano pienamente trasponibili anche al caso di specie.
La Corte costituzionale, di conseguenza, alla stregua della considerazioni sin qui esposte, dichiarava l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 3 Cost., dell’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consente di ritenere equivalente o prevalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), dello stesso art. 628.
4. Conclusioni: illegittimità costituzionale
Con la decisione qui un esame, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, quinto comma, del codice penale (a mente del quale: “Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti”), nella parte in cui non consente di ritenere equivalente o prevalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., vale a dire il vizio parziale di mente, allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-quater), dello stesso art. 628, vale a dire quell’aggravante speciale che ricorre allorché il reato di rapina sia commesso nei confronti di una persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro.
Pertanto, per effetto di questa pronuncia, è adesso possibile ritenere equivalente o prevalente l’attenuante del vizio parziale di mente nei confronti di codesta aggravante.
Questa è dunque la novità che connota il provvedimento qui in commento.
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