Quando il parlamentare non può sollevare conflitto di attribuzione: la Consulta chiarisce

La Consulta chiarisce quando il singolo parlamentare non è legittimato a sollevare un conflitto di attribuzione nei confronti del Governo.

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Corte costituzionale -sentenza n. 178 del 20-10-2025

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Indice

1. Il conflitto sul decreto sicurezza: perché il ricorso del parlamentare è stato proposto


Un parlamentare della Camera dei Deputati promuoveva un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri.
In particolare, siffatto ricorrente chiedeva alla Consulta di dichiarare come non spettasse al Governo di approvare la deliberazione 4 aprile 2025, avente a oggetto quello che sarebbe poi divenuto il decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario), altrimenti noto come “Decreto sicurezza” e, conseguentemente, si invocava che venisse annullata la deliberazione stessa e il citato decreto-legge, nella sua interezza o – in subordine – nelle parti ritenute prive, ad avviso del Giudice delle leggi, del requisito originario della straordinaria necessità e urgenza.
Più nel dettaglio, siffatto ricorrente – dopo avere premesso che il 22 gennaio 2024 venne presentato alla Camera dei deputati il disegno di legge ordinario A.C. 1660 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario) e avere ripercorso le tappe dei lavori parlamentari esponendo che, dopo un ciclo di audizioni e l’esame degli emendamenti proposti, le Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) in sede referente hanno conferito a quattro relatori mandato a riferire all’Assemblea della Camera, oltre ad avere fatto presente, da un parto, che siffatta Camera aveva iniziato l’esame del testo proposto dalle Commissioni medesime (A.C. 1660-A) il 10 settembre 2024 e lo ha approvato il successivo 18 settembre, dall’altro, che codesto disegno di legge era stato quindi trasmesso al Senato della Repubblica (A.S. 1236) e qui assegnato alle Commissioni riunite 1ª (Affari costituzionali) e 2ª (Giustizia) in sede referente, che il 26 marzo 2025, dopo un «confronto politico serrato», hanno conferito mandato a riferire in aula a due relatori – osservava che, tuttavia, l’esame del disegno di legge da parte del Senato, benché fosse stato calendarizzato, fu sospeso, in considerazione della sostanziale sovrapponibilità delle norme recate dal disegno stesso a quelle introdotte dal d.l. n. 48 del 2025.
Ciò posto, concluso tale excursus normativo, per il ricorrente, in punto di ammissibilità del sollevato conflitto, si argomentava, quanto alla propria legittimazione, richiamando l’ordinanza della Consulta n. 17 del 2019 – nella parte in cui ha affermato che lo «status costituzionale del parlamentare comprende […] un complesso di attribuzioni inerenti al diritto di parola, di proposta e di voto, che gli spettano come singolo rappresentante della Nazione, individualmente considerato, da esercitare in modo autonomo e indipendente, non rimuovibili né modificabili a iniziativa di altro organo parlamentare» – e la successiva giurisprudenza costituzionale conforme (sono citate le ordinanze n. 193 e n. 188 del 2021 e n. 60 del 2020), tenuto conto altresì del fatto che nel «caso odierno la situazione è assai diversa» rispetto alle fattispecie prese in esame nelle pronunce appena menzionate, giacché «[l]’attacco alle prerogative dei singoli parlamentari viene da un potere esterno al Parlamento (cioè dall’Esecutivo)» posto che il Governo, deliberando di adottare il suddetto decreto-legge mentre era in corso «l’esercizio delle attribuzioni dei singoli parlamentari» – quali «il potere di iniziativa legislativa» di cui all’art. 71, primo comma, della Costituzione e «la partecipazione al procedimento legislativo ex art. 72 della Costituzione» – le avrebbe rese «del tutto van[e]».
Precisato ciò, oltre a quanto sin qui esposto, l’odierno deputato ricorrente assumeva altresì che, a suo avviso, il Governo, approvando un decreto-legge riproduttivo del disegno di legge all’esame del Senato in assenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza, avrebbe «amputa[t]o arbitrariamente» il dibattito parlamentare che era in corso da un anno e mezzo e, in tal modo, avrebbe «ferito la competenza costituzionale delle Camere», il cui ruolo sarebbe stato «radicalmente pretermesso» e, dunque, l’atto di «pretesa urgenza» del Governo avrebbe «leso gravemente le prerogative delle Camere e, insieme, dei singoli parlamentari», evidenziandosi a tal riguardo contestualmente che, per un verso, secondo la giurisprudenza costituzionale, l’ampia «autonomia politica del Governo nel ricorrere al decreto-legge […] non può giustificare lo svuotamento del ruolo politico e legislativo del Parlamento» (è citata la sentenza n. 146 del 2024), per altro verso, nella specie, i deputati avrebbero maturato «la certezza che sarebbero tornati a discutere» il disegno di legge, poiché il testo all’esame del Senato conteneva modifiche (introdotte dalle suddette Commissioni riunite) rispetto a quello licenziato dalla Camera.
Orbene, si notava per di più che l’asserito «svuotamento della funzione parlamentare» e le ipotizzate lesioni delle prerogative costituzionali dei deputati sarebbero stati anche posti a fondamento delle cinque questioni pregiudiziali presentate alla Camera – e da questa discusse e respinte – durante l’iter di conversione in legge del d.l. n. 48 del 2025, considerato oltre tutto come il d.l. n. 48 del 2025 abbia introdotto anche disposizioni penali e che, benché la decretazione d’urgenza non si ponga di per sé in contrasto con la riserva di legge di cui all’art. 25, secondo comma, Cost., nel caso in esame il Governo avrebbe dovuto «astenersi» dall’adottare il decreto-legge stesso, al fine di consentire un adeguato dibattito parlamentare, dal momento che questa Corte tenderebbe «in campo penale […] a esprimere una preferenza per la legge del Parlamento» (sono citate le sentenze n. 32 del 2014 e n. 487 del 1989).
Dunque, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, come già accennato in precedenza, siffatto Onorevole promuoveva conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo ai giudici di legittimità costituzionale di dichiarare come non spettasse al Governo di approvare la deliberazione 4 aprile 2025, avente a oggetto quello che sarebbe poi divenuto il d.l. n. 48 del 2025, e, conseguentemente, di annullare la deliberazione stessa e il citato decreto-legge, «nella sua interezza o – in subordine – nelle parti che essa riterrà prive del requisito originario della straordinaria necessità e urgenza», tanto più notando come gli atti all’origine del conflitto fossero intervenuti quando la Camera dei deputati aveva già approvato il disegno di legge ordinario A.C. 1660-A e lo aveva trasmesso al Senato della Repubblica, che non aveva tuttavia proceduto a esaminare il testo in quanto le sue norme erano state, frattanto, sostanzialmente riprodotte nel suddetto decreto-legge.
Di conseguenza, ad avviso del confliggente, il Governo, trasponendo le disposizioni di cui al disegno di legge ordinario, alcune delle quali peraltro di natura penale, nel menzionato decreto-legge in assenza dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza, avrebbe «amputa[t]o arbitrariamente» il dibattito parlamentare in corso, così «fer[endo] la competenza costituzionale delle Camere», il cui «ruolo [sarebbe stato] radicalmente pretermesso», oltre ad essere state parimenti menomate anche le attribuzioni costituzionali dei singoli parlamentari e, in particolare, il potere di iniziativa legislativa e il diritto di partecipazione al procedimento legislativo loro spettanti. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025“, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon, e il Codice Penale e norme complementari 2026 – Aggiornato a Legge AI e Conversione dei decreti giustizia e terra dei fuochi, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.

2. Perché la Consulta esclude la legittimazione del singolo parlamentare contro il Governo


La Corte costituzionale – dopo avere fatto presente che, nella presente fase del giudizio, Ella stessa era stata chiamata a deliberare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, sulla sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a decidere se il conflitto fosse insorto tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali – osservava che, se è vero che la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto, sotto il profilo soggettivo, l’esistenza di una sfera di prerogative costituzionali, «inerenti al diritto di parola, di proposta e di voto», che possono essere difese dal singolo parlamentare con lo strumento del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri, qualora «risultino lese da altri organi parlamentari» (ex plurimis, tra le più recenti, ordinanza n. 154 del 2022), è altrettanto vero però che deve essere, invece, «escluso che il singolo parlamentare sia legittimato a sollevare conflitto di attribuzione nei confronti del Governo» quando agisce «a tutela di prerogative attribuite dalla Costituzione all’intera Camera a cui appartiene» (ordinanza n. 17 del 2019), tanto più se si considera che, con l’ordinanza n. 151 del 2022, il Giudice delle leggi ha ricordato di avere più volte specificato la necessità che le attribuzioni costituzionali asseritamente lese «spett[i]no al singolo parlamentare in quanto tale», dovendo essere pertanto ravvisabile, in capo a esso, una posizione «quantomeno distinta e autonoma rispetto a quella facente capo alla Camera di appartenenza».
Ebbene, per la Corte di legittimità, dal momento che le doglianze del ricorrente relative all’eccentricità del modus operandi del Governo coinvolgevano direttamente l’intera Assemblea, consistendo in sostanza nella supposta sottrazione al Parlamento della funzione legislativa, che ai sensi dell’art. 70 Cost. è esercitata collettivamente dalle Camere, al contrario, quando viene prospettata un’esautorazione del Parlamento dall’esercizio della funzione legislativa e la situazione posta alla base del conflitto coinvolge l’intera Assemblea, titolare della sfera di attribuzioni costituzionali in ipotesi lese e, quindi, eventualmente legittimata a sollevare conflitto, è la Camera di appartenenza del singolo parlamentare, e non quest’ultimo (in tal senso, ancora, ordinanze n. 154 e n. 151 del 2022, nonché n. 67 e n. 66 del 2021).
Del resto, sempre per la Corte costituzionale, non coglieva nel segno nemmeno l’argomentazione sostenuta dal ricorrente secondo la quale sarebbe stato sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del conflitto, affermare che il Governo avrebbe menomato anche le prerogative individuali dei singoli parlamentari, ovvero che, «insieme» alle prerogative delle Camere, l’atto di «pretesa urgenza» adottato dal Governo avrebbe leso pure quelle dei parlamentari uti singuli visto che, in fattispecie come quella in esame la posizione del singolo parlamentare rimane «”assorbita” da quella della propria Camera di appartenenza» (di nuovo, ordinanza n. 151 del 2022), tenuto conto altresì del fatto che, in molteplici occasioni, la stessa Consulta ha negato l’ipotizzabilità di una concorrenza tra la legittimazione attiva del singolo parlamentare e quella della Camera di appartenenza (ex plurimis, ordinanze n. 151 del 2022, n. 67 e n. 66 del 2021), escludendo che il parlamentare stesso possa rappresentare – in un conflitto promosso nei confronti del Governo – l’intera istituzione cui appartiene (ex plurimis, ordinanze n. 80 del 2022 e n. 277 del 2017), non essendo «titolare di attribuzioni individuali costituzionalmente protette nei confronti dell’esecutivo» (ex plurimis, ordinanze n. 151 e n. 80 del 2022 e n. 67 del 2021).

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3. Parlamento esautorato? Quando il conflitto spetta alla Camera e non al singolo deputato

 
L’ordinanza qui in commento desta un certo interesse, essendo ivi chiarito quando un singolo parlamentare può avvalersi dello strumento del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri, e quando, invece, siffatta prerogativa spetti alla Camera alla quale costui appartieni.
Come abbiamo visto poco prima, difatti, la Consulta, nel provvedimento qui in commento, richiamandosi una pregressa giurisprudenza costituzionale formatasi in riferimento a tal problematica, chiarisce per l’appunto che se il singolo parlamentare può sollevare conflitto tra poteri per tutelare proprie prerogative individuali (parola, proposta, voto) lese da altri organi parlamentari, non è invece legittimato a farlo contro il Governo quando la tutela riguarda attribuzioni costituzionali spettanti all’intera Camera, facendone discendere da ciò che, quando viene prospettata un’esautorazione del Parlamento dall’esercizio della funzione legislativa e la situazione posta alla base del conflitto coinvolge l’intera Assemblea, titolare della sfera di attribuzioni costituzionali in ipotesi lese e, quindi, eventualmente legittimata a sollevare conflitto, è la Camera di appartenenza del singolo parlamentare, e non quest’ultimo.
Questa pronuncia, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di comprendere in quali casi spetti al singolo parlamentare sollevare conflitto di attribuzione e quando invece tale prerogativa spetti viceversa alla sua Camera di appartenenza.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuita in codesta decisione, poiché fa chiarezza su tale tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

Avvocato e giornalista pubblicista. Cultore della materia per l’insegnamento di procedura penale presso il Corso di studi in Giurisprudenza dell’Università telematica Pegaso, per il triennio, a decorrere dall’Anno accademico 2023-2024. Autore di diverse pubblicazioni redatte per…Continua a leggere

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