Quali sono i termini per ricorrere avverso un provvedimento di aggiudicazione di una procedura ad evidenza pubblica? Qual è l’ambito di discrezionalità di una Stazione Appaltante nell’esercitare il proprio potere di autotutela di annullare un provvediment

Lazzini Sonia 31/07/08
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La posizione di un concorrente di una pubblica gara che contesta l’aggiudicazione non è di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo (pretensivo) al corretto svolgimento della procedura ed alla corretta individuazione del contraente _Il provvedimento di aggiudicazione, ancorché sia collegato al procedimento negoziale preordinato alla conclusione del contratto, ha natura amministrativa per quanto concerne l’individuazione del contraente, contenendo, in primo luogo, un atto amministrativo cui poi segue la manifestazione di volontà (negoziale) della pubblica amministrazione in ordine al contratto da stipulare. La aggiudicazione assume così una valenza procedimentale ed amministrativa ed integra una vera e propria determinazione autoritativa dell’esito della procedura selettiva, mediante una statuizione propria degli atti pubblici diretti a creare certezze legali privilegiate ed a incidere sulla posizione soggettiva degli aspiranti all’aggiudicazione, qualificabile come di interesse legittimo _     L’aggiudicazione ha quindi natura di provvedimento amministrativo e come tale può essere annullata dall’amministrazione in sede di autotutela, come anche riconosciuto dalla Cassazione, che la ha qualificata come atto amministrativo, che costituisce il presupposto di un contratto_ Il ricorso avverso un provvedimento di aggiudicazione deve, quindi, essere proposto nel termine di decadenza di sessanta giorni, stabilito dal legislatore per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi._ l’annullamento d’ufficio del provvedimento illegittimo non può essere disposto per la sola esigenza di ristabilire la legalità dell’azione amministrativa, posto che tale interesse, pur rilevante, deve essere comparato con altri interessi posti a tutela della stabilità delle relazioni giuridiche, anche se basate su provvedimenti illegittimi._L’annullamento d’ufficio è, dunque, un provvedimento discrezionale, che può essere disposto quando sussistono ragioni di pubblico interesse all’eliminazione del provvedimento_ Nell’ambito delle valutazioni rimesse alla p.a. per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio, la sussistenza di ragioni di interesse pubblico deve essere valutata anche con riguardo al tempo trascorso dall’adozione dell’atto da rimuovere e agli interessi dei destinatari e dei controinteressati rispetto a tale atto_ la Cassazione, proprio con riferimento a domande risarcitorie, ha escluso che il giudice amministrativo possa conoscere di controversie di cui non sia parte una pubblica amministrazione, o soggetti ad essa equiparati, trattandosi in questi casi di un fatto illecito extracontrattuale e intercorrente tra privati, che non può essere attribuito alla giurisdizione del giudice amministrativo per mere ragioni di connessione _Per tale azione risarcitoria la giurisdizione spetta, quindi, al giudice ordinario, restando salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 77 del 2007
 
Merita di essere segnalata la decisione numero 2957 del 13 giugno 2008, inviata per la pubblicazione in data 19 giugno 2008, emessa dal Consiglio di Stato
 
 
< Nel caso di specie, anche senza risolvere la questione della decorrenza del termine di impugnazione (dalla conoscenza dell’atto, come sostenuto dal Tar e dalle parti appellate, o dalla conoscenza del vizio, come dedotto dal Consorzio Alfa), si rileva che l’appellante ha avuto conoscenza del vizio ben prima del periodo di sessanta giorni antecedenti la notificazione del ricorso.
 
     Il vizio in questione è costituito dalla sussistenza di una causa di esclusione in capo ad una delle partecipanti del raggruppamento aggiudicatario (GAMMA ’85 s.c.r.l.) per la falsa dichiarazione resa circa la propria regolarità contributiva.
 
     Al riguardo, il Consorzio Alfa ha dimostrato di avere conoscenza del vizio anche prima del fax del 12 luglio 2004, richiamato dal Tar e che comunque dimostrerebbe la tardività del ricorso; con nota del 30 marzo 2004 il Consorzio Alfa ha comunicato all’IST di avere “la certezza che la società S. Matteo 85 s.c.r.l. partecipante all’Ati aggiudicataria dell’appalto in oggetto non era in regola con i versamenti contributivi presso l’Inps di Milano afferenti il proprio personale dipendente nel periodo e all’epoca in cui si è svolta la gara ed è stato aggiudicato l’appalto”.
 
     Tale comunicazione dimostra in modo inequivocabile la conoscenza del vizio già nel marzo del 2003 e non assume rilievo la circostanza che la nota sia stata sottoscritta dai legali del Consorzio, in quanto gli stessi hanno espressamente dichiarato nella nota, senza essere smentiti sul punto, di agire “nel nome e per conto” del Consorzio.
 
     Tale nota si inserisce, peraltro, in una intensa corrispondenza tra l’IST e il Consorzio, in cui quest’ultimo è sempre stato rappresentato dai propri legali.
 
     Il Consorzio Alfa avrebbe dovuto procedere alla tempestiva impugnazione dell’aggiudicazione, chiedendo eventualmente in via istruttoria l’acquisizione della prova della irregolarità contributiva (o esercitando l’accesso ai documenti dell’Inps).>
 
 
L’emarginata decisione appare inoltre importante nella parte in cui tratta della questione della cd pregiudiziale amministrativa:
 
< Residua ora l’esame delle domande risarcitorie.
 
     Con riferimento alle domande proposte in entrambi i ricorsi nei confronti dell’IST, va distinto il danno richiesto per la mancata aggiudicazione della gara derivante dell’illegittimità provvedimentale tardivamente contestata ed il danno riferito all’omesso o tardivo controllo da parte dell’IST della regolarità contributiva della società GAMMA 85.
 
     Si rientra nel primo caso nel c.d. danno da provvedimento, in relazione al quale, si pone la questione della c.d. pregiudiziale amministrativa (necessità di impugnare, ed ottenere l’annullamento, dell’atto amministrativo per poter conseguire il risarcimento del danno derivante da quel medesimo atto).
 
     Sulla questione la Sezione non ritiene di doversi discostare dal principio della sussistenza della pregiudiziale di recente affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Ad. plen. n. 12/2007) e dai propri precedenti specifici (Cons. Stato, VI, n. 3338/2002).
 
     Va precisato che la domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimento non impugnato (o tardivamente impugnato, come nel caso di specie) è ammissibile, ma è infondata nel merito in quanto la mancata impugnazione dell’atto fonte del danno consente a tale atto di operare in modo precettivo dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l’osservanza ai consociati ed impedisce così che il danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’amministrazione in esecuzione dell’atto inoppugnato.
 
     Nel caso di specie, l’infondatezza della domanda deriva, oltre che dall’applicazione del principio della pregiudiziale, dal fatto che il vizio dell’aggiudicazione dipende non da un errore, anche omissivo, dell’amministrazione, ma da una falsa dichiarazione imputabile esclusivamente all’impresa facente parte dell’Ati aggiudicataria,
 
     In alcun modo può, quindi, essere configurata la responsabilità dell’IST e facendo applicazione di tali principi al caso di specie, deve quindi essere respinta (nel merito) la domanda risarcitoria relativa ai danni derivanti dal provvedimento di aggiudicazione>
 
 
Ma non solo
 
< Va, infine, dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione alle domande risarcitorie proposte dal Consorzio ALFA in entrambi i ricorsi nei confronti dell’ATI BETA e della GAMMA ’85 s.c.r.l..
 
     Infatti, la Cassazione, proprio con riferimento a domande risarcitorie, ha escluso che il giudice amministrativo possa conoscere di controversie di cui non sia parte una pubblica amministrazione, o soggetti ad essa equiparati, trattandosi in questi casi di un fatto illecito extracontrattuale e intercorrente tra privati, che non può essere attribuito alla giurisdizione del giudice amministrativo per mere ragioni di connessione (Cass. civ., sez. un., n. 13659/2006).
 
     Per tale azione risarcitoria la giurisdizione spetta, quindi, al giudice ordinario, restando salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 77 del 2007.
 
     In presenza di una pronuncia declinatoria della giurisdizione il Collegio, in conformità ad un recente precedente della Sezione (Cons. Stato, VI, n. 1059/2008) ritiene di dover dare attuazione al principio – affermato, sia pure sulla base di percorsi argomentativi in parte divergenti, tanto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (22 febbraio 2007, n. 4109) tanto dalla Corte costituzionale (12 marzo 2007, n. 77) – secondo il quale, allorquando un giudice declini la propria giurisdizione affermando quella di un altro giudice, il processo può proseguire innanzi al giudice fornito di giurisdizione e rimangono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice giurisdizionalmente incompetente.
 
     In attesa dell’intervento legislativo auspicato dalla Corte costituzionale, il Collegio ritiene che per dare attuazione al principio enunciato dalle sopra indicate sentenze sia necessario:
 
     a) rimettere le parti davanti al Giudice ordinario affinché dia luogo al processo di merito: tale rimessione, invero, da un lato, evita “l’inaccettabile conseguenza di un processo, che si debba concludere con una sentenza che confermi soltanto la giurisdizione del giudice adito senza decidere sull’esistenza o meno della pretesa” (Cass. sez. un. n. 4109/2007), e, dall’altro, è funzionale alla riconosciuta esigenza di far salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda;
 
     b) precisare, comunque, che sono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda: a tale precisazione da parte di questo Giudice non osta, infatti, la circostanza che sarà poi il Giudice ad quem a dover fare applicazione del principio della salvezza degli effetti. Del resto, è la stessa sentenza della Corte costituzionale n. 77/2007, a confermare implicitamente che la dichiarazione della salvezza degli effetti non è prerogativa esclusiva del Giudice ad quem, perché, altrimenti, la questione di costituzionalità dell’art. 30 L. n. 1034/1971 (e cioè di una norma che trova applicazione nel processo amministrativo) avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza. La Corte costituzionale, invece, ha dichiarato illegittima tale norma nella parte in cui non prevede che “gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione”. In tal modo la Corte sembra riconoscere che quella relativa alla conservazione degli effetti della domanda è una questione che rileva, in primo luogo, davanti al Giudice che declina la giurisdizione;
 
     c) infine, onde, evitare l’inconveniente, evidenziato in dottrina, di una azione sospesa sine die, e come tale sine die nella disponibilità assoluta di una delle parti, insieme alla precisazione della salvezza degli effetti, fissare un termine entro cui tale salvezza opera (il che conferma ulteriormente che la sentenza che declina la giurisdizione debba contenere la dichiarazione della salvezza degli effetti, anche al fine di delimitarne la durata),
 
     Ai fini dell’individuazione di tale termine può essere applicato analogicamente l’art. 50 c.p.c..
 
     L’art. 50 c.p.c. prevede che sia lo stesso giudice che si dichiara incompetente a fissare il termine per la riassunzione davanti al giudice>
 
 
A cura di Sonia Lazzini
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.2957/2008
Reg.Dec.
N. 7236-7237 Reg.Ric.
ANNO   2007
Disp.vo 334/2008
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sui ricorsi riuniti in appello nn. 7236/2007 e 7237/2007, proposti rispettivamente:
1) ric. n. 7236/2007 dal CONSORZIO ALFA, rappresentato e difeso dagli Avv. Armando Roccella e Biagio Bertolone con domicilio eletto in Roma via Flaminia n.109, presso lo studio dell’ultimo;
contro
IST- ISTITUTO NAZIONALE PER LA RICERCA SUL CANCRO, rappresentato e difeso dagli Avv. Gabriele Pafundi Luigi Cocchi con domicilio eletto in Roma viale Giulio Cesare, 14 sc. A/4, presso lo studio del primo;
BETA SPA IN P. E Q. CPPO ATI, ATI ++ SPA ANCHE IN P., ATI SCS A RL ANCHE IN P., rappresentati e difesi dall’Avv. Maurizio Zoppolato con domicilio eletto in Roma via del Mascherino n. 72;
ATI GAMMA ’85 SCARL ANCHE IN P., non costituitosi;
2) ric. n. 7237/2007 dal CONSORZIO ALFA, rappresentato e difeso dagli Avv. Armando Roccella e Biagio Bertolone con domicilio eletto in Roma via Flaminia n.109, presso lo studio dell’ultimo;  
contro
IST- ISTITUTO NAZIONALE PER LA RICERCA SUL CANCRO, rappresentato e difeso dagli Avv. Gabriele Pafundi Luigi Cocchi con domicilio eletto in Roma viale Giulio Cesare, 14 sc. A/4, presso lo studio del primo;
BETA SPA IN P. E Q. CPPO ATI, ATI ++ SPA ANCHE IN P., ATI SCS A RL ANCHE IN P., rappresentati e difesi dall’Avv. Maurizio Zoppolato con domicilio  eletto in Roma via del Mascherino n. 72;
ATI GAMMA ’85 SCARL ANCHE IN P., non costituitosi;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sez. I, n. 622/2007.
     Visti i ricorsi con i relativi allegati;
     Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
     Visti gli atti tutti della causa;
     Alla pubblica udienza del 15 aprile 2008 relatore il Consigliere Roberto Chieppa. Uditi l’Avv. Condorelli per delega dell’Avv. Bertolone, l’Avv. Colombo per delega dell’Avv. Zoppolato e l’Avv. Cocchi;
     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O    E    D I R I T T O
     1. Con deliberazione del Commissario straordinario dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro (di seguito, IST) n. 1061 del 30.10.2003 l’A.T.I. con capogruppo BETA s.p.a. veniva dichiarata aggiudicataria della gara europea per l’affidamento dell’appalto integrato di servizi economati e tecnici.
     Con sentenza n. 622 del 2007 il Tar per la Liguria dichiarava irricevibile per tardività il ricorso proposto dal Consorzio Alfa avverso la suddetta aggiudicazione.
     Successivamente, in data 11.8.2004 il Commissario straordinario dell’IST avviava il procedimento per la verifica della sussistenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri di autotutela in ordine alla aggiudicazione della gara.
     Con deliberazione n. 1014 dell’8.10.2004, il medesimo Commissario straordinario decideva di tenere ferma l’aggiudicazione della gara all’A.T.I. con capofila BETA s.p.a. e di non procedere all’annullamento d’ufficio di tale provvedimento.
     Con sentenza n. 623 del 2007 il Tar per la Liguria ha respinto il ricorso proposto dal Consorzio Alfa avverso tale ultimo atto e la domanda risarcitoria formulata dal ricorrente.
     Con separati ricorsi in appello il Consorzio Alfa ha impugnato entrambe le sentenze per i motivi che saranno di seguito esaminati.
     L’IST e l’ATI BETA si sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione dei ricorsi.
     All’odierna udienza le cause sono state trattenute in decisione.
     2. Preliminarmente, deve essere disposta la riunione dei due ricorsi, che, benché proposti avverso sentenze diverse, attengono alla stessa procedura di gara, bandita dall’IST.
     3.1. L’oggetto dei giudizi è appunto costituito dalle contestazioni mosse dal Consorzio Alfa, secondo classificato nella gara, dapprima avverso l’aggiudicazione in favore dell’ATI BETA e successivamente avverso la decisone di tenere fermo tale provvedimento senza annullarlo in autotutela; il Consorzio Alfa ha anche proposto domande risarcitorie sia nei confronti dell’IST che dell’ATI BETA e della società GAMMA 85.
     Deve essere in primo luogo esaminato il ricorso in appello n. 7236/07, con cui il Consorzio Alfa contesta la dichiarazione di irricevibilità per tardività dell’impugnativa proposta avverso l’aggiudicazione della gara.
     Il giudice di primo grado ha rilevato che l’impugnato provvedimento di aggiudicazione definitiva è stato adottato circa un anno prima della notifica del ricorso e che la ricorrente era conoscenza dell’aggiudicazione  fin dal 29.10.03, allorché si è svolta la seduta pubblica della Commissione di gara, idonea si sensi del r.d. n. 827/24 a tenere luogo della stipulazione del contratto ed a cui ha preso parte il suo legale rappresentante.
     La conoscenza dell’aggiudicazione è confermata dall’accoglimento  nel dicembre del 2003 della richiesta di accesso agli atti formulata dallo stesso Consorzio Alfa.
     Il Tar, inoltre, pur chiarendo che la sopravvenuta conoscenza del vizio dell’atto amministrativo lesivo e già da tempo conosciuto non riapre i termini di impugnazione ma semmai consente la proposizione di motivi aggiunti, ha affermato che il ricorso sarebbe comunque tardivo anche rispetto alla conoscenza del vizio, in quanto il 12 luglio 2004 la ricorrente aveva ricevuto formale comunicazione inviata tramite fax dall’IST nella quale, oltre ad essere espressamente menzionata la situazione di irregolarità contributiva in cui versava l’impresa GAMMA scrl, si dava atto dell’estromissione di quest’ultima dal raggruppamento aggiudicatario. Anche computando da tale data il dies a quo, il termine di decadenza di 60 giorni ai fini dell’impugnazione scadeva il 26.10.04, un giorno prima della notificazione del ricorso avvenuta il 27.10.04 (la ricezione del fax il 12.7 è provata dalla nota dello stesso 12.7, in cui il Consorzio fa riferimento al fax).
     Le censure proposte dal Consorzio Alfa avverso tale statuizione sono prive di fondamento.
     Innanzitutto, non può essere condivisa la tesi dell’appellante, secondo cui non sarebbero applicabili alla controversia in esame i termini di decadenza in presenza di una situazione soggettiva qualificabile come diritto soggettivo.
     Infatti, la posizione di un concorrente di una pubblica gara che contesta l’aggiudicazione non è di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo (pretensivo) al corretto svolgimento della procedura ed alla corretta individuazione del contraente (Cass. civ., sez. un., n. 22370/2007).
     Il provvedimento di aggiudicazione, ancorché sia collegato al procedimento negoziale preordinato alla conclusione del contratto, ha natura amministrativa per quanto concerne l’individuazione del contraente, contenendo, in primo luogo, un atto amministrativo cui poi segue la manifestazione di volontà (negoziale) della pubblica amministrazione in ordine al contratto da stipulare. La aggiudicazione assume così una valenza procedimentale ed amministrativa ed integra una vera e propria  determinazione autoritativa dell’esito della procedura selettiva, mediante una statuizione propria degli atti pubblici diretti a creare certezze legali privilegiate ed a incidere sulla posizione soggettiva degli aspiranti all’aggiudicazione, qualificabile come di interesse legittimo (in questi termini, Cons. Stato, VI, n. 6368/2005).
     L’aggiudicazione ha quindi natura di provvedimento amministrativo e come tale può essere annullata dall’amministrazione in sede di autotutela, come anche riconosciuto dalla Cassazione, che la ha qualificata come atto amministrativo, che costituisce il presupposto di un contratto (Cass. civ., Sez. un., n. 13296/2005).
     Il ricorso avverso un provvedimento di aggiudicazione deve, quindi, essere proposto nel termine di decadenza di sessanta giorni, stabilito dal legislatore per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi.
     3.2. Nel caso di specie, anche senza risolvere la questione della decorrenza del termine di impugnazione (dalla conoscenza dell’atto, come sostenuto dal Tar e dalle parti appellate, o dalla conoscenza del vizio, come dedotto dal Consorzio Alfa), si rileva che l’appellante ha avuto conoscenza del vizio ben prima del periodo di sessanta giorni antecedenti la notificazione del ricorso.
     Il vizio in questione è costituito dalla sussistenza di una causa di esclusione in capo ad una delle partecipanti del raggruppamento aggiudicatario (GAMMA ’85 s.c.r.l.) per la falsa dichiarazione resa circa la propria regolarità contributiva.
     Al riguardo, il Consorzio Alfa ha dimostrato di avere conoscenza del vizio anche prima del fax del 12 luglio 2004, richiamato dal Tar e che comunque dimostrerebbe la tardività del ricorso; con nota del 30 marzo 2004 il Consorzio Alfa ha comunicato all’IST di avere “la certezza che la società S. Matteo 85 s.c.r.l. partecipante all’Ati aggiudicataria dell’appalto in oggetto non era in regola con i versamenti contributivi presso l’Inps di Milano afferenti il proprio personale dipendente nel periodo e all’epoca in cui si è svolta la gara ed è stato aggiudicato l’appalto”.
     Tale comunicazione dimostra in modo inequivocabile la conoscenza del vizio già nel marzo del 2003 e non assume rilievo la circostanza che la nota sia stata sottoscritta dai legali del Consorzio, in quanto gli stessi hanno espressamente dichiarato nella nota, senza essere smentiti sul punto, di agire “nel nome e per conto” del Consorzio.
     Tale nota si inserisce, peraltro, in una intensa corrispondenza tra l’IST e il Consorzio, in cui quest’ultimo è sempre stato rappresentato dai propri legali.
     Il Consorzio Alfa avrebbe dovuto procedere alla tempestiva impugnazione dell’aggiudicazione, chiedendo eventualmente in via istruttoria l’acquisizione della prova della irregolarità contributiva (o esercitando l’accesso ai documenti dell’Inps).
     Deve, quindi, ritenersi che il ricorso avverso l’aggiudicazione sia stato tardivamente notificato il 27.10.2004 rispetto ad una aggiudicazione conosciuta quasi un anno prima e il cui vizio anche era conosciuto quanto meno dal marzo 2003.
     3.3. Va, infine, rilevato che non sussistono i presupposti per la concessione dell’errore scusabile, non essendovi alcun contrasto di giurisprudenza in ordine ai principi richiamati ed essendo palese la tardività del ricorso, come appena evidenziato.
     4. Si può ora passare all’esame del ricorso n. 7237/07, con cui viene contestato il mancato esercizio dei poteri di autotutela sul provvedimento di aggiudicazione.
     In primo luogo va chiarito che le censure devolute a questo giudice di ultimo grado sono solo quelle formulate nei confronti della sentenza n. 623/07 e contenute nelle pagine 42, 43, 49 e 50 dell’atto di appello.
     Infatti, la trascrizione del ricorso introduttivo di primo grado di cui alla prima parte dell’appello non contiene alcuna contestazione all’impugnata sentenza e allo stesso modo la riproposizione dei motivi inerenti la tardività del ricorso avverso l’aggiudicazione costituisce questione relativa alla sentenza n. 622/07, che è stata appena risolta in senso sfavorevole al Consorzio Alfa.
     Il Consorzio lamenta che l’IST, nel decidere di tenere ferma l’aggiudicazione, ha valutato i soli interessi dell’Istituto e dell’ATI BETA, senza prendere in considerazione l’interesse di Alfa al ripristino del suo diritto.
     Inoltre, l’elemento del decorso del tempo sarebbe stato valorizzato contro le richieste del Consorzio, nonostante sia imputabile esclusivamente all’IST il ritardo nell’acquisire le prove della falsa dichiarazione relativa alla regolarità contributiva della società GAMMA 85.
     Viene, infine, contestata l’inoppugnabilità del provvedimento di aggiudicazione sulla base delle censure contenute nel ricorso n. 7236/07, che sono però risultante infondate, come già ampiamente sottolineato.
     Si rileva che la decisione di non rimuovere in autotutela l’aggiudicazione è stata adeguatamente ponderata e motivata dall’IST.
     Non è qui in discussione la sussistenza del vizio inerente la regolarità contributiva della GAMMA 85 s.c.a.r.l., ma è noto che l’annullamento d’ufficio del provvedimento illegittimo non possa essere disposto per la sola esigenza di ristabilire la legalità dell’azione amministrativa, posto che tale interesse, pur rilevante, deve essere comparato con altri interessi posti a tutela della stabilità delle relazioni giuridiche, anche se basate su provvedimenti illegittimi.
     L’annullamento d’ufficio è, dunque, un provvedimento discrezionale, che può essere disposto quando sussistono ragioni di pubblico interesse all’eliminazione del provvedimento.
     Tale principio è stato confermato dall’art. 21-nonies della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 15/2005, che, anche se successivo ai fatti di causa, è stato (correttamente) invocato dall’appellante, trattandosi di norma con cui il legislatore ha in parte codificato quanto già affermato dalla giurisprudenza.
     Nell’ambito delle valutazioni rimesse alla p.a. per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio, la sussistenza di ragioni di interesse pubblico deve essere valutata anche con riguardo al tempo trascorso dall’adozione dell’atto da rimuovere e agli interessi dei destinatari e dei controinteressati rispetto a tale atto.
     L’IST ha correttamente effettuato tali valutazioni ed ha rilevato che, pur essendo incontestabile la violazione degli obblighi contributivi da parte della GAMMA 85 s.c.a.r.l.:
     – la società GAMMA 85 è stata estromessa dall’Ati aggiudicataria fin dal 16.2.2004 per gravi inadempimenti nel rapporto associativo e ciò esclude che un soggetto non in regola con l’assolvimento degli obblighi contributivi abbia accesso al mercato degli appalti (bene tutelato dalla norma violata);
     – la rinnovazione della gara o l’aggiudicazione al secondo classificato comporterebbero maggiori esborsi per l’Istituto;
     – in capo all’Ati BETA si è ormai consolidata una posizione meritevole di tutela, tenuto conto che si è in presenza di un contratto in corso di esecuzione da undici mesi;
     – con riferimento alle posizione dei controinteressati, e in particolare del Consorzio Alfa, è dirimente la situazione di obiettiva consolidazione degli atti lesivi per il decorso del termine di decadenza per contestarli.
     Tali valutazioni non solo costituiscono adeguata motivazione dell’insussistenza di ragioni di interesse pubblico per l’annullamento dell’aggiudicazione, ma prendono in esame tutti i presupposti per l’esercizio del suddetto potere, all’epoca dell’adozione dell’atto individuati dalla giurisprudenza e poi codificati dal legislatore.
     Non è quindi vero che, come sostenuto dall’appellante, sia mancata la valutazione del suo interesse che contrastava con quello dell’IST e dell’ATI BETA; tale valutazione è avvenuta ed ha tenuto conto della mancata tempestiva impugnazione dell’aggiudicazione, che è risultata così consolidata e della prevalenza delle ragioni per tenere fermo l’atto in considerazione del tempo trascorso, della convenienza economica per l’Istituto e dell’estromissione dall’Ati dell’impresa priva del requisito (elemento comunicato all’IST e da questo implicitamente autorizzato in sede di positivo riscontro della richiesta di nulla osta al subappalto ad altra ditta)
     Con riguardo al ritardo nella rilevazione del vizio, attribuito dall’appellante all’IST, va rilevato che dopo le segnalazioni del presunto vizio da parte del Consorzio Alfa, l’IST si è attivata per la verifica, richiedendo ad Inps ed Inail la richiesta di certificazione contributiva della società GAMMA 85 (la nota con cui Alfa ha comunicato di avere certezza dell’irregolarità è quella citata del 30 marzo 2004 e nel mese di aprile l’IST ha inviato le suddette richieste).
     Il ritardo successivo è dipeso dal tempo impiegato dagli enti previdenziali nel rispondere e dopo la ricezione della risposta (2.7.04) l’IST ha correttamente comunicato al Consorzio Alfa il contenuto della stessa (12.7.04), per poi procedere ad avviare il procedimento per l’eventuale annullamento d’ufficio, conclusosi con l’impugnata decisione di tenere ferma l’aggiudicazione.
     Il tempo trascorso non è quindi addebitabile all’IST e, comunque, ha costituito un dato, che non poteva che essere valutato ai fini dell’eventuale annullamento d’ufficio.
     Deve, quindi, ritenersi che l’IST abbia legittimamente deciso di non procedere all’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione.
     5.1. Residua ora l’esame delle domande risarcitorie.
     Con riferimento alle domande proposte in entrambi i ricorsi nei confronti dell’IST, va distinto il danno richiesto per la mancata aggiudicazione della gara derivante dell’illegittimità provvedimentale tardivamente contestata ed il danno riferito all’omesso o tardivo controllo da parte dell’IST della regolarità contributiva della società GAMMA 85.
     Si rientra nel primo caso nel c.d. danno da provvedimento, in relazione al quale, si pone la questione della c.d. pregiudiziale amministrativa (necessità di impugnare, ed ottenere l’annullamento, dell’atto amministrativo per poter conseguire il risarcimento del danno derivante da quel medesimo atto).
     Sulla questione la Sezione non ritiene di doversi discostare dal principio della sussistenza della pregiudiziale di recente affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Ad. plen. n. 12/2007) e dai propri precedenti specifici (Cons. Stato, VI, n. 3338/2002).
     Va precisato che la domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimento non impugnato (o tardivamente impugnato, come nel caso di specie) è ammissibile, ma è infondata nel merito in quanto la mancata impugnazione dell’atto fonte del danno consente a tale atto di operare in modo precettivo dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l’osservanza ai consociati ed impedisce così che il danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’amministrazione in esecuzione dell’atto inoppugnato.
     Nel caso di specie, l’infondatezza della domanda deriva, oltre che dall’applicazione del principio della pregiudiziale, dal fatto che il vizio dell’aggiudicazione dipende non da un errore, anche omissivo, dell’amministrazione, ma da una falsa dichiarazione imputabile esclusivamente all’impresa facente parte dell’Ati aggiudicataria,
     In alcun modo può, quindi, essere configurata la responsabilità dell’IST e facendo applicazione di tali principi al caso di specie, deve quindi essere respinta (nel merito) la domanda risarcitoria relativa ai danni derivanti dal provvedimento di aggiudicazione.
     5.2. Per i danni derivanti dall’omesso o ritardato controllo da parte dell’IST della regolarità contributiva della società GAMMA, si è già sottolineato in precedenza come l’Istituto appellato abbia proceduto a tale verifica e come alcun ritardo può essere all’IST addebitato.
     E’ evidente che l’IST non è responsabile per la dichiarazione falsa resa in sede di gara dalla menzionata società e ha legittimamente confidato sull’autodichiarazione prodotta.
     Dopo la segnalazione da parte di Alfa della irregolarità contributiva, l’IST ha provveduto ai necessari accertamenti, i cui tempi sono dipesi dalle risposte degli entri previdenziali.
     In assenza di addebiti da muovere all’IST, non può essere riconosciuto al Consorzio appellante il danno lamentato.
     5.3. Va, infine, dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione alle domande risarcitorie proposte dal Consorzio ALFA in entrambi i ricorsi nei confronti dell’ATI BETA e della GAMMA ’85 s.c.r.l..
     Infatti, la Cassazione, proprio con riferimento a domande risarcitorie, ha escluso che il giudice amministrativo possa conoscere di controversie di cui non sia parte una pubblica amministrazione, o soggetti ad essa equiparati, trattandosi in questi casi di un fatto illecito extracontrattuale e intercorrente tra privati, che non può essere attribuito alla giurisdizione del giudice amministrativo per mere ragioni di connessione (Cass. civ., sez. un., n. 13659/2006).
     Per tale azione risarcitoria la giurisdizione spetta, quindi, al giudice ordinario, restando salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 77 del 2007.
     In presenza di una pronuncia declinatoria della giurisdizione il Collegio, in conformità ad un recente precedente della Sezione (Cons. Stato, VI, n. 1059/2008) ritiene di dover dare attuazione al principio – affermato, sia pure sulla base di percorsi argomentativi in parte divergenti, tanto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (22 febbraio 2007, n. 4109) tanto dalla Corte costituzionale (12 marzo 2007, n. 77) – secondo il quale, allorquando un giudice declini la propria giurisdizione affermando quella di un altro giudice, il processo può proseguire innanzi al giudice fornito di giurisdizione e rimangono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice giurisdizionalmente incompetente.
     In attesa dell’intervento legislativo auspicato dalla Corte costituzionale, il Collegio ritiene che per dare attuazione al  principio enunciato dalle sopra indicate sentenze sia necessario:
     a) rimettere le parti davanti al Giudice ordinario affinché dia luogo al processo di merito: tale rimessione, invero, da un lato, evita “l’inaccettabile conseguenza di un processo, che si debba concludere con una sentenza che confermi soltanto la giurisdizione del giudice adito senza decidere sull’esistenza o meno della pretesa” (Cass. sez. un. n. 4109/2007), e, dall’altro, è funzionale alla riconosciuta esigenza di far salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda;
     b) precisare, comunque, che sono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda: a tale precisazione da parte di questo Giudice non osta, infatti, la circostanza che sarà poi il Giudice ad quem a dover fare applicazione del principio della salvezza degli effetti. Del resto, è la stessa sentenza della Corte costituzionale n. 77/2007, a confermare implicitamente che la dichiarazione della salvezza degli effetti non è prerogativa esclusiva del Giudice ad quem, perché, altrimenti, la questione di costituzionalità dell’art. 30 L. n. 1034/1971 (e cioè di una norma che trova applicazione nel processo amministrativo) avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza. La Corte costituzionale, invece, ha dichiarato illegittima tale norma nella parte in cui non prevede che “gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione”. In tal modo la Corte sembra riconoscere che quella relativa alla conservazione degli effetti della domanda è una questione che rileva, in primo luogo, davanti al Giudice che declina la giurisdizione;
     c) infine, onde, evitare l’inconveniente, evidenziato in dottrina, di una azione sospesa sine die, e come tale sine die nella disponibilità assoluta di una delle parti, insieme alla precisazione della salvezza degli effetti, fissare un termine entro cui tale salvezza opera (il che conferma ulteriormente che la sentenza che declina la giurisdizione debba contenere la dichiarazione della salvezza degli effetti, anche al fine di delimitarne la durata),
     Ai fini dell’individuazione di tale termine può essere applicato analogicamente l’art. 50 c.p.c..
     L’art. 50 c.p.c. prevede che sia lo stesso giudice che si dichiara incompetente a fissare il termine per la riassunzione davanti al giudice ritenuto competente; in mancanza di tale indicazione, il termine per la riassunzione è di sei mesi dalla comunicazione della sentenza.
     Il Collegio, applicando tale norma, fissa il termine per la riassunzione davanti al giudice ordinario – termine fino alla scadenza del quale saranno salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda – in sei mesi decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione.
     6. In conclusione, gli appelli riuniti devono essere respinti e, limitatamente alle domande risarcitorie proposte dal Consorzio ALFA nei confronti dell’ATI BETA e della GAMMA ’85 s.c.r.l., i ricorsi di primo grado vanno dichiarati inammissibili per difetto di giurisdizione, fermo restando quanto indicato al punto precedente ai fini della riassunzione del giudizio davanti al giudice ordinario.
     Alla soccombenza del Consorzio Alfa nei confronti dell’IST seguono le spese del presente grado di giudizio nella misura indicata in dispositivo, mentre, tenuto conto della peculiarità delle posizioni delle parti, sussistono giusti motivi per compensare le spese tra il Consorzio Alfa e l’ATI BETA.
P. Q. M.
     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, previa riunione dei ricorsi in appello indicati in epigrafe, in parte li respinge e per la restante parte, in parziale riforma delle sentenze impugnate, dichiara inammissibili i ricorsi di primo grado, per difetto di giurisdizione, in relazione alle domande risarcitorie proposte dal Consorzio ALFA nei confronti dell’ATI BETA e della GAMMA ’85 s.c.r.l.
     Condanna il Consorzio ALFA alla rifusione, in favore dell’I.S.T., delle spese di giudizio, liquidate nella complessiva somma di Euro 7.000,00, oltre IVA e CP, compensando le spese tra le altre parti del giudizio.
     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
     Così deciso in Roma, il 15-4-2008 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
     Giovanni Ruoppolo     Presidente
     Carmine Volpe     Consigliere
     Paolo Buonvino     Consigliere
     Roberto Chieppa     Consigliere Est.
     Bruno Rosario Polito     Consigliere 
 
Presidente
Giovanni Ruoppolo
Consigliere       Segretario 
Roberto Chieppa      Giovanni Ceci 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
il…13/06/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
Maria Rita Oliva 
 
 
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
Addì……………………………..copia conforme alla presente è stata trasmessa  
al Ministero…………………………………………………………………………………. 
a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
                                    Il Direttore della Segreteria
 
N.R.G. 7236-7237/2007
 
FF

Lazzini Sonia

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