Quali i requisiti per individuare i dipendenti nei licenziamenti collettivi?

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Per la Cassazione, quando si individuano i criteri da seguire per individuare i dipendenti da licenziare, bisogna farlo in maniera precisa e individuare tutti i criteri che permettano una individuazione oggettiva e univoca dei lavoratori, senza alcun elemento di discrezionalità.

Il caso.

La Corte d’appello confermava la decisione di primo grado, che aveva dichiarato inefficace il licenziamento intimato a un dipendente di Poste Italiane a seguito di proceduta di mobilità ai sensi della legge n. 223/91, condannando la società a reintegrarlo nel posto di lavoro ed a corrispondergli la retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento sino all’effettiva reintegra.

La Corte di cassazione, in accoglimento del primo motivo di gravame proposto da Poste, concernente la violazione dell’art. 4, comma 9, della legge n. 223/91, cassava con rinvio la suddetta sentenza.

Il processo veniva riassunto dal lavoratore davanti alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, la quale confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto inefficace il licenziamento.

La decisione.

Sentenza n. 25048/2015 Corte di Cassazione

La Cassazione così riassume lo svolgimento del processo: «Osservava la Corte di merito che, con la comunicazione aziendale del 19 ottobre 2001, successiva alla comunicazione di avvio della procedura del 17 ottobre 2001, la società aveva reso noto di mantenere in servizio, ancorchè in possesso dei requisiti per il pensionamento, un numero di lavoratori sino ad un massimo di cento unità al fine di salvaguardare la funzionalità della struttura organizzativa ed operativa dell’azienda; che con successiva comunicazione del gennaio 2002, trasmessa al Ministero del Lavoro e alle organizzazioni sindacali, la società aveva reso noto l’elenco di venti dipendenti che erano stati mantenuti in servizio, nonostante avessero il requisito per l’accesso al trattamento pensionistico; che in relazione a tali dipendenti era stata omessa ogni specificazione circa i criteri di scelta adottati, con la conseguenza di rendere impossibile sia alle organizzazioni sindacali che ai singoli lavoratori la verifica della conformità ai principi e correttezza della condotta datoriale; che tutto ciò comportava la violazione dell’art. 4, comma 9, della legge n. 223/91; che tale profilo risultava decisivo e tuttavia non poteva non rilevarsi che la società aveva altresì violato l’art. 5, comma 1, della legge anzidetta, atteso che l’accordo sindacale non prevedeva il mantenimento in servizio di alcuni lavoratori, aventi il requisito per l’accesso al pensionamento, ciò che appariva come una deroga unilateralmente disposta dalla società all’unico criterio di scelta individuato nell’accordo; che tale violazione comportava l’invalidità del recesso, ai sensi dell’art. 5, comma 3, della legge n. 223/91, onde anche sotto tale aspetto la sentenza di primo grado doveva essere confermata.»

Per la Cassazione, se il criterio di scelta concordato con i sindacati individua un numero di lavoratori superiore agli esuberi, occorre anche fornire la dimostrazione che i soggetti licenziati siano stati selezionati con criteri obiettivi e verificabili che possono escludere una valutazione meramente discrezionale.

Afferma infatti la Corte: «in materia, è stato ritenuto (Cass. n. 16805/2003 e Cass. n. 3603/2010) che la comunicazione di cui alla citata L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, che fa obbligo di indicare “puntualmente” le modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, è finalizzata a consentire ai lavoratori interessati, alle organizzazioni sindacali e agli organi amministrativi di controllare la correttezza dell’operazione e la rispondenza agli accordi raggiunti.»

Se i dipendenti svolgono mansioni fungibili, i criteri possono anche essere quelli previsti dall’art. 5 della Legge n. 223/1991, ma se viene omesso qualsiasi riferimento anche a tali criteri, si viola la previsione dell’art. 4, comma 9, della stessa legge.

In altro passaggio, la Cassazione conferma la correttezza delle conclusioni a cui è pervenuto il giudice del merito: «l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 12767/12; Cass. n. 12781/03; Cass. n. 13963/02), secondo cui, in materia di collocamento in mobilità e di licenziamenti collettivi, il criterio di scelta adottato nell’accordo sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali può anche essere unico e consistere nella vicinanza al pensionamento, in quanto esso permette di formare una graduatoria rigida e può essere applicato e controllato senza alcun margine di discrezionalità da parte del datore di lavoro; però, laddove si rendesse possibile il mantenimento in servizio di alcuni lavoratori prepensionabili, tale fatto, pur non implicando automaticamente la pretestuosità ed illegittimità del criterio di scelta concordato, comporta la valutazione secondo criteri di buona fede e correttezza della discrezionalità esercitata dal datore di lavoro nella scelta dei lavoratori prepensionabili da licenziare. Quindi l’astratta ammissibilità dell’unico criterio di scelta dei licenziandi, costituito dai requisiti per il prepensionamento, ed anche l’astratta sua idoneità a costituire oggettiva base di una graduatoria per la scelta stessa, non esonera il datore di lavoro dalla puntuale indicazione delle modalità con le quali tale unico criterio è stato applicato in modo differenziato: con il licenziamento di alcuni e il mantenimento in servizio di altri lavoratori, tutti egualmente prepensionabili.»

E ancora: «questa Corte (Cass. n. 22898 del 2010) ha ribadito che non basta il criterio della “pensionabilità” di cui all’accordo sindacale 17 ottobre 2001: è possibile sì un unico criterio — quale quello della prepensionabilità — ma se poi i destinatari del licenziamento collettivo sono solo “alcuni” dei dipendenti in possesso di tale requisito, occorre una specificazione ulteriore nella comunicazione di cui all’art. 4, comma 9, citato.»

Ne consegue, in tal caso, l’impossibilità di verificare la conformità coi principi di correttezza e buona fede del comportamento del datore di lavoro, con l’ulteriore conseguenza dell’inefficacia dei licenziamenti effettuati.

Osservazioni.

La Cassazione riafferma, sostanzialmente, il principio che i criteri individuati per i licenziamenti collettivi non devono contenere alcun elemento di discrezionalità.


 

Disposizioni rilevanti.

LEGGE 23 luglio 1991, n. 223

Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro.

Vigente al: 28-2-2016

Art. 4 – Procedura per la dichiarazione di mobilità

1. L’impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora nel corso di attuazione del programma di cui all’articolo 1 ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo ai sensi del presente articolo.

2. Le imprese che intendano esercitare la facoltà di cui al comma 1 sono tenute a darne comunicazione preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata tra il tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale l’impresa aderisce o conferisce mandato.

3. La comunicazione di cui al comma 2 deve contenere indicazione: dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici, organizzativi e produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare in tutto o in parte, il licenziamento collettivo; del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato; dei tempi di attuazione del programma di riduzione del personale delle eventuali misure programmate per fronteggiare la conseguenza sul piano sociale della attuazione del programma medesimo del metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva. Alla comunicazione va allegata copia dalla ricevuta del versamento dell’INPS a titolo di anticipazione sulla somma di cui all’articolo 5, comma 4, di una somma pari al trattamento massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei lavoratori ritenuti eccedenti.

4. Copia della comunicazione di cui al comma 2 e della ricevuta del versamento di cui al comma 3 devono essere contestualmente inviate all’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.

5. Entro sette giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, a richiesta della rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive associazioni si procede ad un esame congiunto tra le parti, allo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e le possibilità di utilizzazione diversa di tale personale, o di una sua parte, nell’ambito della stessa impresa, anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili di gestione del tempo di lavoro. Qualora non sia possibile evitare la riduzione di personale, è esaminata la possibilità di ricorrere a misure sociali di accompagnamento intese, in particolare, a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati. I rappresentanti sindacali dei lavoratori possono farsi assistere, ove lo ritengano opportuno, da esperti.

6. La procedura di cui al comma 5 deve essere esaurita entro quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione dell’impresa. Quest’ultima dà all’Ufficio Provinciale del lavoro e della massima occupazione comunicazione scritta sul risultato della consultazione e sui motivi del suo eventuale esito negativo. Analoga comunicazione scritta può essere inviata dalle associazioni sindacali dei lavoratori.

7. Qualora non sia stato raggiunto l’accordo, il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione convoca le parti al fine di un ulteriore esame delle materie di cui al comma 5, anche formulando proposte per la realizzazione di un accordo. Tale esame deve comunque esaurirsi entro trenta giorni dal ricevimento da parte dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione della comunicazione dell’impresa prevista al comma 6.

8. Qualora il numero dei lavoratori interessati dalle procedure di licenziamento collettivo sia inferiore a dieci, i termini di cui ai commi 6 e 7 sono ridotti alla metà.

9. Raggiunto l’accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l’impresa ha facoltà di licenziare gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi, l’elenco dei lavoratori licenziati con l’indicazione per ciascun soggetto del nominati del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento dell’età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all’articolo 5, comma 1, deve essere comunicato per iscritto all’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria di cui al comma 2.

10. Nel caso in cui l’impresa rinunci a licenziare i lavoratori o ne collochi un numero inferiore a quello risultante dalla comunicazione di cui al comma 2, la stessa procede al recpuero delle somme pagate in eccedenza rispetto a quella dovuta ai sensi dell’articolo 5 comma 4, mediante conguaglio con i contributi dovuti all’INPS da effettuarsi con il primo versamento utile successivo alla data di determinazione del numero dei lavoratori licenziati.

11. Gli accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di cui al presente articolo, che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, possono stabilire anche in deroga al secondo comma dell’articolo 2103 del codice civile la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte.

12. Le comunicazioni di cui al comma 9 sono prive di efficacia ove siano state effettuate senza l’osservanza della forma scritta e delle procedure previste dal presente articolo. Gli eventuali vizi della comunicazione di cui al comma 2 del presente articolo possono essere sanati, ad ogni effetto di legge, nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo.

13. I lavoratori ammessi al trattamento di cassa integrazione, al termine del periodo di godimento del trattamento di integrazione salariale, rientrano in azienda.

14. Il presente articolo non trova applicazione nel corso di eccedenze determinate da fine lavoro nelle imprese edili e nelle attività stagionali e saltuarie, nonché per i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato.

15. Nei casi in cui l’eccedenza riguardi unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni la competenza a promuovere l’accordo di cui al comma 7 spetta rispettivamente al direttore dell’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione ovvero al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Agli stessi vanno inviate le comunicazioni previste dal comma 4.

15-bis.Gli obblighi di informazione, consultazione e comunicazione devono essere adempiuti indipendentemente dal fatto che le decisioni relative all’apertura delle procedure di cui al presente articolo siano assunte dal datore di lavoro o da un’ impresa che lo controlli. Il datore di lavoro che viola tali obblighi non può eccepire a propria difesa la mancata trasmissione, da parte dell’impresa che lo controlla, delle informazioni relative alla decisione che ha determinato l’apertura delle predette procedure.

16. Sono abrogati gli articoli 24 e 25 della legge 12 agosto 1977, n. 675 le disposizioni del decreto-legge 30 marzo 1978, n. 80 convertito, con modificazioni della legge 26 maggio 1978 n. 215, ad eccezione dell’articolo 4-bis nonché il decreto legge 13 dicembre 1978, n. 795 convertito con modificazioni dalla legge 9 febbraio 1979, n. 36.

 

Art. 5 – Criteri di scelta dei lavoratori ed oneri a carico delle imprese

1. L’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire in relazione alle esigenze tecnico-produttive, ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all’articolo 4, comma 2, ovvero in mancanza di questi contratti nel rispetto dei seguenti criteri in concorso tra loro;

a) carichi di famiglia;

b) anzianità;

c) esigenze tecnico produttive ed organizzative.

2. Nell’operare la scelta dei lavoratori da licenziare l’impresa è tenuta al rispetto dell’articolo 9 ultimo comma, del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, della legge 25 marzo 1983, n. 79. L’impresa non può altresi licenziare una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale di manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni prese in considerazione.

3. Qualora il licenziamento sia intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 18, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. In caso di violazione delle procedure richiamate all’articolo 4, comma 12, si applica il regime di cui al terzo periodo del settimo comma del predetto articolo 18. In caso di violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1, si applica il regime di cui al quarto comma del medesimo articolo 18. Ai fini dell’impugnazione del licenziamento si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni.

4. Per ciscun lavoratore posto in mobilità l’impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all’articolo 4, comma 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale.

5. L’impresa che, secondo le procedure determinate dalla Commissione regionale per l’impiego, procuri offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi le caratteristiche di cui all’articolo 9 comma 1, lettera b), non è tenuta al pagamento delle rimanenti rate relativamente ai lavoratori che perdano il diritto al trattamento di mobilità in conseguenza del rifiuto di tali offerte ovvero per tutto il periodo in cui essi accettando le offerte procurate dalla impresa abbiano prestato lavoro. Il predetto beneficio è escluso per le imprese che si trovano, nei confronti dell’impresa disposta ad assumere, nei rapporti di cui all’articolo 8, comma 4-bis.

6. Qualora il lavoratore venga messo in mobilità dopo la fine del dodicesimo mese successivo a quello di emanazione del decreto di cui all’articolo 2, comma 1, e la fine del dodicesimo mese successivo a quello del completamento del programma di cui all’articolo 1, comma 2, nell’unità produttiva in cui il lavoratore era occupato la somma che l’impresa è tenuta a versare la somma 4 del presente articolo è aumentata di cinque punti percentuali per ogni periodo di trenta giorni intercorrente tra l’inizio del tredicesimo mese e la data di completamento del programma.

Nel medesimo caso non trova applicazione quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 2 della legge 8 agosto 1972, n. 464.

Graziotto Fulvio

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