Protocolli e concertazione sindacale; il problema della costituzionalità.

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Recentemente è stato tradotto in legge   il protocollo di intesa Governo-Parti sociali del 23 luglio 2007,su previdenza,lavoro e competitività per l’equità e la crescita sostenibili.
La tecnica di tutela e attuazione di interessi sociali alla luce della strategia di politica economica statuale attraverso patti triangolari ( Governo-Sindacati-Associazioni datoriali).destinati a essere trasformati in atti legislativi, ha ormai una pratica ultraventennale.
Si è parlato di neocorporativismo con un neanche tanto velato riferimento al sistema del ventennio.
Ma all’uso di tale tecnica si sono accompagnati non pochi problemi.
Il primo e certamente il più importante è stato quello della validità costituzionale degli stessi, in particolare se dalla traduzione di tali patti in legge ne uscissero lese le prerogative costituzionali del parlamento, ridotto al ruolo di mero esecutore di volontà formatesi altrove.Già nel nostro studio,pubblicato in questa Rivista, Il Contratto a termine nella riforma del mercato del lavoro nel protocollo governo-parti sociali del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per l’equità e la crescita sostenibili.Brevi riflessioni sul tema, adombravamo “ qualche sospetto di incostituzionalità”   che “ potrebbe porre l’asserita ‘inemendabilità’ del testo”
 
Il dibattito è tuttora in corso: vedasi, ad esempio, Raffaele De Luca Tamajo “Parlamento,la sovranità non è messa a rischio” ne Il Sole 24 ore di venerdì 7 dicembre 2007 che così argomenta:
<Il timore di un’espropriazione dell’autono­mia del Parlamento come quello concernen­te la “resistenza” dei patti concertativi al va­glio delle Camere si traducono – e trovano so­stegno – in perplessità di ordine giuridico-co­stituzionale. A mio avviso infondate. E vero che le pattuizioni concertative vengono spes­so rimesse al Parlamento al solo scopo di otte­nere una mera ratifica o, al più, provvedimen­ti esecutivi, ma è altrettanto vero che esso conserva intatti i poteri deliberativi. E seppure il Parlamento risulta pressato dall’esito concer­tato, si tratta pur sempre di un vincolo tutto e solo politico, che trova le proprie radici nella normale dialettica istituzionale con il Gover­no e nella capacità di condizionamento “di fat­to” delle parti sociali. La concertazione non realizza una procedura di produzione norma­tiva para-costituzionale: integra e non altera i meccanismi della democrazia rappresentati-va, condizionando solo dall’esterno la sovra­nità del Parlamento.>
 
V’è chi ha suggerito ,per superare le difficoltà ( il che dimostra do conseguenza l’esistenza del problema) l’utilizzo della legge delega.
Ampia analisi del problema fu fatta alcuni anni fa, ma resta valida tutt’ora, da F Carinci “Storia e cronaca di una convivenza Parlamento e concertazione” in Rivista trimestrale di diritto pubblico 2000,35, di cui riportiamo uno stralcio delle considerazioni conclusive:
<D’altronde, l’unica riforma che si potrebbe introdurre nella nostra Carta costituzionale sarebbe quella `procedimentale’ di una concerta­zione su una gamma determinata di materie, da esperirsi dal governo prima della chiamata in causa del Parlamento; non certo quella `sostan­ziale’ di una immodificabilità del risultato della concertazione da parte ` dello stesso Parlamento.Ribadisco l’unica, perchè altrimenti avremmo, non solo una nuova Costituzione, ma una nuova `forma di Governo’ che, a quanto risulta, non ha riscontro alcuno nell’esperienza occidentale, cosa che anche il più ostinato sostenitore delle varianti all’italiana dovrebbe considerare e valutare con una certa consapevole attenzione. Ma allora è cosa assai più corretta ed opportuna mantenere la stessa procedura concertativa a prassi di governo, più o meno formalizzata e istituzionalizzata, senza peraltro l’illusione di porla così al riparo della congiuntura politico sin­dacale; ma dotata di quella flessibilità e adattabilità da permetterle di sopravvivere con un tasso variabile di operatività e di effettività anche ai cambi di maggioranza, ché in un sistema bipolare hanno un rilievo e un peso ben superiore di quanto fossimo abituati a scontare nel sistema proporzionale.>
 
Ricordiamo, nella serie dei protocolli , alcuni dei più importanti ,dagli anni ’80 ad oggi:
1) Protocollo di intesa governo- parti sociali del 22 gennaio 1983 ( c.d. Lodo Scotti)
2) Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo del 23 luglio 1993
3) Patto sociale del 22 dicembre 1998
[ i testi sono tratti da Carinci-Tosi-De Luca Tamajo-Treu Le norme essenziali del diritto del lavoro Utet 2002]
 
 

Avv. Viceconte Massimo

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