Processo civile liberale, sociale e democratico

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I – Considerazioni iniziali
  Alla fine del secondo dopo guerra, con la creazione dei tribunali costituzionali, si è potuto assistere all’attribuzione di una maggiore importanza al potere giudiziario nell’ambito della tripartizione delle funzioni dello Stato (legislativa – amministrativa – giudiziaria) assegnadogli il ruolo di istituzione di controllo, oppure, facendone il superego della società. [1]
Questo aumento dell’ingerenza del giudiziario ha fatto sì che alcuni autori cominciassero a sostenere che la giurisdizione deve assumere come proprio scopo la difesa de interessi metagiuridici (sociali, politici, economici) con il fine del miglioramento della società.[2] Al giudice spetterebbe una funzione di applicatore sensibile del contenutoassiologico della società per l’applicazione dei testi normativi (come ingegnere sociale), col rischio dell’esercizio di poteri discrezionali quasi incontrollabili, agevolati proprio dalla indeterminatezza della legge.
Altri autori affermano invece che al giudice spetterebbe un ruolo di interprete creativo non propriamente discrezionale, bensì coerente con la ricostruzione storica e giurisprudenziale del caso concreto (il cosiddetto diritto come integrità)[3]. Il giudice scriverebbe una parte dell’interpretazione di un caso concreto mediante l’analisi della storica istituzionale e della concezione di principio.[4]
Il grande problema di questa nuova funzione assunta dal giudice è che in società altamente complesse e pluraliste, come, per esempio, proprio quella brasiliana, non si può estrarre una concetto assoluto di “buono” e soprattutto non si può attribuire a nessun soggetto o istituzione la capacità di estrapolarlo dal complesso normativo.
Pertanto, il ruolo che la magistratura esercita, in questo momento di evoluzione degli studi scientifici, dev’essere rivisitato: diventa necessario, a questa stregua, analizzare il ruolo del giudiziario a partire da una concezione processuale di Stato democratico di Diritto che assicuri lo sviluppo dell’attività dialogica all’interno del processo, con l’influenza di tutti gli attori sociali (giudice, parti e avvocati) nella formazione dei provedimenti. [5]
 
II- Dal processo liberale a un processo democratico
Sin dai celebri studi realizzati dai maestri della dottrina tedesca del XIX secolo –il c.d. processualismo scientifico [6] – si assiste ad una ricerca della c.d. pubblicizzazione del diritto processuale.Se passa dal liberalismo processuale, nel quale il processo è visto come cosa delle parti (Sache der Parteien), ad una prospettiva sociale (socializzazione del processo),[7] nella quale il processo è considerato strumento di benessere sociale e analizzato a partire dal giudice e della giurisdizione.
Tuttavia, lo studio e l’interpretazione del diritto, incluso quello processuale, sono in gran parte strutturati come specchio dei modelli di stato esistenti. Habermas spiega che i “due paradigmi giuridici che hanno avuto più conseguenze nella storia del Diritto moderno e che ancora oggi competono tra di loro sono quelli del diritto formale borghese e del diritto dello Stato Sociale.”[8] Il paradigma liberale[9] assicura diritti individuali vincolati alle concezioni e interessi della nuova classe egemonica che si forma a partire dalle rivoluzioni politiche del XVII e XVIII secolo; diversamente dalle concezioni etiche e comunitarie dello Stato il modello liberale dovrebbe fondamentalmente assicurare gli spazi privati e la libertà individuale. È uno Stato che si astiene dalle questioni sociali e che si preoccupa fondamentalmente della garanzia di sicurezza, attraverso il “monopolio della violenza” e del potere di polizia. In questo modo l’azione dello Stato ha l’obiettivo prioritario di assicurare la vita, la sicurezza, la proprietà e la libertà di compiere negozi giuridici delle classi dominanti.
Nel quadro delle funzioni dello stato viene assicurata una importanza superiore al legislativo relegando le funzioni amministrativa e giudiziaria ad un ruolo di minor conto nella vita dei cittadini. Così, questo Stato liberale, pur essendosi assunto il dovere negativo di garantire ai cittadini la realizzazione senza ostacoli delle loro attività, si mostra poi insufficiente a garantire una “libera partecipazione dei cittadini alla vita della comunità”[10] e diventa fonte di ricchezza e privilegio per pochi.
 A partire dalla metà del XIX secolo, ma soprattutto all’inizio del XX secolo, si assiste al passaggio dallo “Stato liberale”, oppure “Stato di diritto”, allo “Stato Sociale di diritto” che sorge sotto il profilo del interventismo, previdenziale (Welfare State), impegnandosi, partendo da pressioni nascenti dai gruppi e movimenti sociali, a promuovere politiche di sviluppo economico e sociale.[11]
Come insegna Cattoni de Oliveira,
Lo stato sociale, che sorge dopo la Prima guerra e si consolida dopo la Seconda, interviene nell’economia, attraverso azioni dirette e indirette; e ha lo scopo di garantire il capitalismo attraverso una proposta di benessere (Welfare State) che implica un mantenimiento artificiale della libera concorrenza e della libera iniziativa, così come la compensazione delle disuguaglianze sociali tramite la prestazione da parte dello stato di servizi e tramite la concessione di benefici sociali. [12]
 
 Il cittadino–proprietario dello Stato liberale diventa il cliente di una gestione pubblica garante di beni e servizi. [13]
Questo cambiamento degli orizzonti statali di analisi ha avuto ovviamente risonanza nella strutturazione della tecnica processuale.
In questo piano si può vedere la transizione da una concezione di liberalismo processuale a una di socializzazione del processo, a partire dalla ZPO austriaca del 1895, dall’attribuzione “della direzione del processo da parte del giudice (richterliche Prozessleitung)” intesa non soltanto nello svolgimento formale del processo (formelle Prozessleitung) di “controllare e promuovere la regolarità formale degli atti processuali e di imprimere ad essi un certo ordine e ritmo, ma anche nel suo aspetto materiale (materielle Prozessleitung), offrendo al magistrato controllo e iniziativa ufficiosa nella raccolta del materiale che formerà oggetto del giudizio sul merito.[14]
L’aumento dei poteri dei giudici assicura una maggiore ingerenza dello stato nella vita dei cittadini e diventa uno dei principali pilastri di tutti i movimenti di riforma. Questa tendenza arriva ai giorni d’oggi ed è sentita addirittura nei sistemi di common law, tradizionalmente “adversarial” e dove il magistrato si presentava come un arbitro passivo.[15]
Il grande problema di questa evoluzione è che il suo avvento è dovuto al rifiuto generalizzato di un processo di concezione liberale, dove gli avvocati e le parti potevano lavorare con maggiore libertà assecondando la propria razionalità strategica alla ricerca del successo,[16] è stato permesso, in nazioni come il Brasile, lo svuotamento tecnico del ruolo di essi, fatto che incentiva il già citato ingrandimento dei poteri di interventismo del giudice (attivismo giudiziariojudicial activism)[17] sotto l’argomentazione di cercare un maggior accesso alla giustizia.
E congiutamente a questo rafforzamento del ruolo dei giudici ordinari di primo e secondo grado, nei tribunali costituzionali o similari (come il Supremo Tribunale Federale brasiliano) si verifica l’esercizio di interpretazioni assiologiche di regole e principi costituzionali con il risultato de consentire un’ingerenza a volte perniciosa in questioni politiche e economiche, affermando che si tratta di mere interpretazioni giuridiche.
Questo rafforzamento del ruolo della magistratura porta alla necessità di attribuire meccanismi di controllo e di analizzare l’uso che i giudici fanno dei comandi normativi, specialmente dei principi, in modo da impedir loro di imporre il loro convincimento senza garanzia del contraddittorio.[18]
Sta di fatto che la socializzazione del processo (modello processuale pubblicistico) è stata ed è strutturata come un modelo alternativo al liberalismo processuale. Ma, se si atribusice un ruolo più attivo (e salvatrice) al giudice, senza l’esistenza di controlli, si finisce per autorizzar’lo a decidere secondo argomentazioni personale senza rispettare il contraddittorio. Tanto che, in contrasto con questa prospettiva sociale, ci sono autori, come Cipriani[19] e Montero Aroca[20], definiti da Barbosa Moreira “neoprivatisti”[21], che in essa vedono segni di totalitarismo decorrenti dall’aumento dell’ingerenza dello Stato nella vita dei cittadini.
 Conciliare le caratteristiche di un processo sociale e di un processo “privatista” può provocare risultati sociali e costituzionalmente accettabili, nel senso di una giusta legittimazione delle decisioni giudiziarie, senza ridurre la partecipazione attiva del giudice e contributiva delle parti, cioè, la funzione del processo di assicurare e garantire il contraddittorio.
 Così, esitendo nelle società odierne un dissenso rispetto al bene comune e considerando che non è possibile permettere ad un solo soggeto[22] – nella specie del giudice – la formulazione di un proprio personale concetto di giustizia, diventa necessario utilizzare lo spazio processuale come meccanismo di problematizzazione di tutte le questioni per la giusta formazione giusta di tutti i provvedimenti.
La auspicata e difesa pubblicizzazione del processo deve permettere l’utilizzazione dello spazio creato da essa per discutere tutti i temi degli interessati nel risultato dei provvedimenti. Non un mero strumento di falsa pacificazione sociale consegnata ai criteri personali del giudice. Lo spazio pubblico creato dal processo deve permettere l’ampia partecipazione delle parti e del giudice, con una discussione ben strutturata, seppur limitata dall’inevitabile imperfezione dei meccanismi processuali e dalla congruenza con le materie discusse.
 Tuttavia, come già detto, una parte dei sostenitori dell’ideale di un processo sociale e senza neutralità normativa crede che il giudice possa operare come un vero canale di comunicazione tra il carico assiologico attuale della società in cui vive e i testi normativi,[23] essendone l’interprete dotato di sensibilità nella ricerca solitaria del bene comune. E tale concezione consente un’utilizzazione di contenuti non sottoposti al vaglio del contradditorio, consentendo cosÌ al giudice  di avvalersi di argomentazioni assiologiche personali (magari occultando dietro di esse ragioni politiche o economiche) che solo saranno esaminate dalle parti nella lettura finale delle decisioni. (decisione di terza viaÜberraschungsentscheidungen). E i sistemi processuali che seguono le prospettive della socializzazione e adottano un profilo funzionale[24] (nella misura in cui permettono al magistrato l’utilizzazione di previe comprensioni personali senza l’esercizio di controllo) limitando una delle principali funzioni del processo, ossia quella di servire da struttura normativa cardine nella formazione del provvedimento finale.
Quando non si assicura a tutti i partecipanti l’esercizio di un’effettiva influenza nella formazione dei provvedimenti, la decisione della lite è consegnata alle mani (solitarie) del giudice senza che ci sia la preoccupazione con la “collaborazione”[25] delle parti e dei loro avvocati. Si solleva, in questo modo, la responsabilità delle parti e degli avvocati e si attribuisce tutto il peso istituzionale al magistrato che subisce tutte le pressioni sociali inerenti al suo munus.
 Così, si sviluppano procedure deformalizzate che arrivano all’udienza di istruzione e giudizio e, ogni tanto, alla propria fase decisoria, senza che il giudice, le parti e gli avvocati sappiano chiaramente quali sono i punti dubbi (questioni) affinché si produca una prova adeguata e si sviluppino argomentazioni giuridiche e dei fatti che aiutino nella formazione delle decisioni.
 E il giudice, in un groviglio di atti processuali, che molte volte non lo aiutano per niente, si vede “costretto” a decidere in conformità con le sue previe convinzioni non sottoposte al vaglio delle parti processuali, una volta che i fatti, le prove e le allegazioni giuridiche non gli siano stati sottoposti nel giusto modo dalle parti e dagli avvocati.
           Un processo soltanto  che eviti questo rischio può essere modulato solo partendo dalla prospettiva di un paradigma processuale di Stato democratico di diritto. Come conseguenza a questa nozione di Stato, si capisce che nello spazio discorsivo creato dovrà darsi la possibilità alla libera fluttuazione di temi e di contributi, di informazioni e di argomentazioni nella formazione fallibile della volontà giudicante,[26] eliminando completamente l’idea che assicura al giudice un “privilegio cognitivo”[27] nella pratica di formazione della decisione.
Pertanto, il processo deve garantire tutte le misure procedurali che permettano questa compartecipazione da parte di tutti i soggetti processuali. I controlli si presentano nelle garanzie costituzionali,[28]che hanno bisogno di essere necessariamente reinterpretate in modo adeguato a questo modello procedurale. Ciò non significa evidentemente difendere il fenomeno cosiddetto “involuzione formalistica della cultura delle garanzie”, nel quale queste sono viste e celebrate da sé stesse, con indifferenza al contesto di applicazione e ai suoi fini.[29] Si deve procedere ad una rilettura di queste garanzie in modo da permettere l’abbandono della prospettiva statica[30] della sua analisi e l’assunzione di una visione dinamica[31] che conduca all’incremento di garanzie concrete, autonome e innovatrici del contesto normativo[32] e, ancora, che permettano un’effettiva compartecipazione dei soggetti processuali[33].
Così, è necessario delineare una struttura normativa processuale che risponda in forma adeguata alle garanzie costituzionali del giusto processo (due process of law), del contraddittorio, dell’ampia difesa, delle motivazione razionali delle decisioni, del giudice naturale, del diritto al ricorso (impugnazione)[34], fra altri. E, in termini procedurali, c’è un’enorme tendenza a delineare metodicamente strutture bifase di cognizione composte da una fase preparatoria[35](udienza preliminare- Erste Tagsatzung – o preparazione scritta) dove sarebbero stabilite le questioni giuridiche, probatorie e quelle relative ai fatti da essere trattati nella seconda fase (udienza orale di istruzione e giudizio). Questa procedura sarebbe concentrata e prevalentemente orale, in tal modo che la scrittura sarebbe utilizzata in alcuni casi per la preparazione dell’udienza orale.
            Questo modello bifasico si distingue da quello tradizionale (pre-trial – trial) in due aspetti: 1) si attribuisce una nuova importanza alla fase preparatoria dovuta alla percezione tecnica: essa non serve soltanto a dare informazioni alle parti ma anche per consentire un contraddittorio tra queste e il giudice, di modo che tutti abbiano modo  di conoscere bene gli aspetti controversi della causa; 2) di fronte ad un proficuo dibattito contraddittorio, molte volte se agevola già in questa prima fase de concilazione.[36]
            Nell’ambito della tecnica la cosiddetta “comunità di lavoro” (Arbeitsgemeinschaft) tra le parti e il giudice passa ad essere il punto centrale del processo civile moderno per la realizzazione delle funzioni processuali, in modo da assicurare un processo con ragionevole durata e che consenta l’instaurazione di uno spazio di discussione di tutti i temi rilevanti del processo con ridotta possibilità di decisioni di terza via.
 
III – Il giudiziario inoltre il liberalismo e la socializzazione del processo
L’aumento dell’importanza del giudiziario nel nostro tempo è veramente una constatazione innegabile.[37] La partecipazione sociale dei giudici nella soluzione dei conflitti ottiene enorme importanza al giorno d’oggi, poiché essi sono chiamati alla risoluzione di questioni nei più svariati settori della società nel ruolo, oltre che di giurista, di “animatore di una politica pubblica”.[38]
Così, il giudiziario diventa gradatamente un possibile rifugio dei cittadini (visti come clienti) dinanzi all’indebolimento dello Stato, alle pressioni del mercato, e al “crollo dell’uomo e della società democratica”.[39]
E, con la caduta degli ideali degli “Stati sociali” e la deficienza degli Stati nel realizzare le loro attività essenziali viene attribuito un ruolo peculiare al giudiziario per l’implementazione di una specie di “democrazia” molto particolare mediante la giurisdizionalizzazione della politica.
Cosí spiega Garapon:
Lo spazio simbolico della democrazia viene silenziosamente trasferito dallo Stato alla Giustizia. In un sistema che provvede, lo Stato è l’onnipotente e può riempire, correggere, sopperire tutto. Perciò, di fronte alle sue omissioni, la speranza va verso la giustizia. È allora in essa, e quindi al di fuori dello Stato, che si cerca la consacrazione dell’azione politica. Il successo è inversamente proporzionale al discredito che affetta le istituzioni politiche classiche, causato dalla crisi di disinteresse e dalla perdita dello spirito pubblico. La posizione di un terzo imparziale compensa il “deficit democratico” di una decisione politica che adesso va verso la gestione e fornisce alla società il riferimento simbolico che la rappresentazione nazionale gli offre sempre meno. Il giudice è chiamato a soccorrere una democrazia in cui un legislativo e un amministrativo indeboliti, offuscati da fallimenti elettorali continui, impegnati soltanto con questioni di breve termine, ostaggi dal timore e sedotti dai mass media, si sforzano per governare, nel giorno a giorno, indifferenti e esigenti, preoccupati con le loro vite private, ma aspettandosi dal politico quello che lui non sa dare: una morale, un grande progetto. […] È dunque lì, nell’evoluzione dell’immaginario democratico, che si devono cercare le radici profonde dell’ascensione del giudice.[40]
 
            Tale situazione può implicare alcuni pericoli, il primo di essi è che:
 
Quando sottomettiamo tutto al giudice, ci leghiamo a nuovi sacerdoti che lasciano senza effetto l’obiettivo della cittadinanza. Questo svaluta il ruolo del cittadino, confinato ad essere un consumatore, un telespettatore oppure un litigante. Il rischio è di evolversi a una organizzazione clericale del potere. E di confiscare la sovranità.[41]
 
            Il secondo, è quello di immunizzare le decisioni del giudice da qualsiasi controllo man mano che il magistrato abbia incrementi il suo ruolo di ingegnere sociale. Come ci spiega Maus:
Quando la Giustizia innalza sé stessa alla condizione di più alta istanza morale della società, si sottrae a qualsiasi meccanismo di controllo sociale – controllo al quale si deve di solito sottomettere tutta l’istituzione dello Stato in una forma di organizzazione politica democratica. Nel dominio di una Giustizia che contrappone un diritto “superiore”, dotato di attributi morali, al semplice diritto degli altri poteri dello Stato e della società, è nota la regressione a valoripredemocratici di parametri di integrazione sociale. […] L’introduzione di punti di vista morali e di “valori” nella giurisprudenza non solo le conferisce maggiore grado di legittimazione, immunizzando le sue decisioni da qualunque critica, così come conduce a una liberazione della Giustizia da qualsiasi vincolo legale che possa assicurare la sintonizzazione con la volontà popolare. Il ricorso a uno dei principi “superiori” al diritto scritto porta – quando la Giustizia li invoca – alla sospensione delle disposizioni normative individuali e alla decisione del caso concreto in forma diversa. Così arricchito da punti di vista morali, l’ambito delle “proibizioni” legali può essere arbitrariamente steso al campo extra giuridico delle sfere di libertà.[42]
 
E a partire dalla constatazione che si tende a un’interpretazione dei principi giuridici come una forma di bilanciamento dei valori[43] viene consentita la sua analisi a partire dai criteri di preferenza del giudice e non deontologici di modo da cercarsi quello che è dovuto e più adeguato.
Questa tendenza a un’interpretazione assiologica non considera le caratteristiche di uno Stato costituzionale democratico, o meglio dicendo, della prospettiva procedurale dello Stato costituzionale democratico.
Tale prospettiva procedurale, difesa da Habermas, come già sopraccitato, implica l’esistenza di uno Stato costituzionale che si legittima per mezzo di procedure[44] che devono essere d’accordo con i diritti fondamentali e con il principio della sovranità del popolo.
 Secondo una concezione del diritto dal punto di vista procedurale
 
[…] nella pratica sociale del quotidiano degli operatori giuridici, che di molto sorpassa il cerchio chiuso degli specialisti, i modelli giuridici liberale e sociale rimangono in tensione, concorrendo, caso per caso, all’interpretazione del presunto Diritto applicabile[45]
 
cosicché:
 
l’argomentazione liberale e l’argomentazione del benessere sociale devono essere considerate, riflessiva e criticamente, sotto le condizioni giuridico processuali, come prospettive argomentatrici concorrenti, e davanti ad ogni situazione concreta di applicazione.[46]
 
La tensione tra le concezioni liberali e sociali viene analizzata e discussa nello spazio intersoggettivo del processo, in base ai principi costituzionali, di modo che tutti i possibili interessati possano influenzare nel provvedimento.
Si vede che l’analisi del diritto prescinde da previe comprensioni non problematizzate degli ideali del vivere bene che sarebbero consegnate ai criteri di salvazione di alcun prescelto, sia esso un’istituzione di controllo centrale (v.g. lo Stato o la Chiesa), ente o persona (v.g. presidente, führer o il giudice).
Nel paradigma procedurale di Stato dev’essere assicurato al cittadino di poter avere un atteggiamento attivista basato sui principi costituzionali (norme) che danno i fondamenti ai modelli costituzionali del processo,[47] nonché delle singole branche del diritto
Così, non c’è di assegnare a terzi ruoli più pregnanti o addirittura paternalistici.[48] Al contrario, lo stato costituzionale democratico assicura, mediante controlli processuali costituzionali (principi costituzionali), una partecipazione constante e effettiva dei soggetti di diritto permettendo a essi una collaborazione nella formazione dei provvedimenti (leggi, decisioni giudiziali, atti amministrativi) dei quali subiranno gli effetti.
            Alla stregua della breve analisi condotta, risulta incoerente tanto la difesa di un processo formale dominato dalle parti, quanto la difesa di un Processo interamente deformalizzate dominato dal giudice.
            I due modelli nella loro strutura base corrono il ricchui di svuotare il ruolo pubblico del Processo a misura in cui all’interno di essi non vi sia contraddittorio su tutte le questioni, inoltre a consentire una pseudo legittimazione di concezioni individualiste di una determinata linea della “politica” o del “mercato”.
            L’implementazione dinamica dei principi fondamentali del processo mediante la strutturazione tecnica adeguata permetterebbe una democratizzazione del processo senza preoccupazioni con lo svuotamento del ruolo “direttore” del giudice e del ruolo contributivo delle parti nella formazione delle decisioni.
            L’esistenza di una magistratura forte è una conquista storica che dev’essere rivisitata mediante la rilettura di questi principi processuali costituzionali e tecnici che consentano l’esercizio di un controllo nella pratica delle decisioni di tutti gli attori sociali.
Non si può più credere a una giustizia sociale predefinita prima del dibattito processuale, giacché solo le peculiarità del caso concreto riescono a consentire, mediante il contradddittorio tra gli interessati e colui ch giudica, la formazione di un provvedimento adeguato.
            La vera democrazia processuale si può ottenere, quindi, solo tramite la condivisione della responsabilità sociale e politica di tutti i soggetti del processo.
 
Dierle José Coelho Nunes[49]


[1] MAUS, Ingeborg. Justiz as gessellschaftliches Über-Ich – Zur Funktion von rechtssprechung in di ‘vaterlosen Gesellschaft’. FAUSTICH, Werner, GUNTHER, Grim. Stürtz der Götter? Frankfurt: Suhrkamp,1989.
[2] DINAMARCO, Cândido Rangel. A instrumentalidade do processo. São Paulo: Malheiros, 2001.
[3] DWORKIN, Ronald. Law’s empire. Cambridge: Harvard University Press, 1986.
[4] Analizzati e applicati, come specie delle norme, con un giudizio deontologico di adeguatezza al caso concreto e non come un giudizio di preferenza, come nella percezione assiologica, una volta che ciò avrebbe permesso la loro applicazione solitaria da parte del giudice senza una possibilità di controllo processuale.
[5] NUNES, Dierle José Coelho Nunes. Processo jurisdicional democrático: uma análise crítica das reformas processuais. Curitiba: Juruá, 2008.
[6] CASTILLO, Niceto Alcala-Zamora y. Estudios de teoria general e historia del proceso (1945-1972). Messico: Unam, 1974. t. II.
[7] KLEIN, Franz. Zeit- und Geistesströmungen im Prozesse. Frankfurt am Main: Vittorio Klostermann, 1958. BÜLOW, Oskar. Gesetz und Richteramt. Juristische Zeitgeschichte. Berlin: Berliner Wissenschafts, 2003. v.10. BAUR, Fritz. La socialización del proceso. Salamanca: Publicaciones del departamento di derecho procesal de la Universidad di Salamanca, 1980.
[8] HABERMAS, Jürgen. Facticidad y validez. Trad. Manuel Jiménez Redondo. Madrid: Trotta, 1998, p.264. Nello stesso senso, p. 469 et seq.
[9] Stato liberale caratterizzato fondamentalmente dall’astensionismo statale, difesa di un’autonomia della volontà di tipo borghese e dalla prevalenza dell’importanza della funzione legislativa sulle alle altre; e Stato sociale caratterizzato dall’ipertrofia del ruolo statale e decorrente supremazia della funzione amministrativa. Cfr. HABERMAS, Jürgen. Faktzität und Geltung: beiträge zur Diskurstheorie des Rechts und des Democratischen Rechtsstaats.Frankfurt: Suhrkamp, 1994. HABERMAS, Jürgen. Facticidad y validez. Trad. Manuel Jiménez Redondo. Madrid: Trotta, 1998. HABERMAS, Jürgen. Between facts and norms, an author’s reflections. Denver University Law Review. Vol.76, 1998, p. 937-942. CATONNI DE OLIVEIRA, Marcelo Andrade Cattoni de. Interpretação jurídica, processo e tutela jurisdicional sob o modelo do Estado Democrático de Direito. Revista da Faculdade Mineira de Direito, v. 4, n. 7-8, p. 107, 1º/2º sem. 2001. CATTONI DE OLIVEIRA, Marcelo Andrade. Direito Constitucional. Mandamentos: Belo Horizonte. 2005.
[10] CALAMANDREI, Piero. L’avvenire dei diritti di libertà. p. XXIV, apud CAPPELLETTI, Mauro. Los derechos sociales de libertad en la concepcion de Piero Calamandrei. In:CAPPELLETTI, Mauro. Proceso, ideologias, sociedad.Buenos Aires: Ejea, 1974. p. 119.
[11] SOUSA, Patrus Ananias. Processo Constitucional e devido processo legal, cit.,p. 75.
[12] CATTONI DE OLIVEIRA, Marcelo Andrade. Direito Constitucional. cit. p. 59
[13] CATTONI DE OLIVEIRA, Marcelo Andrade. Direito Constitucional. cit. p. 59
[14] CAPPELLETTI, Mauro. La testimonianza della parte nel sistema dell’oralità. Milano: Giuffrè, 1974. v. I, p. 70-71. COMOGLIO, Luigi P. et al. Lezioni sul processo civile. Bologna: Il Mulino, 1998. p. 205. SPRUNG, Rainer. Os fundamentos do direito processual civil austriaco. Revista de Processo, São Paulo: Revista dos Tribunais, n. 17, p. 149, gen./ mar. 1980. OLIVEIRA, Carlos Alberto Álvaro de. Do formalismo no processo civil. São Paulo: Saraiva, 1997.  p. 50.
[15] TARUFFO, Michele. Il processo civile di civil law e di common law: aspetti fondamentali. Sui confini: scritti sulla giustizia civile. Bologna: Il Mulino. 2002. p. 77.
[16] LIEBMAN, Enrico Tullio. L’azione nella teoria del processo civile. Rivista trimestrale di diritto e procedura civile. Milano: Giuffrè. Anno IV, 1950, p. 48.
[17] Cfr. TARUFFO, Michele. Il processo civile di civil law e di common law: aspetti fondamentali. cit. p. 80. NUNES, Dierle José Coelho. O princípio do contraditório. Revista Síntese de direito civil e processual civil. Porto Alegre: Síntese, n. 29, p. 75, maggio-giu./2004. oppure NUNES, Dierle José Coelho. O princípio do contraditório. Boletim técnico. Belo Horizonte: ESA-OAB-MG- Del Rey, v.1, n. 1, p. 41, gen.-giu./2004. THEODORO JUNIOR, Humberto. NUNES, Dierle José Coelho. Uma dimensão que urge reconhecer ao contraditório no direito brasileiro: sua aplicação como garantia de influência, de não surpresa e de aproveitamento da atividade processual. Revista de Processo. São Paulo: RT,v. 168,  fev./2009.
[18] THEODORO JUNIOR, Humberto. NUNES, Dierle José Coelho. Uma dimensão que urge reconhecer ao contraditório no direito brasileiro: sua aplicação como garantia de influência, de não surpresa e de aproveitamento da atividade processual. Revista de Processo. São Paulo: RT,v. 168,  fev./2009.
[19] CIPRIANI, Franco. Autoritarismo e garantismo. Rivista trimestrale di diritto e procedura civile. Bologna: Giuffré, p. 24-61, 1994. CIPRIANI, Franco. Il processo civile tra efficienza e garanzie. Rivista trimetrale sdi diritto e procedura civile. Bologna: Giuffré, p. 1243-1261, 2002. CIPRIANI, Franco. Nel centenário del regolamento di Klein (Il processo civile tra liberta e autorita). Rivista di diritto processuale. Padova: CEDAM, 1995, p. 967-1004. CIPRIANI, Franco. Prefazione. In: MONTERO AROCA, Juan. I principi politici del nuovo processo civile spagnolo.  Napoli: Edizioni Scentifiche italiane. 2002. p. 5-19.
[20] MONTERO AROCA, Juan. Il processo civile “sociale” come strumento di giustizia autoritaria. Rivista di diritto processuale. Anno LIX, n.2, Padova: CEDAM, p. 553-579, apr.-giu./2004. MONTERO AROCA, Juan. I principi politici del nuovo processo civile spagnolo.  Napoli: Edizioni Scientifiche italiane. 2002.
[21] BARBOSA MOREIRA, José Carlos. O neoprivatismo no processo civil.  Revista síntese di direito civil e processual civil. V. 34, Porto Alegre: Síntese, mar.-apr./2005, p. 6-16
[22]La autoridad epistemica pasa del sujeto cognoscente (che extrae di si mismo los criterios para la objetividad di la experiencia) a la praxis di justificación di una comunidad di lenguage. In: HABERMAS, Jürgen. Verdad y justificación. Madrid: Trotta.2002. p. 235.
[23] DINAMARCO, Candido Rangel. A instrumentalidade do processo. São Paulo: Malheiros, 2001. p. 294.
[24] TARUFFO, Michele. Il processo civile di civil law e di common law: aspetti fondamentali. Sui confini: scritti sulla giustizia civile. Bologna: Il Mulino. 2002. p. 91 et seq.
[25] GRASSO, Eduardo. La collaborazione nel processo civile. Rivista di diritto processuale. Padova: CEDAM, 1966, p.580-609.
[26] HABERMAS, Jürgen. Direito e democracia: entre facticidade e validade, cit., t. II, p. 308.
[27] HABERMAS, Jürgen. Direito e democracia: entre facticidade e validade,cit., t. I, p. 276.
[28]Le norme ed i principi costituzionali riguardanti l’esercizio della funzione giurisdizionale, se considerati nella loro complessità, consentono all’interprete di disegnare un vero e proprio schema generale di processo, suscettibile di formare l’oggetto di una esposizione unitaria. In:ANDOLINA, Italo, VIGNERA, Giuseppe. Il modello costituzionale del processo civile italiano. Torino: Giappichelli Editore, 1990. p. 13.
[29] CHIARLONI, Sergio. Questioni rilevabili d’ufficio, diritto di difesa e ‘formalismo delle garanzie’. Rivista di Diritto Processuale, Padova: Cedam, Anno 42, n. 3, p. 570, 1987.
[30] Le garanzie in senso formale o statico, nelle parole di Comoglio, si svelano deboli, privilegiando la mera ‘costituzionalizzazione’ estrinseca, senza particolari ambizioni di revisione innovativa di taluni principi e diritti già consacrati nella legislazione ordinaria) In: COMOGLIO, Luigi Paolo. Garanzie costituzionale e “giusto processo” (modelli a confronto). Revista di Processo, São Paulo: Revista dos Tribunais, n. 90, p. 101, apr./giu. 1998.
 
[32] COMOGLIO, Luigi Paolo. Garanzie costituzionale e “giusto processo” (modelli a confronto), cit.,p. 101.Cf. COMOGLIO, Luigi P. et al. Lezioni sul processo civile. cit. p. 56.
[33] A riguardo di questa prospettiva cfr. NUNES, Dierle José Coelho. Processo jurisidicional democrático. Cit. NUNES, Dierle José Coelho. Direito constitucional ao Recurso. Lúmen Júris: Rio de Janeiro, 2006. FAZZALARI, Elio. Diffusione del processo e compiti della dottrina. Rivista trimestrale di diritto e procedura civile. Milano: Giuffrè. n. 3, p. 861-890, 1958. FAZZALARI, Elio. Note in tema di diritto e processo. Milano: Giuffrè, 1957. FAZZALARI, Elio. Istituzioni di diritto processuale. 8. ed. Milano: Cedam, 1996.GONÇALVES, Aroldo Plínio. Técnica processual e teoria do processo. Rio de Janeiro: Aide, 1992. TROCKER, Nicoló. Processo civile e costituzione. Problemi de diritto tedesco e italiano. Milano: Giuffrè, 1974. WALTER, Gerhard. I diritti fondamentali nel processo civile tedesco. Rivista di Diritto Processuale, Milano: Cedam, n. 3, p. 740-741, jul./set. 2001. ANDOLINA, Italo, VIGNERA, Giuseppe. Il modelo costituzionale del processo civile italiano, cit. PICARDI, Nicola. Il principio del contraddittorio. Rivista di Diritto Processuale, Milano: Cedam, n. 3, p. 673-681, jul./set. 1988. MONTESANO, Luigi. La garanzia costituzionale del contraddittorio e i giudizi civili “di terza via”. Rivista di Diritto Processuale, Milano: Cedam, n. 4, p. 929-947, out./dez. 2000. HABSCHEID, Walther J. As bases do direito processual civil. Revista de Processo, São Paulo: Revista dos Tribunais, n. 11, p. 117-145, lug./set. 1978. OLIVEIRA, Carlos Alberto Álvaro de. Garantia do contraditório. In: TUCCI, José Rogério Cruz e. Garantias constitucionais do processo civil. São Paulo: Revista dos Tribunais, 1999. p. 132-150. OLIVEIRA, Carlos Alberto Álvaro de. Efetividade e processo de conhecimento. Revista da Ajuris, Porto Alegre, n. 75, p. 120-135, set. 1999. SOUSA, Miguel Teixeira. Estudos sobre o novo processo civil. Lisboa:LEx, 1997. CIVININI, Maria Juliana. Poteri del giudice e poteri delle parti nel processo ordinario di cognizione. Rilievo ufficioso delle questioni e contraddittorio. Il Foro Italiano. Roma: 1999, v. CXXII, parte quinta, p. 3. LUISO, Francesco P. Questione rilevata di ufficio e contraddittorio: una sentenza rivoluzionaria? Giustizia civile. Rivista Mensile di giurisprudenza. V. LII, Tomo II, parte I, 2002. p. 1614. CHIARLONI, Sergio.La sentenza “della terza via” in cassazione: un altro caso di formalismo delle garanzie? Giurisprudenza Italiana. UTET, 2002, p. 1364.
[34] Cf. NUNES, Dierle José Coelho. Processo jurisidicional democrático. cit. NUNES, Dierle José Coelho. Direito constitucional ao recurso. cit.
[35] BAUR, Fritz. Transformações do processo civil em nosso tempo. Revista Brasileira de direito processual, Uberaba: Forense, n. 7, p. 61-62, 3º trim. 1976. Cf. TANIGUSCHI, Yasuhei. O código de processo civil japonês de 1996: um processo para o próximo século?. Revista Forense, Rio de Janeiro: Forense, v. 350, p. 153. TROCKER, Nicoló. Processo civile e costituzione. Problemi di diritto tedesco e italiano. cit. p. 89. CASTILLO, Niceto Alcala-Zamora y. Influencia di Wach e Klein sobre Chiovenda,   t. II, p. 562
[36] Cfr. Modificazioni della ZPO tedesca, Ley di enjuiciamento spagnola e del nuovo processo civile inglese. BAUR, Fritz. Wege zu einer Konzentration der mündlichen Verhandlung im Prozeß. Berlim: Walterde Gruiter& co. 1966. p. 19 et seq. WOOLF. Interim Report to the Lord Chancellor on the civil justice systemin England and Wales – June 1995. Capitulo 5 e 6 In: Access to Justice. London. www.dca.gov.uk/civil/interim/woolf.htm  accesso: 02/02/2006. WOOLF. Final Report to the Lord Chancellor on the civil justice systemin England and Wales – July 1996. Capitulo 1 e 2. In: Access to Justice. London. www.dca.gov.uk/civil/final/index.htm. accesso: 02/02/2006. _ MONTERO AROCA, Juan. I principi politici del nuovo processo civile spagnolo.  Napoli: Edizioni Scentifiche italiane. 2002.
[37] Per un approfondimento nel tema: PICARDI, Nicola. La vocazione del nostro tempo per la giurisdizione. Rivista trimestrale di diritto e procedura civile. Milano : Giuffrè, 2004. p .41 et seq.
[38] GARAPON, Antoine. O juíz e a democracia: o guardiao das promessas. Rio de Janeiro: Revan, 2001. p. 24. GARAPON, Antoine. Les Gardien des Promesses. Paris: Odile Jacob, 1996.
[39] GARAPON, Antoine. O juíz e a democracia. cit. p. 26.
[40] GARAPON, Antoine. O juíz e a democracia. cit. p. 47 e 48.
[41] GARAPON, Antoine. O juíz e a democracia. cit. p. 62.
[42] MAUS, Ingeborg. Justiz as gessellschaftliches Über-Ich – Zur Funktion von rechtssprechung in di ‘vaterlosen Gesellschaft’. FAUSTICH, Werner, GUNTHER, Grim. Stürtz der Götter? Frankfurt: Suhrkamp,1989. p.191.
[43] CANARIS, Claus-Wilhelm. A influência dos direitos fundamentais sobre o direito privado na Alemanha. Revista Jurídica. Ano 51. n. 312, p. 11, ott./2003.
[44] HABERMAS, Jürgen. Direito e democracia: entre facticidade e validade. Rio de Janeiro: Tempo Brasileiro, 1997. t. II, p. 310.
[45] CATTONI DE OLIVEIRA, Marcelo Andrade. Teoria discursiva da argumentação jurídica de aplicação e garantia processual jurisdicional dos direitos fundamentais. cit. p.125.
[46] CATTONI DE OLIVEIRA, Marcelo Andrade. Teoria discursiva da argumentação jurídica de aplicação e garantia processual jurisdicional dos direitos fundamentais. cit. p.126.
[47] Cf. NUNES, Dierle José Coelho. Processo jurisidicional democrático. cit. 
[48] GUNTHER, Klaus. Responsabilização na sociedade civil. Novos estudos CEBRAP. Nº 63. lug./2002. p. 109.
[49] Dottore in diritto processuale alla Pontificia Universidade Catolica de Minas Gerais (PUCMinas) – Ricercatore dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – Master in diritto processuale alla PUCMinas – Professore Ordinario di diritto processuale della PUCMinas, Faculdade de Direito do Sul de Minas (FDSM) e della Faculdade de direito de Sete Lagoas del Centro Universitario di Sete Lagoas (UNIFEMM) – Avvocato

Dierle Jose Coelho Nunes

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