Primo caso di stepchild adoption in Italia, ma è ancora troppo presto per considerare legittime le adozioni da parte dei LGTB

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Uno dei capisaldi della riforma sulle unioni civili omosessuali è quella di consentire l’adozione ai LGBT: alcuni DDL in discussione presso la Commissione di giustizia del Senato la negano con forza, altri la consentono senza limiti, altri ancora propongono di recepire l’istituto della stepchild adoption, tipico di alcuni stati comunitari : è quello, de facto, adottato dalla sentenza del Tribunale dei minori di Roma n.299/14 del 30/07/14 qui annotata (per approfondire questo argomento  G.Milizia,  Step-adoption ed il diritto degli omosessuali ad essere genitori nella giurisprudenza costituzionale tedescaLe nuove forme di convivenza e le unioni civili gay. Prime riflessioni sui Disegni di legge sulle unioni civili ed i patti di convivenza in discussione in Parlamento: http://www.libreriaprofessionisti.it/ebook/le-nuove-forme-di-convivenza-e-le-unioni-civili-gay.html ).

Si noti come le corti capitoline siano molto attive nella tutela dei diritti dei LGBT dopo che il 18/07/14 una sentenza del Tribunale civile ha chiarito i criteri per poter chiedere ed ottenere la rettifica del sesso.

Il caso. Una coppia lesbica, formata da due professioniste benestanti, dopo un anno di convivenza si recava in Spagna, registrandosi negli appositi registri delle unioni civili, per realizzare il loro desiderio di diventare genitori: ricorrevano alla procreazione assistita (eterologa) e nasceva una bambina sempre curata ed accudita con profondo amore da entrambe. La piccola che frequentava altre famiglie arcobaleno con le donne che chiamava “mamme”, la scuola di musica, era molto socievole ed aveva instaurato un forte legame affettivo con la compagna della madre biologica: la coppia era aiutata da psicologi di associazioni specializzate in questi casi e supportata anche economicamente dalle rispettive famiglie. Dopo l’ispezione dei servizi sociali l’habitat domestico era stato giudicato allegro, sereno ed adatto al corretto sviluppo psico-fisico della bimba e nulla poteva far pensare a situazioni di disagio e/o contrarie al suo benessere. La compagna ricorreva ex art. 44 L.184/83 (così come modificata dalla L.149/01) per l’adozione della figlia partorita dalla partner.

Quadro normativo. Questa norma, in combinato con l’art. 7, riconosce una forma speciale di adozione c.d. in casi particolari: secondo il G.I., perciò, nel nostro ordinamento non c’è nessun divieto per cui un single, anche omosessuale, non possa adottare, in questi tassativi casi, un minore. Solo l’adozione legittimante, interna od internazionale, richiede che i genitori siano <<di sesso diverso unite da un rapporto di coniugio riconosciuto dall’ordinamento italiano>>. In tutte le ipotesi previste dall’art.7 può essere chiesta questa adozione speciale anche dall’altro convivente del genitore, come nella fattispecie: ha effetti più limitati di quella legittimante, ma ha la stessa rilevanza giuridica perché finalizzata a tutelare l’interesse del minore ad avere una propria identità ed al riconoscimento di uno status quando non è possibile ricorrere all’adozione legittimante. L’art. 57 L.184/83, la giurisprudenza costante sia italiana che della CEDU (ex multis C. Cost. 31/12, 50/06 e 198/86; Cass. civ. 21651/11 CDA Bari del 13/02/09 e CEDU Messon e Labasse v. Francia del 26/06/14) e le convenzioni internazionali  (Dlgs154/13 e a livello internazionale dalla Convenzione sui diritti del fanciullo stipulata a New York il 20/11/89, dalla Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 25/1/ 96 e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7/12/ 00, tutte recepite dal nostro ordinamento) evidenziano come il benessere del fanciullo debba prevalere su tutti gli altri interessi confliggenti: tutto deve essere fatto nel suo interesse ad avere un’identità personale e familiare ed a vedere riconosciuto il suo status così come meglio esplicato nell’ordinanza del Tribunale di Roma dell’08/08/14 in cui si è deciso di assegnare i due gemellini, frutto di uno scambio di embrioni, alla madre che li ha partoriti ed al padre che li ha prontamente registrati all’anagrafe. Questo principio universale è strettamente collegato a quello di autoresponsabilità dei genitori (tutte le loro azioni devono essere rivolte al benessere dei figli) che trova fondamento in vincoli reciproci di solidarietà tra i membri della famiglia che esulano dai rapporti di coniugio e dai dati genetici e/o biologici del rapporto di filiazione.

Evoluzione storica. Sia l’istituto in esame che il principio sopra esplicato hanno subito una forte evoluzione connessa anche al progresso sociale. Negli anni ’80 era prevista in casi di impossibilità di fatto di ricorrere alla legittimante, perché i bambini erano affetti da problemi di salute e/o psicologici o con caratteristiche tali da non essere  accettati da nessuna coppia di aspiranti genitori o perché il distacco dagli <<affidatari abusivi>> avrebbe causato ai minori un grave ed irreparabile trauma. In seguito la giurisprudenza ha fornito un’esegesi più ampia e compatibile con la ratio dell’istituto in esame ampliandone il campo di applicazione anche all’impossibilità di diritto e chiarendo che il bambino non doveva necessariamente essere stato dichiarato in stato di abbandono: la lettera dell’art. 44 prevede solo che il minore non possa essere adottato con un’adozione legittimante e non anche che sia in stato d’abbandono. Le prime sentenze che hanno affermato che essa può essere estesa anche alle coppie conviventi, senza specificarne se di sesso diverso o dello stesso, hanno giustificato questo riconoscimento del diritto alla genitorialità in base ai principi di diritto enunciati dalle citate sentenze della Consulta che fanno riferimento al supremo interesse del minore, dettando i criteri che il giudice deve seguire nel vagliare questi casi particolari (Trib. min. Milano 626/07 e CDA Firenze 1274/12). Già la C.Cost. 145/69 aveva rettificato il criterio dell’imitatio naturae chiarendo che gli artt. 3, 29 e 30 Cost. non vincolano l’adozione al suo rispetto: tutto è volto a fornire al minore una stabilità necessari sotto il profilo affettivo ed educativo.

Il benessere del minore prima di tutto. Quanto sopra è stato ribadito dalla Cass. civ. 601/12, decidendo un analogo caso, rigettando il ricorso del padre della minore per ottenerne l’affidamento esclusivo dopo che la madre aveva iniziato una convivenza con un’altra donna, in cui denunciava che se non si può presumere che un ambiente familiare omosessuale sia dannoso allora non si può affermare a priori che esso non consenta il benessere del minore. Come detto la giurisprudenza della Consulta e quella della CEDU hanno evidenziato che, pur se alcune forme di adozione sono riservate alle sole coppie sposate eterosessuali, non può essere escluso il diritto alla genitorialità per quelle conviventi anche dello stesso sesso: la responsabilità genitoriale ed il benessere del minore esulano dal vincolo di coniugio e dal sesso dei genitori, poichè i diritti e doveri nei confronti dei figli sono i medesimi (v. relativi approfondimenti nel citato ebook).

Conclusioni del Tribunale dei minori nella fattispecie. Prende atto che la nostra legge allo stato non disciplina la materia, salvo il caso previsto dalla norma in esame e che la CEDU ha chiarito come il riconoscimento delle nozze gay e delle adozioni da parte degli omosessuali siano rimesse alla discrezionalità del legislatore interno dopo un analitico ed approfondito bilanciamento degli interessi. Ecco, perché, su una base di una sentenza non si può affermare che siano stato legittimate le adozioni da parte dei LGTB: è stata solo riconosciuta e legalizzata una situazione giuridica preesistente come esplicato dai media che hanno intervistato il legale delle donne. L’evoluzione della società, dall’altra parte, ha portato alla nascita di nuove forme di famiglia e di convivenze non ancora tutelate e disciplinate. Nella fattispecie tutte le relazioni (servizi sociali, docenti della minore, psicologi) hanno accertato che la bimba vive in un ambiente sano, compatibile col suo benessere e che ha un forte legame affettivo con la compagna della madre che chiama mamma. La donna l’accudisce, anche da un punto di vista economico-previdenziale, l’accompagna a scuola etc.: svolge lo stesso ruolo di un genitore etero. La genitorialità omosessuale è degna di tutela come quella etero, pur se la bimba rischia di essere soggetta a pregiudizi della società e dei compagni di scuola per questa genitorialità diversa: ciò, però, non può impedire né il riconoscimento dei suoi diritti universali sopra descritti, né quello della compagna della madre alla genitorialità.

Inoltre giuridicamente questa coppia costituisce una famiglia: si è sposata in Spagna, ove sono riconosciute le nozze gay, per altro trascrivili in Italia, pur se prive di alcun valoro giuridico, è iscritta nei registri dell’unione di quel paese ed ha stipulato un contratto, opponibile anche nel nostro paese, in cui regola gli aspetti della vita familiare: non ci sono ragioni per opporsi all’adozione ex art. 44.

Questa adozione, come esplica il G.I., non crea nulla di nuovo ma conferma e consolida una posizione giudica ed affettiva che già intercorre tra la compagna della madre e la piccina che ora potrà aggiungere al proprio quello della dell’altra mamma.

Step adoption. Consente l’adozione del figlio del convivente e talvolta permette alla coppia di ricorrere all’adozione di un minore purchè l’unione sia stabile e di una durata tale da assimilarla ad un matrimonio. Anche in questo caso l’interesse del minore prevale su tutti gli altri confliggenti. È palese l’analogia tra questo istituto, tipico di alcuni paesi europei (Germania, Inghilterra etc.) e la vicenda qui annotata.

Dott.ssa Milizia Giulia

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