Petizione: basta forestierismi in campo fiscale!

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Il Fisco italiano non solo è oppressivo, contraddittorio e confusionario ma, negli ultimi tempi, soprattutto per rendere ancora più difficile la vita ai cittadini-contribuenti, utilizza costantemente forestierismi invece di utilizzare i più chiari e semplici termini italiani (e questo, purtroppo, non si fa solo in campo tributario).

Non bisogna dimenticare che la confusione in campo economico e fiscale molte volte è determinata dallo stesso legislatore che in alcune leggi arriva a scrivere oltre 700 commi (Legge n. 190 del 23/12/2014 n. 735 commi; Legge n. 232 dell’11/12/2016 n. 638 commi!).

Ultimamente, il nuovo Direttore Generale dell’Agenzia delle Entrate, Dott. Ernesto Maria Ruffini, nell’intervista rilasciata al Quotidiano Italia Oggi di sabato 22 luglio 2017 ha detto testualmente che il nuovo Fisco deve rispettare questi criteri:

“Meno burocrazia, carta e timbri, meno adempimenti, ingiustizie, meno distacco dalla vita reale di chi produce, meno distanza dalla lingua italiana e, se saremo bravi, anche meno balzelli”!

Questa bella dichiarazione, però, da lui stesso è stata sonoramente sconfessata nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 28/08/2017 dove in varie pagine si utilizzano termini stranieri, quali ad esempio Branch Exemption, Mismatching e Recapture (altro esempio, Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 77/E del 23/06/2017 firmata da altro Direttore Generale).

Oltretutto, sempre in campo fiscale, la cosa veramente grave è che lo stesso legislatore fa esplicito riferimento a termini stranieri come per esempio:

  • nell’art. 8 D.L. n. 269/2003 convertito dalla legge n. 326/2003 “Ruling Internazionale”;
  • nell’art. 19 D. L. n. 269/2003 convertito dalla legge n. 326/2003 “De Tax”;
  • nell’art. 25 D. L. n. 179/2012 convertito dalla legge n. 221/2012 “Start-Up”;
  • nel D. M. dell’02/08/2013 “Exit Tax”;
  • nel D.M. 30/07/2015 “Patent Box”;
  • nel D.M. 30/07/2015 (art. 12) “Procedure di ruling”.

 

È vero che alcuni istituti giuridici hanno origine straniera ma questo non significa che non si possano tradurre in italiano in modo comprensibile (al limite usando il latino, lingua madre a livello europeo).

Oltretutto, sono convinto che gli inglesi, i francesi ed i tedeschi non citeranno mai termini italiani nei loro provvedimenti legislativi ed amministrativi.

Credo che a livello fiscale alcune volte si voglia utilizzare il termine straniero per confondere il cittadino-contribuente; infatti, in preparazione della legge di bilancio 2018, si parla costantemente di tax expenditures che per chi non sa l’inglese si potrebbe tradurre in riduzione della tassazione, quando invece si tratta della riduzione o correzione delle spese fiscali e, quindi, indirettamente, di un aumento della tassazione!!

 

Ho segnalato il presente articolo al GRUPPO INCIPIT PRESSO L’ACCADEMIA DELLA CRUSCA DI FIRENZE perché esamini e valuti questi incipienti ed oscuri forestierismi che, soprattutto nel settore fiscale, già di per sé confusionario, rendono ancora più difficile la vita ai cittadini-contribuenti ed ai loro difensori e non fanno veramente comprendere la sostanza dell’avviso nelle comunicazioni con il largo pubblico.

A tal proposito, allego un elenco di n. 53 esempi (non esaustivo) di termini stranieri utilizzati anche dal legislatore italiano in campo economico e fiscale, con la relativa traduzione italiana.

Spero che questa mia petizione (pubblicata sul mio sito: www.studiotributariovillani.it) sia firmata da chi è interessato a portare avanti questa battaglia di tutela della nostra bella e chiara lingua italiana e suggerire alternative agli operatori della comunicazione ed ai politici.

 

Lecce, 07 settembre 2017

Avv. Villani Maurizio

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